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Danni da lupo, la Cia chiede un piano contro gli ungulati. E contesta il Parco / Parco che risponde al vetriolo: “Dialoga solo con se stesso”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Francesco Zambonini

L’ultimo episodio di predazione ai danni di un gruppo di pecore in alpeggio in alta montagna ad opera dei lupi mi porta a fare alcune riflessioni. Occorre fare credo innanzi tutto una premessa che diventa anche una domanda .

  • Riconosciamo a tutti i livelli (politici, amministrativi, naturalistici, ambientali il ruolo fondamentale dell’agricoltura in montagna)?
  • Se come tutti dicono è sì, per tutte le ragioni che si sentono dire nei vari dibattiti, convegni, pubblicazioni, credo di poter affermare che siamo davanti a una profonda ipocrisia, da un lato si sostiene il ruolo dell’agricoltore, dall’altro purtroppo ci troviamo a confrontarci quotidianamente con problematiche legate alla fauna selvatica, presente sul territorio, che sta mettendo in crisi e difficoltà quelle aziende che si trovano a fronteggiare questa situazione.
  • C’è già il mercato con le sue regole a fare la selezione.
  • L’ultimo episodio di attacco di lupi mi porta a dire che secondo qualcuno (Ente Parco) che con il “soccorso economico” tutto si risolverà .

Non è così! Non è così!

  • Un imprenditore agricolo che decide fra mille difficoltà di fare zootecnia in alta montagna ha il diritto di poter allevare e commercializzare i propri animali, siano essi pecore, agnelli, cavalli, vacche ecc.
  • E’ troppo semplice ridurre il tutto ad un indennizzo, perché se è questo il messaggio che passa nell’opinione pubblica allora probabilmente in poco tempo i nostri allevatori cesseranno di mandare gli animali al pascolo in quei territori.
  • Altre situazioni che mettono in difficoltà le Aziende Agricole sono i danni della fauna selvatica presente (in particolare ungulati e cervidi)
  • Anche in questo caso vediamo che con il concetto di riconoscere il danno e relativo indennizzo tutto si deve mettere a posto.

Non è così! Non è così!

I nostri produttori zootecnici hanno il diritto di raccogliere il proprio foraggio e poter alimentare il loro bestiame, con quelle essenze, perchè se diciamo che il nostro Parmigiano-Reggiano di montagna ha qualcosa in più, allora le nostre vacche devono essere alimentate con quel foraggio non con quelli che arrivano dalla Romagna o dalla Marche acquistati con gli indennizzi legati ai danni.

Allora queste brevi riflessioni mi portano a sottoporre alcuni concetti da mettere in campo.

1) Se con cambiamo rapidamente la situazione corriamo il rischio di creare le condizioni avverse per le quali le aziende agricole dell’alta montagna non avranno più possibilità di svolgere le proprie attività.

Non è allarmismo è realtà!

2) Mettere in pratica le richieste fatte alla Provincia e all’ATC 4 dalle Associazioni Agricole con l’obiettivo di contenere entro parametri accettabili il numero di ungulati sul territorio, è un’operazione non più rinviabile e non possiamo più accettare i continui rinvii per la loro applicazione (esempio rotazione delle squadre al cinghiale all’interno dei singoli distretti).

E' ora! E' ora!

3) Il lupo sta diventando un problema. E’ troppo semplice ricordare che è l’evoluzione naturale dell’ambiente a portare la sua presenza.

4) Il Parco deve prendersi le sue responsabilità, non mi sta bene che un allevatore sia solo considerato come un soggetto che con qualche migliaia di Euro si mette a tacere.

Pretendo dal Parco e dagli Enti coinvolti nei territori circostanti tutte le garanzie e gli accorgimenti tecnici per permettere loro di lavorare in sicurezza e ricavarne un reddito. Non voglio elemosina per gli allevatori.

Altrimenti corriamo il rischio che l’uomo diventi un intruso nel territorio in cui ha sempre vissuto e lavorato. Quello che abbiamo oggi è frutto di centinaia di anni di lavoro. Non lo possiamo gettare al vento.

 

Io questo non lo posso accettare!

 

A disposizione per chiarimenti tel. 335-6424585

 

 

Il responsabile Ufficio Caccia

Cia Reggio Emilia

Dott. Francesco Zambonini

 

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Nei commenti giunti a Redacon la replica del Parco nazionale.

