Riceviamo e pubblichiamo.
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A sostegno dei comitati ambientalisti per la chiusura della discarica di Poiatica, ai primi di giugno ho presentato due esposti alla Procura del Tribunale di Reggio Emilia. Il primo sull’accertamento dei criteri costruttivi e gestionali della discarica di Poiatica, e l’altro per l’accertamento dei criteri gestionali relativi alla conformità del biostabilizzato conferito nella discarica di Poiatica.
In merito alla questione, nonostante la corposa documentazione e nonostante le successive interrogazioni del consigliere Pagliani e consigliere Ferrigno, senza esaurienti risposte da parte della Provincia, a distanza di tre mesi nessuna nuova neppure dalla Procura.
Purtroppo per noi, non è certo procrastinando un fatidico nuovo piano regionale di smaltimento rifiuti che verranno insabbiati gli errori passati, ed è fondamentale far luce sulle responsabilità di tutti coloro che negli ultimi anni, più o meno consapevolmente, hanno mal gestito il territorio.
Sulla tipologia del biostabilizzato conferito in discarica, ci si è accontentati per decenni solo di ciò che certificava Enìa/Iren, senza che Arpa avesse gli strumenti per valutarne concretamente l’idoneità. Su questo aspetto emergono altre forti perplessità, grazie ai comitati ambientalisti che anche a Reggio vogliono far luce sulla salubrità dell’impianto di compostaggio fanghi reflui Iren di Mancasale, dal quale proviene anche una parte del biostabilizzato usato come copertura in discarica. Dall’impianto di compostaggio da diversi anni le esalazioni insopportabili e tossiche mettono a rischio la salute dei residenti, e potrebbe esserci un nesso con le esalazioni insopportabili segnalate anche dai residenti nei pressi della discarica di Poiatica. Curioso il silenzio dei nostri amministratori, perché nonostante l’esposto in Procura e nonostante l’interrogazione del consigliere Pagliani e le perplessità del sindaco di Carpineti, ne’ da Iren, ne’dalla Provincia, o tantomeno da Arpa, sono arrivate delucidazioni in merito agli impianti di compostaggio provinciali ed extraregionali da cui proviene il biostabilizzato. Vi ricordo che il biostabilizzato prodotto da impianti extraregionali potrebbe non essere conforme al decreto della Regione Emilia Romagna, quindi molto più fermentescibile ed inquinante di quanto stipulato tra Iren e Provincia nei documenti ufficiali. Il biogas e i vapori metallici che si sprigionano nell’aria, sfuggendo alla rete di captazione, contengono in proporzioni variabili diversi idrocarburi e altri composti notoriamente cancerogeni e mutageni. I tumori alla gola, intanto, sembrano in eccesso sia nell’area di Mancasale, che tra gli abitanti dei comuni esposti alle esalazioni della discarica di Poiatica.
Sulla questione invece del forte dissesto idrogeologico, sulla quale poi sono state fatte interrogazioni sia dal consigliere Ferrigno che il consigliere Pagliani, credo sia importante sollecitare i cittadini a prendere atto che nell’area limitrofa alla discarica, nonostante tutta la documentazione avversa, la società Monte Querce scarl di Unieco ed Iren, - che ha come oggetto la realizzazione e la gestione di impianti e discariche per il trattamento e lo smaltimento di rifuti - , hanno acquistato altro terreno, e stanno permettendo estrazione di argilla, certamente in vista di un nuovo progetto per i loro impianti: alias riempimento delle cave esauste con quel qualcosa in cui in futuro i rifiuti verranno trasformati. Come si chiamerà tale prodotto non si sa ancora, ma certamente verrà battezzato in termini politicamente corretti e gradevolmente accettabili.
Non ci sarà una discarica di rifiuti tal quale, altrimenti smentirebbero i loro portavoce in politica. L’operazione di lifting sarà perfetta, e il nuovo contenitore sotterraneo di pseudo rifiuti sarà fatto, accanto alla vecchia discarica di Poiatica.
