Aveva 19 anni Raimondo Stazzoni quando la cartolina rosa ha cambiato il suo destino per sempre in quel febbraio del 1941. Era infatti nato a Pechello di Carpineti, tra Migliara e Marola, il 20 ottobre 1922. E a Pechello lasciava la mamma Carolina, il papà Giovanni e le sorelle Mercede, Margherita, Maria e Ada, la più piccola, di 13 anni, quando, pochi mesi più tardi, ebbe come destinazione il fronte greco dove lo coglie il dramma dell’8 settembre, la cattura da parte dei tedeschi, l’internamento in un campo di concentramento tedesco dove muore per malattia il 28 ottobre 1944.
Il 25 aprile 2012, Ada, la più piccola, l’unica ancora in vita, partecipa all’incontro, organizzato dall’assessorato alla cultura di Casina, con il ricercatore Roberto Zamboni, infaticabile compilatore di un lungo elenco di “dimenticati di stato” e strenuo difensore del diritto dei famigliari a riportare in patria le spoglie dei loro caduti: ora continua a lottare perché sia lo stato a farsene carico. E avvia le procedure per il rimpatrio.
Così, a settant’anni dai giorni più tragici della II guerra mondiale, Casina, il paese in cui la famiglia Stazzoni si è trasferita nel dopoguerra, può rendere onore a Raimondo Stazzoni, a un ragazzo di vent’anni cui la guerra ha chiesto tutto. I suoi resti rientrano infatti in patria soltanto in questi giorni. Ad accoglierli all’aeroporto di Bologna il sindaco di Casina Gianfranco Rinaldi, l’Ispettore Capo della Polizia Municipale, Corrado Bernardi, e i nipoti Carlo Stazzoni e Luigi Neiros.
Le autorità civili e militari e tutta la popolazione sono invece invitati alla commemorazione che si terrà domenica 29 settembre alle 10 sulla piazza del municipio di Casina. Interverranno i sindaci di Carpineti, comune di nascita di Raimondo Stazzoni, e di Casina, comune di residenza della mamma prima e della sorella poi, verrà ricostruita la storia di Raimondo e alcuni giovani solleciteranno la nostra riflessione attraverso gli scritti “di chi ha provato” e l’emozione del canto. Alle 10.45 in corteo si raggiungerà la chiesa parrocchiale per la messa solenne quindi il cimitero dove avverrà la tumulazione accanto alla mamma Carolina.
Di Raimondo rimangono soltanto due lettere pubblicate nel 1995 ne Il mio raccontare è lontano, edito dal Comune di Carpineti. Rendono esplicita la durezza delle condizioni di vita del fronte.
Diventato il prigioniero n° 9235, dà ancora qualche rara notizia, ora andata perduta, fino al 29 aprile 1944 poi più nulla. La madre, Carolina Braglia, non si rassegna al silenzio di quell'unico figlio maschio poco più che ventenne fino a quando, a Casina, dove nel frattempo, rimasta vedova, si è trasferita da ‘Pichello’di Marola con le figlie e i nipoti, la raggiunge la comunicazione ufficiale della morte di Raimondo, avvenuta per malattia, nel campo di Gorlitz, il 28 ottobre 1944.
A guerra finita, Onorcaduti ne raccoglierà le spoglie nel cimitero di Bielany, Varsavia. Fino a ieri, fino a quando la sorella ha potuto "riportarlo a casa".
Giovanna Caroli, assessore alla cultura di Casina, che come ricercatrice di storia ha percorso la montagna sulle tracce dei caduti della seconda guerra mondiale, è particolarmente vicina alla famiglia in questo momento: “Vado incontro con grande commozione al figlio di Carolina, allo zio di Sergio, persone care che oggi non ci sono più; a un coetaneo di mio padre, a uno di noi cui la storia ha chiesto tutto: la vita, la giovinezza, gli affetti, i sogni, persi nelle condizioni più dure: sul più povero dei fronti, nella più terribile delle prigionie. Una storia di dolore che mi conferma in una scelta che non conosce dubbi: mai più guerra. Una storia che affidiamo alla riflessione dei più giovani in questo 2013 in cui troppi sembrano aver dimenticato il vero volto della guerra”.