Il Parco Nazionale opera per la tutela della fauna e in particolare del lupo, in attuazione delle leggi nazionali ed europee che lo dichiarano specie protetta dentro e fuori dai parchi. Di fronte ai danni da fauna selvatica, entro il suo perimetro e in attuazione delle norme di legge, il Parco provvede agli indennizzi dovuti. È però purissima immaginazione pensare (ed è falso affermare) che si sia limitato e si limiti solo a questo. Il Parco Nazionale, nei limiti delle sue forze, opera con continuità, concretamente e preventivamente per la “convivenza” tra attività umane e fauna selvatica. Questo secondo tipo di azione è stato ed è senz’altro prevalente rispetto agli indennizzi. Dalla fornitura di recinzioni, all’assistenza agli allevatori, alla posa di strumenti di controllo e cattura fino ad azioni concordate di caccia di selezione all’interno del Parco medesimo. Ciò è documentato negli atti e riscontrabile sul territorio. Spiace perciò non sia conosciuto e considerato da chi, per le funzioni che svolge, avrebbe l’opportunità e la possibilità di accertarsene ed esserne ben informato, avendo anche rilevanti responsabilità (forse non bene assolte) nella composizione degli organi degli ambiti territoriali di caccia. Il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, per la parte e il territorio che gli compete, è pronto a confrontarsi – come ha già fatto – in ogni sede, con concrete, costruttive, precise proposte di diversa migliore gestione della fauna selvatica. Nulla ha da dire invece, nè da discutere, con la perentorietà arrogante, sentenziosa e vacua di tanti punti esclamativi che, per loro natura e da chiunque utilizzati, sono idonei a dialogare solo con se stessi.

(Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano)

 

19 COMMENTS

  1. Caro Zambonini, la sua posizione è interessante e legittima per chi coltiva le proprie terre. Ma ritenere che l’intero territorio sia solo a servizio dell’uomo e dei suoi interessi – per quanto importanti, certo – è una posizione che francamente non condivido. L’uomo è uno degli abitanti del pianeta e la bellezza del pianeta che proprio a noi piace sta nel fatto che non siamo l’unica specie ad abitarla, lupi compresi.

    (Fulminant La Penna)

  2. cit. 3) Il lupo sta diventando un problema. / Anche il cacciatore il cui colpo è passato a meno di un metro dalla mia testa (e non stò esagerando, forse meno ma non più) è un problema.
    cit. l’uomo diventi un intruso nel territorio in cui ha sempre vissuto e lavorato / Anche gli animali vi hanno sempre vissuto
    Lei dice che non può accettare tutto ciò, allora vuol dire che non tiene conto di altri che invece lo accettano, una frase simile evidenzia egoismo e non collaborazione. Non amo la caccia ma non sono contrario, è giusto che chi lavora in montagna si tuteli, come del resto ogni lavoratore, ma mi creda la soluzione perfetta non esiste. E la soluzione non è ammazzare, dal momento che nel mio peregrinare fra i monti incontro più cacciatori che fauna selvatica, che spesso camminano in proprietà altrui, abbandonando sentieri lasciando sul terreno piombo e bossoli di plastica, scorazzando in zone interdette ai veicoli a motore . Eppure io vivo lo stesso e, pur non piacendomi, “lo posso accettare”.

    (Ettore)

    • Firma - Ettore
  3. Va bene, caro sig. Fulminant, delle due l’una: o si riporta “gli abitanti del pianeta” – come lei dice – a un equilibrio accettabile da tutti, uomo compreso, oppure riduciamo la presenza dell’uomo laddove (montagna!) la sua permanenza è divenuta per mille ragioni improbabile ma stramaledettamente indispensabile. Una di queste ragioni che condizionano fortemente l’attività dell’uomo è l’eccessiva proliferazione di specie animali selvatiche. Qualche mese fa la provincia di Reggio Emilia ha deciso un piano d’abbattimento di circa un migliaio di volpi; magari si fosse intervenuti prima senza improvvisare una strage: i volpacchiotti sono belli quanto i lupetti. La caccia agli ungulati – previo allevamento e rilascio? – è divenuta per alcune categorie un vero e proprio inaccettabile business. E comunque il sig. Zambonini, al di la dei punti esclamativi, nel suo scritto sottolinea una questione sacrosanta: la libertà di intrapresa degli allevatori, che deve essere dalle istituzioni tutelata alla stregua di tutte le altre; il diritto degli agricoltori al raccolto attiene innanzitutto al loro reddito d’annata, frutto però di un lungo progressivo e impegnativo lavoro di selezione e miglioramento delle mandrie che non può essere ricondotto a una semplice operazione ragionieristica risarcitoria di un danno “naturale”. La presenza equilibrata della fauna rappresenta una ricchezza di un intero territorio, è vero. Essa non deve scadere in una minaccia per coloro che in quel territorio vi abitano, che vi hanno cioè eletto la loro pratica economica e sociale e che, per quanto riguarda l’agricoltura, non è così proprio avulsa da un patrimonio ambientale che più di altri concorre a valorizzare nell’interesse di tutti. Infine, mi rivolgo al sig. Zambonini per una piccola considerazione non polemica sul punto degli indennizzi, legittimi per carità, la previsione dei quali deve essere rapportata ad eventi calamitosi eccezionali e, pertanto, non prevedibili (terremoti, alluvioni, trombe d’aria); la moltiplicazione esponanziale di caprioli, cinghiali, lupi, volpi, prevedibile lo era, eccome ma soprattutto era ed è “prevenibile” e controllabile. L’idea di destinare risorse economiche pubbliche al risarcimento di danni causati da lupi e cinghiali, volpi e caprioli, non mi convince per nulla; non parrebbe un buon affare metter lì denaro, nemmeno in tempi di vacche grasse, figuriamo ci ora…

