"Sono il direttore tecnico dell'impresa che ha eseguito i lavori lungo la strada provinciale 9, dove martedì si è verificato lo smottamento. Vorrei avere la possibilità di spiegare le lavorazioni svolte e di riportare i vari giudizi o sentenze a livello della realtà, cosa che oggi purtroppo risulta abbastanza complessa, in quanto la cosa più semplice è addossare a chi che sia delle responsabilità anche in modo scorretto o disinformato".
Ci scrive Umberto Manari, tecnico dell'impresa che ha eseguito i lavori nel torrente Spirola.
Che così prosegue: "Scusate, ma di quali elementi tecnici sono in possesso i signori che sostengono subito la incongruità delle opere eseguite? Consiglio che prima di addivenire a possibili conclusioni, peraltro legittime, ci si dovrebbe documentare nel dettaglio progettuale e poi verificare che le opere previste siano state realizzate nel rispetto delle norme tecniche imposte dai vari capitolati speciali di appalto".
"Nel caso specifico le opere commissionate dal Servizio tecnico dei bacini affluenti del Po riguardavano la realizzazione di una difesa spondale in gabbioni lungo il torrente Spirola e la ricalibratura dell’alveo nel tratto interessato onde evitare l’erosione al piede del versante sovrastante e sottostante la Sp 9. Nessuna opera realizzata interessava il versante che risulta molto acclive e con un dislivello di circa 12/13 ml dal piano stradale alle opere di difesa. Le opere, di cui allego le immagini scattate in data odierna (ieri, 13 novembre, ndr), risultano essere perfettamente integre e stanno svolgendo il loro lavoro".
"Lo smottamento - dice Manari - è dovuto allo scivolamento verso il basso del muro in calcestruzzo nell’immagine; tale movimento ha innescato lo svuotamento del piano stradale e l’abbassamento della barriera stradale".
"Il tema del dissesto idrogeologico nel suo complesso - afferma il tecnico - credo sia comunque troppo semplicistico imputarlo ad una causa specifica, sia essa il consumo di suolo, il cambiamento climatico, ecc.; piuttosto pare a mio avviso essere la sommatoria di fattori che includono sicuramente anche queste cause. Il dissesto nelle zone montane o scarsamente antropizzate è senza ombra di dubbio riconducibile ad un cambiamento degli eventi atmosferici associato ad una mancanza assoluta di opere manutentive del territorio a cui si somma la scomparsa completa della manutenzione cosiddetta minuta o puntuale un tempo eseguita dal mondo rurale presente nelle montagne e nelle campagne in modo assai diffuso ed oggi completamente scomparso o quasi".
"Diversa è la condizione del dissesto, nelle città ed in quasi tutte le zone densamente abitate. Lì per anni abbiamo costruito, abbiamo realizzato aree industriali, residenziali, infrastrutture, strade, parcheggi, ecc. senza una accurata verifica delle caratteristiche dei luoghi e dei possibili rischi ambientali indotti; inoltre nel corso del tempo non abbiamo adeguato le reti scolanti (canali, rii, ecc.) alle reali superfici impermeabili create nel frattempo".
"A queste cause a mio avviso dobbiamo sommare un altro fattore di natura squisitamente politica: le opere manutentive sono meno appaganti dal punto di vista della visibilità politica rispetto alle nuove opere, alle nuove infrastrutture; in sostanza al costruire. La manutenzione il più delle volte è quasi invisibile e difficilmente spendibile dal punto di vista politico e del creare consenso. Il più delle volte le opere di manutenzione dei rii, dei fiumi e dei percorsi d’acqua in senso generale,incontrano una forte contrapposizione dal mondo ambientalista in quanto vengono viste come uno scempio di un ambiente naturale".
"La cosa è assolutamente comprensibile sino a quando noi non costruiamo nulla che possa interferire con il corso d’acqua (senza entrare nel merito del giusto o sbagliato che sia) o con il versante o con la montagna. Ma quando lo facciamo dopo dobbiamo decidere se mantenere ciò che abbiamo realizzato o meno. Questo non vuol dire fare scempio della natura, è possibile fare manutenzione con oculatezza e con assoluto rispetto dell’ambiente circostante, anzi lo si può valorizzare e nel tempo stesso renderlo più sicuro".
