Home Cultura Il salotto letterario / Natale di guerra di Elena Paola Gazzotti

Il salotto letterario / Natale di guerra di Elena Paola Gazzotti

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La neve era caduta abbondantemente quell'anno.

imagesNel bosco dietro casa il silenzio era irreale e puro, alberi, arbusti, siepi, fantasmi bianchi e i ginepri dagli aghi aguzzi creavano qualche macchia di verde tra tutto quel candore.

Qualche impronta sulla neve fresca, di lepre o di qualche uccello solitario faceva pensare che esistesse ancora un po' di vita in quel paesaggio sospeso tra terra e cielo.

Uno sfarfallio leggero persisteva e la donna vestita di nero se ne ammantava suo malgrado, vagava con fatica, alzando i piedi calzati da stivali da uomo, il suo uomo che ora era lontano, in Germania a lavorare per poterle mandare qualche soldo. Per lei, i gemelli, la sua primogenita e il piccolo che tra poco non sarebbe più stato "il piccolo", vista la vistosa pancia che si trascinava in quel percorso, in quella ricerca.

Doveva stare attenta, pensava, i bambini dormivano nella piccola casetta sepolti da montagne di coperte. Lei era uscita molto presto in quel mattino della vigilia di Natale 1943. Dalla sua casa passava la strada che arrivava al fiume Dolo e poi su per la montagna fino a Montefiorino dove si diceva si stessero radunando i partigiani della divisione Modena.

Nel suo paese però c'erano ancora i fascisti. Lei viveva, con i suoi figli, proprio nel luogo di passaggio di tutti questi contendenti che si stavano facendo la guerra. Guerra odiata e non capita e non voluta. Cosa ne poteva sapere lei, una donna analfabeta, una mamma amorosa, ma digiuna di politica e di strategia militare? Sapeva solo che il marito aveva dovuto emigrare in Germania per lavorare. Faceva il contadino, diceva nelle poche lettere che aveva ricevuto e che il parroco le aveva letto, in una grande fattoria con dei trattori enormi che in Italia non si sapeva neppure che esistessero, con una terra grassa e scura, così diversa dai campi striminziti delle sue montagne e dai quali si ricavavano raccolti scarsi per sfamare la sua unica mucca e un poco di grano per i suoi bambini.

A Toano avevano criticato la scelta di suo marito di andare a lavorare per i tedeschi, specialmente ora che erano diventati "il nemico", ma non era stata una questione politica ma piuttosto un'occasione per sfamare i suoi quattro figli e quello che stava per nascere.

Era così grossa e pesante, ormai era di sette mesi, si sentiva già enorme e faticava a spostarsi, la neve poi le creava molte difficoltà. Sotto lo scialle aveva una scure, doveva procurarsi un po' di legna altrimenti sarebbe stato un gelido Natale. Loro non possedevano bosco, ci vivevano in mezzo ma erano del notabile del paese. Doveva rubarla per scaldarsi, soldi non ne aveva per comprarla. Per questo motivo era uscita così presto e da sola, senza neppure la sua primogenita che era una ragazzina ma l'avrebbe aiutata. Nessun testimone. Era pericoloso rubare legna, potevano denunciarti o addirittura mandarli via dalla piccola casa del bosco.

Trovò un albero alla sua portata, non poteva essere troppo grosso, non sarebbe riuscita a trasportarlo, ma neppure troppo piccolo, sarebbe bruciato troppo in fretta. Cominciò a lavorare con impegno e metodo, lavorava di accetta e ogni colpo era ben assestato.  Si vedeva che era avvezza al lavoro duro, era rimasta orfana di mamma molto presto e aveva sempre seguito il padre che faceva il boscaiolo.

Tagliato l'albero cominciò a trascinarlo sulla neve in discesa verso la sua casa. Il sudore le colava sul viso e diventava gelido in quel mattino di dicembre, sentiva dei rivoli che le inzuppavano il corpo sotto i vestiti, ma non si fermò, procedeva con impegno e determinazione, sollevata perché fino allora tutto era andato per il verso giusto. Pensava che per alcuni giorni avrebbe fatto un bel fuoco e i suoi bambini non avrebbero sofferto il freddo e non sarebbero stati costretti a stare sotto le coperte tutto il giorno. Avrebbero potuto giocare anche fuori sulla neve perché poi si sarebbero asciugati al calore del fuoco e la notte di Natale avrebbero aspettato insieme la mezzanotte, davanti al camino avrebbero mangiato "al flep" fettine di mele essiccate e dolci, croccante di nocciole e noci e avrebbero staccato l'uva passita dai tralicci in cantina. Sarebbe stata una bella festa, anche se c'era la guerra. Aveva alcune uova, avrebbe fatto un dolce. Il latte di Nerina e il miele dell'estate delle sue api. Nella sua piccola casa con i suoi bambini avrebbe ricreato l'atmosfera della stalla di Betlemme e la nascita di Gesù. Peccato, il suo nuovo bambino però sarebbe nato alla fine dell'inverno, ma forse era meglio così, il freddo sarebbe calato e lui avrebbe avuto più possibilità di sopravvivere. Come quando nascono i vitellini o gli agnellini, sempre in primavera altrimenti rischiano, il freddo delle nostre montagne uccide i neonati.