    (R.L.)

    • Firma - R.L.
  4. Vorrei rispondere a Fulminant La Penna: si evince dal suo nik che o usa il fulminant oppure la penna, evidentemente non usa il furcaa. Le ricordo, siccome vuole tornare all’antico che quando un cacciatore uccideva un lupo passava nei paesi dove la gente in segno di riconoscimento offriva una ricompensa, le ricordo inoltre che dopo il taglio della legna nei poschi per un tot di anni non si potevano pascolare le pecore, in quanto divoravano i polloni e non crescevano più le piante. Oggi caprioli a go-go. Allora, siccome vuole tornare all’antico le chiedo: erano più “imbecilli” (senza offesa) una volta o lo siamo di più oggi solo perchè sappiamo usare un pc e conosciamo qualche parola di inglese?

    (Lucibill)

    • Firma - lucibill
    • La ringrazio del Caro che contraccambio anche se non la conosco sotto il suo nickname. Ribadisco: condivido quanto scritto dal Dott. Zambonini. Di “animali uomo” ne vorrei reintrodurre tanti perche l’Appennino e i suoi borghi sono sempre più spopolati. Non so se siamo effettivamente 43.000 come dice Lei ma il territorio è così vasto che ci sono paesi e frazioni con pochi (anche con meno di una decina) abitanti. Di questo passo torneranno davvero solo i lupi e, francamente, vedere i paesi e luoghi in cui sono nato e cresciuto che diventano foreste mi dispiace e mi intristisce.

      (Floriano Nizzi)

      • Firma - Floriano Nizzi
  5. Scusate se intervengo a gamba tesa ma ribadisco un concetto: è mai possibile che tutti gli interventi su Redacon inerenti al lupo o ai danni ricadono su caccia SI’ caccia NO (volutamente scritto in maiuscolo)? Non è possibile invece fare un ragionamento serio sulla sostenibilità di questa specie o delle specie “cervidi” sul nostro territorio? Cosa difficile vero? Poi scusa Francesco, di una cosa ti sei dimenticato, dell’insicurezza, dell’ansia che provoca all’allevatore, aver subito un attacco da lupi. Personalmente l’ho provato sulla mia pelle, l’andare a dormire con il pensiero se il giorno dopo dentro ai recinti avrei ritrovato i miei animali. Poi si passa al tema “danni”, il consumare la strada tra Castelnovo ne’ Monti e Reggio Emilia. E che dire di quel tecnico incaricato che valuta tutte le tue misure di prevenzione e che insindacabilmente decide se eri sufficientemente protetto dagli attacchi dei canidi, sì perchè ci si dimentica di dire che se il tecnico non avvalla le tue protezioni, ciccia, non prendi nulla. Perchè queste cose non vengono spiegate o scritte, ma si fa tutto semplice anche quello che non lo è! Concludo con il discorso prevenzione, ci si dimentica di scrivere che un recinto anti lupo il doppio: rete elettrosaldata filo 3 millimetri minimo, filo elettrico, antigatto di 50/60 cm, questo cosa vuol dire? Sempòice, che allevare dove c’è il lupo costa il doppio! Ciliegina sulla torta, il bando per contributi più capiente era la misura 216 dove vi erano 570.000 euro, peccato che il legislatore abbia messo che detti soldi erano spendibili solo nelle zone SIC e natura 2000 (http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/parchi-natura2000/rete-natura-2000/siti/reggio-emilia). Questo è fare imprenditoria in montagna. Cordialmente

    (Roberto Malvolti)

    • Firma - MalvoltiRoberto
  6. Sottoscrivo e condivido le parole di Zambonini, dette dal sottoscritto un’infinità di volte. Chi dovrebbe intervenire a tal proposito? Gli amministratori della montagna dove sono? Cosa fanno a proposito? Devono fare qualcosa? Compete loro? Se no, a chi compete? Cordialmente.