"'L’evento di maggiore intensità che ha colpito il bacino del Secchia è quello del settembre 1972. Nelle province di Parma e Reggio Emilia, si sono registrate piogge di breve durata ma di elevatissima intensità (400 mm tra Paduli e Succiso), con massimo nell’alto Secchia; a Sassuolo la portata al colmo è stata stimata in circa 1.900 m3/s'. Questo è il testo di un documento redatto da Aipo in occasione della rottura dell’argine del fiume Secchia in provincia di Modena avvenuta nel gennaio del 2014 e conferma che gli eventi calamitosi a forte intensità sono di fatto sempre accaduti ma oggi succedono con maggior frequenza. In questa occasione il Secchia aveva abbattuto tutti i ponti a valle del Ponte del Barone compreso quello della Gatta, era rimasto quasi integro solo quello del Pianello semisepolto dal materiale solido trasportato. Si erano verificate frane di grosse dimensioni lungo la SS 63 nei pressi del torrente Biola, la strada che porta ad Ospitaletto di Ligonchio era quasi interamente scomparsa".
"Tutti vediamo l’alveo del Secchia nella zona delle Fonti di Piano, provate a pensare che cosa farebbero tutte quelle piante divelte che giacciono nel greto del fiume e tutte quelle insistenti all’interno dell’alveo se si verificasse una piena come quella del 1972. Però non si possono toccare, debbono rimanere lì, salvo poi insorgere noi tutti in caso di
eventuali futuri problemi".
Trovo l’intervento del signor Umberto Manari finalmente puntuale, preciso e che descrive esattamente come stanno le cose. Davvero persona competente ed informata. Il problema è davvero ampio e complesso ma troppo spesso le persone, come si nota dai commenti apparsi a tal proposito, sono automaticamente colte da una propensione a dare la colpa alle imprese di avere fatto male o malissimo i lavori, senza minimamente pensare un pochino più in là del proprio naso, dimenticandosi che gli enti purtroppo continuano a prevedere solo minimi interventi di ripristino, a danni avvenuti, con pochi soldi a disposizione e senza soprattutto programmare seri e mirati interventi di prevenzione, che darebbero lavoro alle imprese, quindi alle persone/famiglie, ed eviterebbero così assurdi costi in capo alla fine alla collettività, per interventi urgenti mai finalizzati davvero a risolvere il problema alla radice. Se ne parla molto, ma della cultura di programmazione e prevenzione di un territorio ad alto rischio idrogeologico nemmeno l’ombra.
(ZL)
Mi sembrano le solite scuse per addossare le responsabilità sempre ad altri. La verità è che le imprese oggi non lavorano più bene come una volta, i lavori durano pochi anni, forse appositamente per poter intervenire e guadagnare di nuovo. Una volta le ditte serie avevano il nome del titolare e ci tenevano molto al loro nome a alla buona esecuzione dei lavori. Adesso si pensa solo al profitto, poi se il lavoro è fatto male o da manovalanza non qualificata per spendere meno, poco importa. Poi si cambia nome alla ditta e si ricomincia. Torniamo all’antico, queste cose non succedevano, gente seria, allora. Saluti.
(Luca Rossi)
Ma signor Rossi, ha mai visto altre aziende che lavorano con il settore pubblico spiegare o motivare i lavori? Il signor Manari ha risposto e ha pure motivato e spiegato i lavori fatti dalla ditta in cui presta la propria esperienza e professionalità. Trovo che il suo sia il classico e italianissimo modo di parlare tanto per dare aria alla bocca. Conosce personalmente la ditta? Ha mai seguito o verificato il lavoro della ditta di cui sopra? Io ho avuto la possibilità di vedere alcune delle sue opere (per altro montana con personale tutto montanaro e reggiano, non le solite ditte che vengono da fuori) e tutte queste opere sono ancora lì, efficienti e ben fatte. Prima di sparlare verifiche bene le cose.
(G. Ugoletti)
Al signor Luca Rossi suggerisco come prima cosa di parlare per sé e magari di dare un’occhiatina alla sua di mansione o di professione, mi pare di capire così altamente professionale e oserei dire perfetta! Che tristezza fare, come sempre, di ogni erba un fascio! Le imprese serie professionali e soprattutto che si assumono le proprie di responsabilità (a volte anche quelle di altri…) per quello che fanno, ci sono ancora e come! Rischiano in prima persona e non credo si possano comportare così alla “leggera” come sostiene Rossi. Forse il problema è che proprio lui è abituato a lavorare con altro genere di “impresa” se tale, a questo punto, si può definire. Criticare sempre senza conoscere… sport nazionale, becero e improduttivo. Cordialmente, ma non troppo!
(Luana)