Così pensando e trascinando arrivò alla sua casa. I figli dormivano ancora ignari di tutto. La grande, i gemelli e il piccolo, tutti nel suo letto, accavallati e scomposti, con le guance rosse e le bocche socchiuse, come uccellini che aspettano il becchime. Li guardò con amore e preoccupazione. Come faremo a superare questo inverno tremendo? Passano i partigiani e chiedono da mangiare, passano i fascisti che ci chiedono se abbiamo aiutato i partigiani e noi siamo nel mezzo, poveri cristi ignari e sballottati da cose che non sappiamo. Noi dobbiamo solo cercare di vivere!  I pensieri le stringevano il cuore, mentre osservava i ragazzi dormire, quando sentì dei colpi alla porta. Picchiavano con calci di fucile contro l'uscio di legno e tutta la casa rimbombava, ordini gutturali, voci concitate e poi la porta si spalancò di colpo. I bambini si svegliarono piangendo, uomini in uniforme entrarono e cominciarono a cercare, a urlare ordini a chiedere con insistenza: “Dove essere partigiani? Voi nascosti? Schnell! Schnell!”.

La donna impaurita e sconvolta cercò di spiegare che c'erano solo loro, lei e i suoi piccoli. E non aveva dato asilo a nessun partigiano, non li aveva proprio visti. I tedeschi insistono, sembra che non le credano, ma la casa è piccola, è tutta lì, possono controllare. Sul comò della camera c'è una fotografia. Il marito della donna su di un trattore tedesco, sorridente con i suoi datori di lavoro, intorno la campagna di Baden e il cartello del paese dove lavora in Deutschland. Il soldato vede la foto. “Chi?” “È mio marito, lavora in Germania” spiega la donna con una voce ansiosa e tesa. “Perché tu non dire?”. Chiama un soldato, parla nella sua lingua. Il soldato apre uno zaino e dà alla donna due pagnotte di pane. “Per i kinder!” Portano la mano al cappello e fanno il saluto militare. Battono i tacchi e dietrofront. Sono già usciti, spariti nella neve. Per un attimo la donna trattiene il fiato e poi crolla sul letto con i suoi figli che sono ancora spaventati. Quello che porta in se scalcia e si muove nervoso. Che spavento! I tedeschi hanno una brutta fama, ci è andata bene, dicono che prendono i ragazzi e li fanno prigionieri, li mandano nei "campi" e non se ne sa più nulla!

La donna è sollevata, calma i bambini e poi va a controllare se ne sono andati veramente. Si. Allora va verso la stalla, dove una volta teneva i conigli, sotto la lamiera c'è uno spazio vuoto, batte due volte. “Via libera” dice. Escono due ragazzi magri e malvestiti. Non potete più stare qui ragazzi trovatevi un altro nascondiglio. Avete sentito, è molto pericoloso. I ragazzi non sono partigiani, non sono fascisti, sono solo ragazzi che non vogliono fare la guerra, che odiano la guerra e allora devono nascondersi da tutto e da tutti. Stasera però - prosegue la donna - è Natale, vi aspetto, faremo un po' di festa. Ho la legna, ora ho anche il pane che mi hanno dato i tedeschi, ho fatto i cappelletti e cuocio una gallina, farò il panettone, berremo il brûlé fatto con l'ultima bottiglia di vino. Stanotte è Natale, anche se è un Natale di guerra, siamo vivi e la speranza è che il Natale ci porti anche la pace. Oggi ci siamo salvati, anche i tedeschi sono stati magnanimi, ringraziamo Gesù Bambino. Il bambino nella sua pancia tira calci e la fa sorridere, intorno c'è il freddo e la neve ma la donna vestita di nero sorride alla vita.