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Superate le province?

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Superare le province, istituire le città metropolitane, promuovere le unioni tra comuni. Sono questi gli obiettivi dichiarati del tanto sbandierato disegno di legge Delrio, approvato definitivamente alla Camera. Il provvedimento, non potendo cancellare le amministrazioni provinciali, le svuota di competenze. I consigli provinciali vengono trasformati in assemblee dei sindaci. Questi ultimi, inoltre, lavoreranno nei nuovi enti territoriali di ”area vasta” (in pratica le stesse province), percependo esclusivamente le indennità di primi cittadini. I presidenti di provincia non saranno più eletti dai cittadini, ma indicati all’interno di una assemblea formata dai sindaci dei comuni del territorio di riferimento della provincia stessa. Le competenze provinciali vengono trasferite a regioni e comuni, ad eccezione dell’edilizia scolastica, della pianificazione dei trasporti e della tutela dell’ambiente. Il personale, compresa la dirigenza, continuerà a lavorare presso gli organi territoriali di riferimento dell’attività svolta, mantenendo retribuzione ed anzianità di servizio.

Il provvedimento  legislativo prevede che i nuovi enti provinciali prenderanno vita a partire dal 1° gennaio 2015. Fino ad allora le province saranno rette da commissari (gli attuali presidenti di provincia in prorogatio) in quanto non si voterà per le rielezioni dei 52 organi provinciali in scadenza nel 2014. Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Torino e Venezia diventano città metropolitane. A queste va aggiunta Roma, già inquadrata con l’istituzione di Roma capitale. Ma in futuro anche Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste diventeranno città metropolitane (l’istituzione deve passare attraverso un provvedimento delle regioni a statuto speciale in cui ricadono). In totale, alla fine si conteranno 15 nuove città metropolitane che vanno a sostituire le province, assumendo il territorio e le competenze della provincia omonima, più 86 “enti di area vasta” (le vecchie province). Le città metropolitane saranno guidate da un sindaco metropolitano che, a differenza dei presidenti delle ”nuove province”, potrà anche essere eletto a suffragio universale previa approvazione di apposita legge (altrimenti, sarà il sindaco della principale città e non percepirà indennità aggiuntive). Il consiglio metropolitano sarà indicato dal sindaco, ma può essere eletto anch’esso direttamente dai cittadini come il supersindaco, sempre previa approvazione di apposita legge, mentre la conferenza metropolitana sarà composta dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana. Il personale delle amministrazioni provinciali, pertanto, confluirà nel nuovo ente territoriale.

Insomma, tutto cambia per fare in modo che tutto resti com’era. E alla fine, se ne verrà fuori un pasticcio, qualcuno ci penserà. Restano senza scranno solo i consiglieri provinciali e i presidenti di provincia, che sicuramente troveranno posto su uno strapuntino aggiuntivo della burocrazia locale tra gli 86 “enti di area vasta”, le 15 città metropolitane e i possibili 15 consigli metropolitani eleggibili “con apposita legge” insieme ad altri 15 “supersindaci metropolitani”, che saranno ben pagati, presumo! All’inizio, l'allora ministro Delrio aveva dichiarato che non erano i risparmi a interessare, ma il riordino e la semplificazione, che, invece, non ci sono affatto.

Adesso il nostro concittadino sottosegretario Delrio, che si era lasciato affascinare da una ricerca dell’Istituto "Bruno Leoni", che quantifica i risparmi possibili nell'ordine di 2 miliardi, è stato costretto a precisare che il risparmio certo, discendente dall’abolizione degli organi di governo, sarebbe poco meno di 160 milioni. Alla faccia della semplificazione burocratica e dei tagli ai costi della politica: quella che viene tagliata ancora una volta è solo la partecipazione democratica e un “super lavoro” per alcuni sindaci (potranno mettere accanto alla fascia tricolore anche quella azzurra degli ex-pres. provinciali?).

Perchè ormai dovrebbe essere chiaro che i cosiddetti “costi della politica” altro non sono che il trasferimento all’interno delle istituzioni, dal Parlamento alle regioni, dagli “enti di vasta area” alle città metropolitane fino ai comuni, dei costi prima sostenuti dai partiti per mantenere i loro apparati. La generazione spontanea, che non è contemplata dalle scienze biologiche, è perfettamente riuscita alla cosiddetta “scienza” politica italica che riesce a partorire soprattutto a livello locale aziende, enti e finanziarie partecipate che rispondono esclusivamente al bisogno di moltiplicare le poltrone di intronamento per gli amici di cordata. La moderna versione di quello che erano le correnti e le sezioni dei vecchi partiti sostituite, quando occorre, dai gazebo. Questa, verrebbe da dire citando una vecchia battuta, “è la politica, bellezza, e non puoi farci niente!”; oppure, più prosaicamente, “tanto rumore per nulla”.

(Luigi Bottazzi)