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Vecchio scarpone

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Un’immagine, questa, (purtroppo ripescata da un vecchio giornale e quindi di difficile riproduzione), che evoca lontani ricordi, dalle gloriose imprese delle penne nere, agli alpinisti amatoriali dei tempi pionieristici come noi, a coloro che, per mestiere, trasportavano prodotti di prima necessità da una valle all’altra. I nostri sherpa, per intenderci.

Quelle otto suole esposte in primo piano ci offrono informazioni sulla tecnica calzaturiera in uso allora e sullo stato di utilizzo degli scarponi stessi.

La tecnica: tutto il bordo esterno della suola viene ricoperto con le tipiche grappe, chiodi a farfalla che proteggevano il bordo anche lateralmente, oltre che sulla battuta. Il centro della suola è rinforzato con file di borchette (da due a cinque file sagomate seguendo la forma della suola). Oltre a proteggere il cuoio le borchette servivano per fare presa sul ghiaccio e sulla roccia. Ci informano anche che gli scarponi più usati sono i primi due a sinistra: manca un discreto numero di borchette. Il paio a destra doveva appartenere a qualcuno che di strada intendeva fare molta, vista l’abbondanza di rinforzi.

E, sottofondo d’obbligo, le note di Vecchio scarpone, compagno di tante avventure lassù, tra le bianche cime, dove cogliemmo le stelle alpine che, incorniciate, fanno ancora bella mostra di sé e ricordano un momento decisivo dell’esistenza.