Un viaggio singolare. Quello del pilota tedesco Hardy Kalitzi da solo che, a tappe, avrebbe dovuto portare il suo Piper (targato targato N678AL, targa americana, di proprietà di un industriale statunitense) sino a New York, attraverso Scozia, Islanda, Groenlandia e Canada, salvo precipitare tragicamente venerdì sul Monte Casarola. Un viaggio sicuramente impegnativo nel gergo chiamato “ferry flight”, affrontato da solo. Il velivolo che era partito dal “Colombo” alle 10.53 e diretto a Eberswalde vicino a Berlino per la prima tappa era esercitato da tale Antonio La Rosa, come riferisce l'agenzia Agi. L'uomo lavorava per la Ferry Service Atlantic, ditta che utilizza alcuni dei piloti più esperti per il traghetto di velivoli e, quindi, abituati a consegnare migliaia di aeromobili a livello internazionale. Una specialità, quella dei collegamenti sia oltre Pacifico che oltre l'Atlantico. Tutti i piloti di Ferry Servizi Atlantic possiedono le FAA / ICAO, le licenze di pilota commerciale ed hanno almeno 30 traversate oceaniche in solitario di esperienza alle spalle. "Il vostro areo sarà sempre in mani sicure", recita l'home del sito che precisa "Non abbiamo mai avuto incidenti, nessuna violazione, nessuna perdita da quando abbiamo stabilito nel business di riposizionamento degli aeromobili a livello mondiale nel 1993". Un piccolo mistero che, pare, si infittisca col fatto che anche la salma continua a giacere sola, a disposizione della magistratura, presso l’obitorio dell’ospedale di Castelnovo Monti: ma al momento nessun familiare del defunto pilota tedesco si è presentato per il riconoscimento della salma.
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AGGIORNAMENTO ore 15,56: ha risposto a Redacon il collega statunitense di Hardy Kalitzi, l'uomo era berlinese e ha una sorella che in queste ore si sta cercando di rintracciare.
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Una preghiera a questo uomo, che ha trovato desolata morte fra i nostri monti. Dio lo accolga in cielo.
(Cathia)
Quanta tristezza. Riposa in pace Hardy.
(DC)
Siamo soli, in fondo siamo purtroppo soli!
(Gavino Puddu)
È triste morire lontano da casa, ma ancor più triste è che nessuno se ne sia accorto.
Una preghiera per questa anima sola.
(Miki)
So di essere una voce fuori dal coro, ma non credo che la mia sia una “stonatura”. Io mi immagino, non conoscendolo (ovviamente), che quest’uomo amasse la solitudine, che fosse un solitario per carattere. Perché uno che sceglie come mestiere quello di traghettare aeroplani da un punto all’altro del mondo, sempre da solo, nell’immenso vuoto del cielo, deve essere uno che ama stare con se stesso, con i suoi pensieri, con la sua meravigliosa passione. Ritengo, personalmente, che il suo fosse uno dei più bei mestieri al mondo. Voli sopra le nuvole di tutto il pianeta, vedi dall’alto la meraviglia delle terre e dei mari sottostanti, hai l’opportunità di conoscere sempre posti diversi, nazioni diverse e culture diverse, ma soprattutto credo che fosse animato da un amore sviscerato per il volo. Solo chi ama veramente l’essenza del volo riesce a intuire la bellezza del volare per il piacere di farlo, non per la necessità di spostarsi o di raggiungere una meta. La solitudine momentanea della sua salma è solo il proseguimento della solitudine che aveva nel mestiere che faceva. Voglio pensare che abbia incontrato la morte nel modo in cui ha sempre voluto vivere, ai comandi della cloche di un aereo. Quello che sosta presso la camera mortuaria è solo l’involucro di ciò che è stata l’essenza di un uomo e della sua passione.
(Fabio Mammi)