    (Fabio Leoncelli)

    • Firma - fabioleoncelli
  7. Siamo alle solite: gli animalisti a spada tratta si scontrano con coloro a cui questi animali, siano essi lupi, volpi, daini, caprioli o cervi, provocano danni e tutti, bene o male hanno le loro ragioni. Appurato questo, come in tutte le altre questioni, diventa necessario fare delle scelte e trovarne di efficaci senza scontentare nessuno, è molto difficile. Innanzi tutto bisognerebbe attribuire le responsabilità a chi le ha. abbiamo il Parco e un Parco senza lupo che Parco è?

    (Antonio Manini)

    • Firma - AntonioManini
  8. Approvo il ragionamento del signor Malvolti. Un sano e spassionato dibattito sulla sostenibilità delle specie protette e non protette. Il tutto implica una doverosa presa di atto del rapporto etico odierno fra l’uomo nei confronti delle specie animali, cioè selvatiche o domestiche e la storia dell’Appennino secolare in completa simbiosi con la natura circostante, ricca nell’equilibrio dal punto di vista architettonico, non di meno per importanza, il sociale cioè vere comunità.

    (Liberopensante)

    • Firma - liberopensante
  9. Il Parco Nazionale opera per la tutela della fauna e in particolare del lupo, in attuazione delle leggi nazionali ed europee che lo dichiarano specie protetta dentro e fuori dai parchi. Di fronte ai danni da fauna selvatica, entro il suo perimetro e in attuazione delle norme di legge, il Parco provvede agli indennizzi dovuti. È però purissima immaginazione pensare (ed è falso affermare) che si sia limitato e si limiti solo a questo. Il Parco Nazionale, nei limiti delle sue forze, opera con continuità, concretamente e preventivamente per la “convivenza” tra attività umane e fauna selvatica. Questo secondo tipo di azione è stato ed è senz’altro prevalente rispetto agli indennizzi. Dalla fornitura di recinzioni, all’assistenza agli allevatori, alla posa di strumenti di controllo e cattura fino ad azioni concordate di caccia di selezione all’interno del Parco medesimo. Ciò è documentato negli atti e riscontrabile sul territorio. Spiace perciò non sia conosciuto e considerato da chi, per le funzioni che svolge, avrebbe l’opportunità e la possibilità di accertarsene ed esserne ben informato, avendo anche rilevanti responsabilità (forse non bene assolte) nella composizione degli organi degli ambiti territoriali di caccia. Il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, per la parte e il territorio che gli compete, è pronto a confrontarsi – come ha già fatto – in ogni sede, con concrete, costruttive, precise proposte di diversa migliore gestione della fauna selvatica. Nulla ha da dire invece, nè da discutere, con la perentorietà arrogante, sentenziosa e vacua di tanti punti esclamativi che, per loro natura e da chiunque utilizzati, sono idonei a dialogare solo con se stessi.

    (Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano)

    • Firma - Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano
    • Perfetto, ma per chi è fuori dal parco non c’è nulla da fare? Questi lupi scendono, scendono! E’ imbarazzante dover spiegare a mia nonna (abruzzese) che nel ’49 uccisero l’ultimo lupo e fecero festa… Ella mi dice: “Allora non ci saranno più!” E io:” Eh, in effetti negli anni novanta sono tornati” Riprende: “Ma ce li hanno rimessi?” “Nooo nonna, sono venuti da soli”. E lei, sconsolata: “Cioè vuoi dire che se ne sono pure accorti, mentre tornavano, e non hanno fatto niente?” Eccetera… Comunque le ho detto che noi siamo ignoranti, che il lupo è cultura, che c’è gente che paga per vederlo, che non attaccherà mai l’uomo… Non riesco a convincerla.

