Home Cultura I vecchietti canossiani della Morani, un piccolo caso italiano

I vecchietti canossiani della Morani, un piccolo caso italiano

29
0
Simpatici selfie dalle librerie italiane: sono quelli che gli amici dedicano a Simona
Simona Morani con la sua opera prima, ambientata in Appennino

Sta diventando un piccolo caso letterario il romanzo d’esordio di Simona Morani – canossana, emigrata in Germania già da qualche hanno - che per i suoi racconti così accattivanti ha scelto proprio l’Appennino. Una serie di vicende che le sono valse da subito, per l’esordio, nientepopodimeno che la casa editrice Giunti (12 euro il libro, 6,99 l’ebook). E ora i racconti di “Quasi Arzilli”, sua opera prima, si trova un po’ in tutte le librerie d’Italia e anche all’estero. Intanto, gli amici di Simona fanno a gara a segnalarle selfie col volume nelle librerie più suggestive del Belpaese. E’ un libro che narra di un angolo d’Italia di poco tempo fa, col suo borgo immaginario Le Casette, che potrebbe benissimo leggersi Cola, Ciano o Casale con i suoi caratteristici protagonisti, che sono o sono stati reali, e si muovono dentro una vera e propria commedia.

Quasi Arzilli a Roma
Simpatici selfie dalle librerie italiane: sono quelli che gli amici dedicano a Simona

L’autrice, Simona, è originaria di Ciano d’Enza (Canossa), laureata in Lingue straniere, si è trasferita in Germania, a Monaco, dove lavora come interprete, redattrice e autrice di film documentari per la televisione. Quasi arzilli è dedicato ai ‘suoi vecchietti’ e alle atmosfere fiabesche del nostro Appennino.

“‘Quasi arzilli’ – spiega a Redacon l’autrice – mostra uno spaccato dell’Italia che sta scomparendo, quella dei nostri nonni, seguendo i protagonisti alle prese con le vicissitudini quotidiane in modo ironico e divertente. È anche un romanzo di formazione perché il protagonista Ettore, nonostante l’età, deve ancora maturare e trovare i valori importanti della vita e, lo farà attraverso le peripezie illustrate”.

Cosa narra la storia?

“Nello storico bar la ‘Rambla’, nel cuore dell’Appennino Reggiano, la mano di briscola è più triste del solito. Nemmeno i caffè alla sambuca di Elvis riescono a tirare su il morale. Ermenegildo infatti non ha lasciato solo una sedia vuota, ma anche un grande buco nel cuore dei suoi amici e uno spettro con cui fare i conti. Dopo la vecchiaia c’è la morte. E dopo la morte?”

Ci presenti questi… protagonisti reali?

“Gino, soprannominato ‘Apecar’ per via dello sgangherato mezzo con cui circola senza patente e senza assicurazione, non vuole abbandonare la guida nonostante non ci veda più e sia un autentico pericolo pubblico. Ettore ‘Il Putto’, chiamato così perché in vita sua non ha mai conosciuto il calore di una donna, non riesce a dormire e tutte le mattine, puntuale come un orologio, si presenta nello studio del dottor Minelli in cerca di risposte che nessuno può dargli. Basilio, detto ‘Il Partigiano’, ex comandante della ventiseiesima Brigata Garibaldi, si scaglia contro il ‘nemico’, un ragazzo serbo che ha preso in gestione il negozio di frutta e verdura, appartenuto al caro Ermenegildo. Ci sono anche Riccardo detto ‘Sacchetta’ e Cesare ‘Il Sordo’ che completano il gruppetto di amici e che trascorrono i giorni al bar cercando di esorcizzare i pensieri che la morte di Ermenegildo ha provocato”.

E poi?

