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Il salotto letterario / “Nel Fosso della Cresta del Gallo”: racconto di Elena Paola Gazzotti

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5 agosto 1944 ToanoFracasso di stivali sul selciato, ordini arroganti e autoritari urlati in una lingua gutturale e sconosciuta, scoppi e fuoco, spari, alte lingue di fiamma che crepitano e divampano divorando antichi legni, solai e infissi e poi fumo e crolli che distruggono e ci lasciano sgomenti davanti a tanta devastazione.

Scappare! Dobbiamo scappare!

“Ragazzi! Presto! -grido concitata, non vorrei urlare, ma non riesco a controllare la voce - tu Angelino che sei il più grande vai a prendere la “Claretta “e la “Rachele”; attaccale al carretto, dobbiamo far salire il nonno. Berto, prendi le coperte del letto, ci serviranno e tu Giuseppina aiutami con queste federe, dobbiamo metterci un po’ di fagioli e di farina, io intanto prendo il formaggio e un pezzo di lardo. Dobbiamo far presto, non possiamo fermarci a prendere altro”.  Sono trafelata, impaurita, col viso sporco di fuliggine, ma sto cercando di parlare tranquilla, senza riuscirci del tutto, per non spaventare ulteriormente i bambini.

Chissà se potremo tornare nella nostra casa e se esisterà domani la nostra casa o saranno tutte macerie. Toano sta bruciando, i tedeschi hanno già appiccato il fuoco alla canonica, al comune, alla chiesa di Castello, e a quella più piccola di S. Anna. Il fuoco sta divorando tutto, c’è un fumo acre e le fiamme divampano e si diffondono velocemente. Tutti stanno cercando di fuggire dal fuoco e dalla rappresaglia dei tedeschi. Ci fanno tanta paura, dicono che siano spietati, insensibili e vendicativi.

Stiamo andando verso il Dolo, ci sono casolari isolati e sparsi nella vallata, forse ci ospiteranno e speriamo che non arrivino i tedeschi. Siamo tanti, donne, bambini e vecchi, con le nostre poche cose e un bene prezioso: gli animali, mucche e qualche pecora.

La strada è piena di sassi e buche, le povere bestie fanno fatica a camminare; il carretto con il nonno è sballottato da tutte le parti, ma lui non si lamenta.

I bambini non schiamazzano, non si fanno dispetti come il solito, non giocano. Sono muti, increduli e piangono silenziosi con un faccino spaventato.

Ora tutto il paese è incendiato e una colonna di fumo color pece si alza verso il cielo, l’aria è irrespirabile, bisogna sbrigarsi, muoversi!

Andiamo giù verso il fiume.

Per evitare sorprese siamo entrati nel fosso “della cresta del gallo”. Si viaggia male e dobbiamo lasciare le mucche, nascoste, e il carretto. Proseguiamo a piedi, le masserizie sulle spalle.

Vorremmo arrivare a Codesino almeno, è abbastanza lontano da Toano, quasi un balcone sul Dolo, ci sono alcune case e tanti anfratti, tante caverne, tanti nascondigli, ma col nonno che fatica a camminare non possiamo fare molta strada.

La casa più vicina è la casa dell’Ermelinda. Potremmo fermarci lì, ma come faccio?

L’Ermelinda non mi parla da tanto tempo, abbiamo avuto dei battibecchi, diceva che facevo la civetta con suo marito, di certo non mi vorrà ospitare e poi ho tre bambini e il nonno!

La sua casa è piccola e ha otto figli. Anche se è trascorso parecchio ed è storia passata; ora sono sposata anch’io e mio marito è prigioniero in Germania (anche il suo però, era in Libia a lavorare ed è rimasto prigioniero degli inglesi nella battaglia di Tobruch).

Chissà se avrà dimenticato o perdonato, se c’era qualcosa da perdonare!

Davanti alla sua casa ci fermiamo, stanchi e provati. Sulla porta c’è una piccola folla che guarda su verso Toano, guarda l’incendio.

C’è l’Ermelinda, i suoi figli di tutte le età, manca solo il più grande: Giovanni di diciassette anni che i tedeschi in un rastrellamento hanno prelevato e spedito in Germania, dicono in un posto chiamato Dachau. Ci sono altre persone, tutti sfollati con a seguito gli animali.