      (Roberto)

      • Firma - Roberto
  10. Il ragionamento del signor Malvolti sulla sostenibilità delle diverse specie animali da parte dell’ambiente, in questo caso appenninico, è assolutamente condivisibile. Vorrei dire, sia a coloro che vorrebbero “eliminare” gli animali selvatici dal territorio, sia a coloro che sembrano considerare l’uomo un “intruso”, che l’uomo e gli altri animali hanno pari diritto di vivere e utilizzare la Natura. Il problema è raggiungere un equilibrio che noi, nella nostra visione antropocentrica, vorremmo sempre a “misura d’uomo”. Per raggiungere un equilibrio accettabile per tutti la parola chiave è gestione: non considerare gli animali selvatici nè come fonte soltanto di danni, nè come personaggi dei cartoni animati con reazioni e sentimenti umani, da proteggere a ogni costo. La selvaggina è una risorsa anche economica non solo per il turismo e la caccia, ma anche perchè fonte di carni a elevato valore nutrizionale (la carne di selvaggina ha un contenuto proteico di aminoacidi essenziali superiore a quella di tutti gli animali domestici, associato a un bassissimo livello di grassi). Il problema è che in Italia il selvatico è un “bene indisponibile dello Stato” e non proprietà del conduttore del fondo, come avviene in gran parte del mondo. Se si risolvesse questo, forse anche gli agricoltori vedrebbero la selvaggina presente sul territorio sotto un occhio diverso.

    (Marco Braga)

    • Firma - Marco Braga
  11. Certo che in un pianeta di 7.000.000.000 (9 zeri) di umani, al quale stiamo modificando il clima portando a un’estinzione di massa di specie animali mai accaduta nella storia geologica della terra e di cui stiamo impoverendo tutte le risorse naturali sentire qualcuno che scrive così veementi appelli allo sterminio di quei pochi animali che cercano di sopravvivere in un’Italia più cementificata che mai, solo perché osano utilizzare un po’ delle risorse che noi vogliamo a tutti i costi solo per noi, per poter comprarci il suv più grosso, o il prossimo Iphone mi sembra veramente surreale. Come disse un grande, che noi bianchi abbiamo sterminato: “quando l’ultimo albero sarà stato tagliato, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo fiume avvelenato, ci accorgeremo che non si potrà mangiare il denaro”. Vergogna!

    (Alberto Gambarelli)

    • Firma - alberto gambarelli
  12. Ci fidiamo di Redacon e prendiamo quindi per buono il fatto che quanto pubblicato in risposta alla mia presa di posizione sul problema del lupo rappresenti il “pensiero” di chi guida il Parco dell’Appennino, per quanto inusuale appaia l’uso di un “commento” come in questo caso. Siamo, come siamo sempre stati, disponibili a discutere ed a confrontarci e non crediamo che qualche punto esclamativo possa cambiare questo dato di fatto. L’atteggiamento che come Cia abbiamo tenuto sempre non giustifica le rancorose (ed anche un po’ velenose) parole che ci sono state rivolte: abbiamo sempre riconosciuto ciò che si fa, ma questo non vuol dire che tutto sia al meglio. Ad esempio, con le altre organizzazioni abbiamo partecipato alla redazione di un piano di controllo degli ungulati, più volte sollecitato e che il Parco ha adottato, però dopo tre anni; quindi con scarsa sollecitudine. Per quanto possa infastidire qualcuno al Parco, il nostro mestiere è rappresentare gli agricoltori e le loro problematiche: questi non vanno al Parco ad esporre le loro difficoltà e lamentele, vengono da noi, che abbiamo il preciso dovere di rappresentarli. Le difficoltà ci sono, nonostante tutto quel che si è stabilito e che viene fatto: evidentemente non è sufficiente, se vogliamo che accanto al ritorno del lupo nel nostro Appennino resti anche la presenza di chi lavora e mantiene “fruibile” il territorio occorre da parte di ogni istanza interessata un impegno maggiore.

    (Francesco Zambonini)

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    Non inventiamo commenti. Possiamo certamente sbagliare, ma il lettore ci conceda la buona fede.

    (red)

    • Firma - FrancescoZambonini
  13. Povero dott. Zambonini, ti vedo male nella tua difesa della specie rara ma – immeritatamente – non protetta perché non ancora dichiarata in via di estinzione: il Contadino Montanaro. Quando nella risposta dell’ente Parco trovi riportato nelle prime due righe: in attuazione delle leggi nazionali e in attuazione delle norme di legge, vuol dire che sono i pastori (e i loro difensori) che illegalmente si lamentano (qui volevo mettere un ! ma non si può, sarebbe da arroganti…). Dai retta a me, falli proteggere, dopo potrai trattarli alla pari del Lupo.

    (T.Z.)

    • Firma - T.Z.