“Nel frattempo però, sulla scombinata combriccola incombe un’ulteriore minaccia: Corrado, il nuovo agente della Polizia Municipale, sembra avere un’unica missione: spedire tutto il gruppo alla Villa dei Cipressi, la nuova casa di riposo che sta per essere inaugurata. Il nuovo vigile non sopporta che il gruppetto di vecchietti decrepiti presidi la Rambla tenendo lontani gli estranei (specialmente donne e bambini), contravvenendo al divieto di fumare, facendo uso smodato di alcolici e puntando cospicue parti della pensione sulle partite a carte”.

Che cos’è per te l’Appennino?

“L’Appennino per me è un luogo magico, fiabesco che collego alle gite in macchina, alle scampagnate nella natura, ai ricordi dell’infanzia, alle sagre paesane e ai profumi della terra e della cucina tradizionale. Io vengo più che altro dalla zona collinare e anche i miei famigliari più stretti abitano nei dintorni, quindi non vado spesso in montagna, però quando posso, porto sempre volentieri i miei amici stranieri sulla Pietra di Bismantova. Non c’è niente da fare: ogni luogo al suo fascino, ma la Pietra ogni volta mi lascia senza fiato”.

Eppure tu hai scelto di vivere via…

“Ho studiato lingue straniere e fin da bambina ho avuto la passione per i viaggi e per l’estero. Dopo la laurea nel 2008 non riuscivo a trovare lavoro, così quando mi si è presentata l’occasione di lavorare a Monaco di Baviera in un settore per cui avevo studiato non ho esitato. Col senno di poi, devo ammettere che non so se ripartirei con la stessa leggerezza: non perché sia un’esperienza negativa, anzi, tutt’altro! Quando ti abitui a vivere all’estero, è difficile tornare indietro: mi sento a casa mia a Reggio Emilia così come a Monaco. Mi è impossibile scegliere una sola delle due! So che un giorno dovrò prendere una decisione più netta ma per il momento voglio vivere al meglio la mia “doppia vita”.

Ai tuoi futuri lettori cosa senti di dire?

“Come racconto anche nel video di presentazione di ‘Quasi arzilli’ e spiego nei ringraziamenti del libro, ho scritto questo romanzo con il cuore. Volevo esprimere l’affetto per le persone anziane che mi hanno accompagnato nella mia crescita e dar loro una voce, uno spazio in cui potessero agire con spontaneità, così come le ho conosciute io. Inoltre vorrei che questo romanzo fosse un omaggio alla mia terra, che, da quando abito all’estero, riesco ad apprezzare di più”.

Per chi fosse interessato, Simona Morani sarà domani, venerdì 10 aprile alle 18.00, alla libreria All’Arco a Reggio Emilia per la presentazione dell’opera: presenta Maria Rosaria Corchia (Carlino Reggio), con note musicali di Francesco Ottani. (G.A.)

* * *

Dal libro:

Era una mattinata di inizio estate che aveva trascorso spensieratamente in casa con l’auricolare staccato a cercare di captare il labiale della moglie Irma che gli urlava dietro. Ormai era diventato quasi un gioco. Staccava l’apparecchio acustico e scommetteva due grappini alle prugne che avrebbe indovinato l’intera frase. Tanto, ultimamente, si era messa a ripetere sempre le stesse cose. Ora, ad esempio, gli stava dicendo guarda che se per caso ti becco che hai staccato un’altra volta l’auricolare ti do due scapaccioni!

[…] Quando era in casa lo teneva d’occhio di continuo e non pareva trovare appagamento fino a quando non gli aveva ripetuto almeno cinque volte la stessa cosa.

«Così sto con la coscienza a posto.» Diceva in sua difesa.

Eh sì, com’era bella, pensò Cesare, quando la seguiva di nascosto alla sagra e lei aveva sempre alle calcagna il padre Gerolamo, lo zio Alfonsino, il fratello Ottavio, il cugino Paride e poteva bramarla soltanto da lontano.

A quei tempi era una dea, era la Madonna in persona, e mentre la osservava gesticolare senza emettere suoni nel centro della cucina quasi si trovassero in una casa sottomarina, si chiese sinceramente quand’è che aveva iniziato a diventare la rompicoglioni che era adesso.