Ho sentito alla radio che in questi giorni, forse proprio oggi, sabato 3 maggio (ieri, ndr), si celebra la giornata internazionale del giornalismo.
Importante ma anche preoccupante, perché negli ultimi tempi la celebrazione di una qualsiasi cosa sembra preludere ad un’imminente fine della cosa stessa, o al desiderio recondito di vederla finire.
Un po’ come quando si invita in televisione l’attore famoso, ormai vistosamente vecchio e malato, quasi a voler iniziare le celebrazioni “postume”, prima che il poveretto esali l’ultimo respiro.
Il giornalismo e tutti coloro che lavorano nel settore viene preso di mira un po’ troppo spesso, ultimamente.
La cosa ci dovrebbe allarmare perché ciò significa voler chiudere la bocca a chi ancora tenta di scuotere la gente e spingerla a pensare, ma soprattutto perché il giornalista informa di fatti reali, non virtuali.
Sempre alla radio ho sentito dire che esistono programmi computerizzati in grado di sfornare in pochi istanti articoli “automatici”. Basta immettere un po’ di dati, cifre, nomi, ecc. e il gioco è fatto. Sì, il gioco.
Questo significa che potremmo arrivare a pensare tutti quanti più o meno allo stesso modo; la realtà non avrebbe più sfaccettature. Orrore!
Benedetto chi la pensa in modo del tutto diverso da me! Come potrei convincermi delle mie opinioni se non ci fosse qualcuno che mi costringe a controbattere. E se poi mi accorgo che ha ragione lui, meglio; comincerò a capire che stavo sbagliando.
Si vorrebbe un appiattimento delle idee, che è ancor peggio del silenzio. Ma questo equivale alla distruzione definitiva della libertà e della democrazia, impedendo qualsiasi confronto. Si sentono frasi cattive contro i giornalisti, magari accusati di essere “di parte”. In democrazia devi poter stare da qualsiasi parte. Se il tal giornalista non ti piace, non lo leggi e pace.
Per giustificare questo addomesticamento dell’informazione, si ripete ogni tanto che si vendono sempre meno giornali. A parte il fatto che, dal punto di vista ecologico, questo è auspicabile perché significa minor abbattimento di alberi per la produzione della carta.
Il mondo è cambiato. La gente non ha più il tempo di sedersi al tavolino del caffè a leggersi il giornale, o sulla panchina di un parco. Non ha neppure il tempo di passare dall’edicola a comprarlo.
Ricordo quando il giornale ben piegato, spuntava dalla tasca, quale simbolo dell’appartenenza politica del soggetto che lo aveva acquistato: “L’Unità”, “Il Secolo d’Italia”, “L’Avanti”. Li leggevano davvero? Lo spero.
Oggi il giornalismo, lo sappiamo bene, si basa sull’informatica. Potenzialmente la gente può leggere tutti i giornali che vuole, anche quelli di altri Paesi. E poi non ha più senso leggere un giornale tutto per intero, il web ti consente di spulciare, scegliere, scorrere.
Ci sono ottime trasmissioni radiofoniche, soprattutto su Radio3, dove gli articoli più importanti dei giornali li “ascolti”, mentre fai colazione. Poi in macchina, mentre raggiungi il posto di lavoro, puoi ascoltare “Prima pagina”, dove un giornalista legge e commenta ancora i giornali. Il bello di questa trasmissione è che di settimana in settimana si alternano giornalisti di posizioni politiche diverse e/o opposte.
Con questa preparazione alle notizie del giorno, ti fai un’idea chiara su cosa andare ad approfondire sul Web appena hai un attimo di tempo. Bisognerebbe aiutare i giovani ad iniziare gradualmente ad informarsi sulle cose importanti. Io, nel mio lavoro, ci provo; ma dovrebbero continuare i genitori, a casa.
Il giornalismo è ancora vivo e deve rimanere più vivo che mai.
La libertà dei popoli è passata e continuerà a passare anche attraverso la penna dei giornalisti, che non di rado hanno pagato con la vita.
(Maria Grazia Consolini)