Si è spento all’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia nella prima mattinata di sabato 6 settembre, dopo un’ischemia che lo aveva colpito ventiquattr’ore prima nella sua residenza parrocchiale a Ciano d’Enza, l’ottantacinquenne monsignor Valerio Beneventi.
Era nato a San Bartolomeo il 14 giugno 1929 e aveva ricevuto l’ordinazione presbiterale il 23 giugno 1957. I primi incarichi pastorali lo videro impegnato come vicario cooperatore a Prignano (1957-1958), quindi parroco a Gombio per un lungo periodo, fino al 1984, quando diventò parroco a Ciano d’Enza. Don Valerio è stato anche coadiutore a Vedriano dal 1967 al 1969, parroco a Selvapiana dal 1993 al 1997 (dal maggio al settembre 1993 anche amministratore parrocchiale a Compiano), amministratore parrocchiale a Monchio delle Olle e Pianzo (1996-1997).
È rimasto parroco di Ciano d’Enza/Canossa dal 1984 all’autunno 2010, fungendo nel frattempo anche da amministratore parrocchiale a Rossena dal 1996 e, dal 2004, a Canossa, Cerredolo de’ Coppi, Roncaglio, Monchio delle Olle e Selvapiana.
Negli ultimi quattro anni era rimasto amministratore parrocchiale di Canossa e valido collaboratore del nuovo parroco moderatore (dell’unità pastorale Ciano-Rossena-Canossa-Cerredolo de’ Coppi-Roncaglio-Selvapiana-Monchio delle Olle e Pianzo) don Vasco Rosselli, disponibile per la celebrazione delle Messe e per il sacramento della confessione.
Uno suo grande amico, don Raimondo Zanelli, ricorda monsignor Beneventi come un parroco “con l’odore delle pecore”, la famosa espressione con cui papa Francesco indica i sacerdoti capaci di evangelizzare in modo semplice, calandosi anima e corpo nel popolo che sono chiamati a servire.
Don Valerio aveva inoltre un grande spirito di sacrificio, che dimostrò fin dagli anni di Gombio, dove si era adattato ad abitare in una sorta di piccola baita, ed era pieno di premure per i sacerdoti più anziani della sua zone pastorali, che spesso accompagnava in pellegrinaggi ai santuari. Tanti bussavano alla sua porta per ricevere aiuto e conforto. Una generosità di cui qualcuno ha purtroppo voluto approfittare: il riferimento è alla triste vicenda che vide don Valerio vittima di due truffatori senza scrupoli, condannati in via definitiva dalla Corte di Cassazione nel gennaio di quest’anno: non solo avevano estorto denaro all’anziano sacerdote in un momento di particolare vulnerabilità, ma avevano rovesciato sulla sua persona accuse infamanti, poi dimostratesi artatamente false.
La giustizia ha così restituito a una comunità ferita la figura un sacerdote generoso, umile e accogliente.
Il funerale di monsignor Beneventi avrà luogo martedì 9 settembre alle ore 15 nella chiesa parrocchiale di Ciano d’Enza. Lo presiederà il vescovo emerito Adriano Caprioli.
Era il mio insegnante di religione delle medie. Entrava in classe col sorriso, insegnava religione e raccontava barzellette “pulite”. Usciva col sorriso. Sapeva imitare il verso del maiale così bene che un giorno ha detto: “Non andate poi a casa dai genitori a dire Don Valerio ha fatto il maiale, eh?!, potrebbero fraintendere!”. Dio l’abbia in gloria!
(Mariapia Corsi)
Maria pia, mi hai tolto le parole dalla tastiera, diciamo così, il verso del maiale era il suo cavallo di battaglia. Io sono di Gombio ed è stato il mio parroco per tanti anni. Un altro indimenticabile ricordo erano i sacchetti di Natale che ci faceva avere con caramelle, mandarini e gli immancabili scacchetti. Ciao Don!