Io non ho il coraggio di chiedere nulla, appoggio solo i sacchetti e le coperte e faccio sedere sull’erba, il nonno che stavo sorreggendo e che ormai mi pesava molto.

Quando mi vede, Ermelinda, mi saluta appena, ma comincia a organizzare tutte queste persone, saremo una trentina, che le stanno invadendo la casa.

“Gente – dice - vedete che abbiamo poco spazio, ma metteremo le coperte in terra e per qualche notte ci adatteremo, per mangiare abbiamo le mucche, le mungeremo e berremo il latte, farina per ora ne abbiamo, cuoceremo il pane. Tutte le provviste le metteremo in comune e così potremo sfamarci finché non potrete tornare alle vostre case o ai vostri campi o a ciò che resterà. Vedrete ce la caveremo!”

Io la guardo stupita, non ha detto una parola contro di me, gli antichi dissapori sembrano sfumati, forse la situazione è talmente drammatica che tutto passa in secondo piano, non mi fa un rimprovero né una parola cattiva, anzi! Prepara un giaciglio per il nonno e manda i suoi bambini a giocare fuori nel prato con i miei.

Dopo un momento d’imbarazzo e paura, perché si sentono gli spari della contraerea a Farneta, nell’irrealtà di questa situazione così tragica, sentiamo i bambini ridere e correre come se non stesse succedendo nulla! Giocano a nascondino, ignorando i rumori, i colpi, i bagliori dell’incendio che sta ancora divampando a Toano.

Toano che non esiste più, un cumulo di macerie, la pieve crollata, ovunque un silenzio di morte.

E poi... e poi siamo rimasti tre mesi, fino quasi all'inizio dell’inverno, dormivamo nel fienile, andavamo nel” fosso della cresta del gallo” a curare e mungere le mucche, accendevamo il forno con la legna che tutti i ragazzi andavano a cercare nel bosco e facevamo il pane, ma durava poco perché eravamo tanti!

Sempre affamati e sempre col terrore che i tedeschi arrivassero anche lì, passavano i fascisti, passavano i partigiani. A noi facevano tutti paura e ci nascondevamo.

Tutta la vallata del Dolo da Codesino a Veneseto al Boscoscuro, era piena di tornesi sfollati.

Solo i ragazzi vivevano questa esperienza come un’avventura. Niente scuola, niente lavoro nei campi, nessuno li comandava, sempre insieme agli amici dividendo tempo e divertimenti.

Ma era una situazione precaria e pericolosa, bastava poco per ripiombare nel terrore della guerra.

Dormivamo vicini e nella notte si sentiva singhiozzare piano per non disturbare gli altri e anche un po’ per pudore.

Solo una cosa ci consolava e ci scaldava il cuore la solidarietà e la condivisione di tutte queste sventure ci faceva essere come nel Vangelo: tutti fratelli.

La guerra è fatta dagli uomini ed è una cosa devastante e orrenda, ma altri uomini ci hanno aiutato a rischio della propria vita e questo è stato lo stimolo per tornare a vivere e per ricostruire un futuro per noi e i nostri figli.

Oggi

Questa storia non me l’ha raccontata Ermelinda (non parlava mai della guerra) ma Giuseppina che all'epoca era una bimbetta e che un giorno parlando con me in paese disse: "Il mio ricordo più vivo di Toano è legato all'incendio del 5 agosto 1944, è il "Fosso della Cresta del Gallo” dove la mamma aveva nascosto le mucche perché non le trovassero i tedeschi e del latte che mi faceva bere appena munto mentre mi stringeva, mi abbracciava così forte da farmi quasi male. Era delizioso quel latte, non ne ho bevuto mai più di così saporito".

Elena Paola Gazzotti

3 COMMENTS

  1. Bellissimo racconto. Mio fratello Ettore era nel ’44 un bimbo di sei anni. I soldati tedeschi lo avevano trattenuto in ostaggio per obbligare mio padre, sfollato a Boscoscuro, a consegnarsi. Inimmaginabile l’angoscia della mia mamma e di tutta la famiglia. Un bimbo di sei ani fatto prigioniero! Credo che ogni famiglia di Toano abbia un ricordo di quei terribili momenti quando il paese fu incendiato. Sarebbe bello che gli insegnanti, fin dalle elementari, raccontassero queste storie ai ragazzi perchè rimangano nella memoria.

    (Franco Boschini)

    • Firma - franco boschini