Nessuno pare voglia prendere atto che tutta quell’area è potenzialmente a rischio frane. Le carte ufficiali infatti rimandano ipocritamente alla mappa di un PTCP che pare corrispondere più alle esigenze di Agac/ Enìa /Iren piuttosto che allo stato effettivo dei suoli!
Eppure fin dal momento in cui Agac nel 1995 rilevò la minuscola discarica di montagna che sussiteva a Poiatica, fu evidente e rimarcato da numerosi geologi, il fatto che tutta quell’area fosse idrogeologicamente dissestata.
La descrizione dei suoli che in una nota relazione tecnica fu fornita ad Agac, proprio per risolvere già nel 1997 il problema delle frane in discarica, indica che: ““ – (…) il sito su cui è ubicata un’importante discarica per rifiuti solidi urbani, nei pressi di Ca’ Poiatica (Comune di Carpineti), è ricavato all’interno di una cava dismessa. Nel 1997 i movimenti lungo il versante occidentale sovrastante la discarica si intensificarono, coinvolgendo anche opere di stabilizzazione precedentemente eseguite. (…) I versanti del bacino Dorgola-Secchia, nel quale ricade l’area di studio, sono caratterizzati dalla presenza di numerosissime frane, in parte attive e in parte quiescenti, per scivolamento roto-traslativo, colata, creep superficiale e localizzato e, in alcuni casi, espansione laterale, analogamente a quanto si verifica in tutta questa fascia altitudinale dell’Appennino reggiano. Le cause principali dell’estrema predisposizione al dissesto di questo territorio vanno ricercate in un elevato numero di fattori, che sono di varia natura: caratteristiche geomeccaniche “deboli” dei terreni affioranti, dominanza di litotipi a matrice argillosa, acclività, assetto stratigrafico e strutturale, caratteristiche meteorologiche, con eventi pluviometrici estremi concentrati in tempi ridotti, aumento delle sovrapressioni interstiziali, sismicità dell’area. Nel caso particolare delle Marne di Monte Piano, la loro elevata propensione al dissesto deriva principalmente dalla fessurazione pervasiva che imprime loro il tipico aspetto a scaglie lucidate (slickenside), diminuendone la resistenza al taglio e favorendo al contempo l’infiltrazione di acque meteoriche. (…) In particolare, il versante ovest è stato interessato in passato – ed in parte lo è tuttora – da intensi fenomeni di ruscellamento ed instabilità della coltre superficiale oltre che da fenomeni di instabilità profondi, in parte attivi ed in parte quiescenti. Nell’anno 1996, a causa della elevata piovosità, si verificò un’intensificazione di questi fenomeni. Furono quindi predisposti alcuni interventi di consolidamento e stabilizzazione del versante, considerando la sua diretta contiguità con la discarica di Poiatica. Nel successivo luglio 1997 si ebbero ulteriori fenomeni di dissesto (…)”;
Altri geologi osservarono che anche il versante a sud della montagna che si affaccia sul Secchia, con un lento e inesorabile movimento franoso deforma l’alveo del torrente, spingendolo ad arco verso nord, di prospetto all’area terminale della discarica. Non si comprende quindi con quale logica si sia provveduto negli anni ad ampliare sempre la discarica, nonostante il ripetersi di frane e smottamenti, di cui quelli gravi e recenti nella primavera scorsa. Non si comprende come mai la Monte Querce scarl abbia acquistato altro terreno in area così franosa, se non con la prospettiva di farci un altro impianto di trattamento e smaltimento rifiuti. Non si comprende perché a seguito della ripetuta emergenza frane, e il riconoscimento di tutta l’area carpinetana dell’Alta Val Secchia come area carsica, - con grotte assai note agli speleologi -, e la prossimità alle fasce fluviali del Secchia e del Dorgola, nonostante sia sappia bene che per legge a queste condizioni non possono sussistere impianti di trattamento e smaltimento rifiuti, nel PTCP si sia invece continuato a considerare tutta l’area di Carpineti Est idonea a escavazioni, discariche e quant’altro.
Dobbiamo continuare a far finta di niente?
(Maria Petronio)
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Qui il testo integrale dei due esposti