Un piatto vuoto a Natale! Per la prima volta! Mette tristezza! Dolore! Ti passa la voglia del cenone o del pranzo! Soprattutto se il piatto vuoto è di un giovane, morto in incidente o per droga o per violenza! O del papà e della mamma, colpiti da quelle malattie fulminanti o dalle lunghe agonie che sono i mali del nostro tempo! Non si ha più voglia di presepi né di alberi di Natale né di biglietti di auguri, oppure, nel silenzio, senti la necessità di rifugiarti in Dio per ritrovare la Speranza di una vita futura, dove la morte è sconfitta dalla vita, dall’Amore che esige l’eternità!
Ma è altrettanto doloroso il Natale quando il piatto vuoto, per la prima, la seconda o la terza volta, è quello della fuga di un genitore ed è un bimbo o una bimba ad accorgersene! “Perché il papà o la mamma non sono più insieme?”. Non è facile accettare la separazione per un bimbo o una bimba! Quando viene dopo una serie di litigi! Di violenze! Di silenzi! Di assenze! Non basta riempirli di regali: non vogliono cose ma presenze! Le cose non riempiono il cuore!
Quanti piatti vuoti a Natale! Quelli “vuoti” per mancanza di cibo, dei poveri, di chi ha sempre fame! Sono sempre troppi sulla Terra che per molti è madre e per altri matrigna! Ma anche i piatti vuoti di chi, nel giorno di Natale, è assente di casa per lavoro, per solidarietà, per amore del prossimo! Sono vuoti che non mettono malinconia ma nostalgia delle persone amate che sono in missione di pace, di volontariato, in terra straniera: giovani, adulti, preti, religiosi, religiose, militari. Non sono pochi ma tengono vivo il fuoco della condivisione, della partecipazione, dell’impegno a creare un mondo nuovo, segnato dalla riconciliazione e non dalla divisione, dal rispetto e non dalla violenza, dal confronto leale e non del rifiuto dell’altro, della sua emarginazione, del pregiudizio che allontana e non avvicina.
Nella Notte di Natale, nella chiesa gremita di fedeli, ho parlato di piatti vuoti, di porte chiuse, sbarrate. Non solo per paura dei ladri ma anche del vicino che ti chiede una mano, del parente scomodo, perché anziano, perché malato. Porte chiuse come duemila anni fa, quando a chiedere accoglienza era una coppia di sposi di Nazaret, Giuseppe e Maria. Un Bimbo stava per nascere, il Figlio di Dio: l’hanno chiuso fuori!
Per quel piatto vuoto
Per quel piatto vuoto, per quella necessità di rifugiarsi in Dio, dove la morte è sconfitta dalla vita, dall’amore che esige l’eternità, invio questa poesia di Padre David Maria Turoldo:
@CAll’ultima sera#C
E quando gli altri neppure sapranno
più che tu esisti
allora io sarò ad aspettarti.
Quando nessuno
più ti porterà un fiore
che non sia di pietà,
e gioia nessuna
altri penserà di raccogliere
dalle tue mani vuote,
allora siederemo a tavola insieme
e divideremo quel nulla
che ci sarà d’avanzo.
A Don Vittorio Chiari e a tutti i suoi affezionati lettori, con gli auguri migliori.
(Ubaldo Montruccoli)