(Federica Fracassi)
Giusto pochi giorni fa, parlando con una persona amica, avevo detto: “Devo andare a trovare don Valerio, perché voglio farmi raccontare dei suoi anni da parroco a Gombio; storia che, altrimenti, andrà perduta”. Non ho fatto in tempo. Stamattina, la notizia della sua morte così improvvisa; ma la morte è sempre fuori luogo, è sempre improvvisa quando ad andarsene sono le persone a cui si è legati da profondo affetto. Non so se ho mai davvero detto fino in fondo a don Valerio quanto gli fossi grata e quanto gli volessi bene: era burbero, come un po’ tutti gli uomini figli di gente semplice della sua età (che poi è quella di mio padre), e forse l’avrei messo in imbarazzo. Che gli volevamo bene, tutti, noi della sua ex parrocchia di Gombio, credo lo sapesse, perché non lo avevamo mai davvero sostituito, nel cuore, con un altro parroco. Che lui meritasse questo bene, che meritasse anche stima e rispetto profondi (e si vergognino coloro che hanno cercato di infangarlo, facendolo soffrire, dopo che era stato pure raggirato e turlupinato per troppa carità e ingenuità! Si vergognino), che meritasse la grande nostalgia di riaverlo in parrocchia è fuori discussione: era un uomo profondamente buono, un mite. E poi c’era sempre, quando si aveva bisogno di una parola, di un consiglio, non si negava a nessuno. Per noi bambini era uno di famiglia: mai arrabbiato, mai aggressivo, sempre sorridente, sempre scherzoso, era bello anche averlo a scuola nelle ore di “dottrina”. Aveva saputo diventare uno del paese, con umiltà, mettendosi alla pari dei suoi parrocchiani, senza nessuna pretesa di superiorità o di comando. Forse, un tempo, nei seminari li educavano a questo o forse era il suo carattere. Le sue prediche erano alla portata di tutti, a volte sfociavano un po’ nella confusione tra barzelletta e messaggio evangelico, ma arrivavano dritte al cuore, sempre. Gli volevamo un mondo di bene. Ora mi passano davanti le recite di Natale, il presepe che faceva costruire a noi bambini, le confessioni la domenica mattina prima della messa (che poi erano benedizioni e poco più, ma facevano tanto bene), le giornate di sagra a Soraggio, a tavola dai miei, con i suoi amici preti: don Pellicciari (tra tutti e due non so chi raccontasse barzellette più buffe), ma anche don Raimondo Zanelli, che deve essere stato un suo compagno di “zingarate”, e poi don Walter Aldini, con cui fingeva sempre di litigare per avere la parrocchia migliore. Ma l’immagine che porto dentro è quella di lui con i paramenti, a piedi, che compariva lontano, in un campo, dopo aver attraversato i boschi salendo da Gombio, per venire a benedire nel periodo di Pasqua. A piedi. E ricordo bene i suoi consigli, quando andammo a dirgli, io e il mio futuro marito, che ci saremmo voluti sposare: consigli di un padre, ma anche di un figlio di genitori come i miei, figlio di una mamma buona e generosa che aveva saputo crescerlo con la saggezza antica e umile dei poveri. Grazie, don Valerio! Per me sei stato una benedizione e ringrazio Dio di averti avuto a fianco fin dai primi passi del mio cammino.
(Normanna)
E’ buffo pensare don Valerio che piega i cappelletti. Ma don Valerio era anche questo. Era da poco a Gombio perchè, in quel tempo, stava aiutando don Paolo ammalato e mentre percorreva a piedi la strada che dal Casello porta alla Chiesa si ferma a Ca’ ad Ciset, la casa dove vivevano i miei genitori. Vedendo mia madre che piegava i cappelletti si e seduto al tavolo da lavoro e ha iniziato ad aiutarla. Non oso immaginare lo stupore di mia madre! Le era rimasto talmente impresso che negli anni a venire questo aneddoto me lo sono sentito raccontare innumerevoli volte. Questo per testimoniare la sua semplicità e la voglia di essere accettato da tutti. E’ bello ricordarlo la domenica pomeriggio dentro al salone che aveva attrezzato per noi ragazzi a giocare a domino o a carte oppure al biliardino. Era l’unico luogo di aggregazione che avevamo durante la stagione fredda. Buon viaggio, Don.
(Liviana)
Non ho avuto il piacere di conoscere Don Valerio Beneventi, ma leggendo lo struggente ricordo di Normanna non posso esimermi dal ringraziarlo per tutto il bene che ha fatto: un vero pastore in mezzo alle sue pecore, per guidarle e confortarle nel momento del bisogno.
(Ivano Pioppi)
Una preghiera: “Ricordando il bene fatto da Don Valerio nella parrocchia di Gombio e le opere compiute per migliorare le condizioni di vita del paese ci rivolgiamo al Signore per ringraziarLo di avercelo dato per 26 anni come parroco e di avercelo mantenuto come amico fino agli ultimi giorni della sua vita“.
(Dino)