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Il mondo e il traffico degli armamenti

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I bisogni dei Paesi poveri si traducono in problemi e obiettivi per lo sviluppo. L'unico a beneficiare di sviluppo è, però, il commercio di armi. Le vendite lievitano: 192 miliardi di dollari nel 2002, il 14% in più del 2001. Ciò rappresenta lo 0,5% circa del commercio mondiale. Tra il 1999 e il 2003, l'80% dei trasferimenti di armi convenzionali è stato a solo appannaggio di Usa, Gran Bretagna, Russia, Francia e Germania. Mentre la situazione sta evolvendo in peggio, nel 2002 più di un miliardo di persone sopravviveva con meno di un dollaro al giorno, un bambino su cinque non terminava il ciclo di scuola primaria, 14 milioni di bambini restavano orfani a causa dell'Aids, 800 milioni di persone circa soffrivano di fame cronica e mezzo milione di donne morivano durante la gravidanza o il parto. Nel frattempo, il 66% del totale delle forniture di armi a livello internazionale, per un controvalore di 17 miliardi di dollari, veniva trasferito in Asia, Medio Oriente, Africa e Sud America. Il 90% di queste armi era stato prodotto dai cinque membri permanenti dell'Onu, Usa, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna.

Il peso del traffico d'armi si è così abbattuto sul terzo mondo. Sette Paesi sottosviluppati hanno dato più per l'esercito che per la sanità e l'educazione sommate insieme: Oman, Siria, Myanmar (ex-Birmania), Sudan, Pakistan, Eritrea, Burundi. Quattordici paesi hanno investito più sugli armamenti che sui settori dell'istruzione o della sanità, presi singolarmente: Cambogia, Cina, Sri Lanka, Iran, Arabia Saudita, Giordania, Turchia, Etiopia, Rwanda, Angola, Nigeria, Sierra Leone, Guinea Bissau, Ecuador. In giro per il mondo ci sono oggi 639 milioni di armi leggere; ogni giorno ne vengono prodotti 8 milioni. Amnesty International, Oxfam e Iansa (Rete internazionale d'azione sulle armi leggere) hanno lanciato nell'ottobre scorso la campagna per il controllo delle armi, affinché si arrivi all'accordo per un Trattato sul commercio di armi. "Senza un controllo severo," si legge nel comunicato di Oxfam "le armi continueranno a stimolare violenti conflitti, la repressione di stato, il crimine e gli abusi domestici". "La vita delle persone" commenta Barbara Stocking, direttrice di Oxfam "non avrà pace e sarà sempre rovinata da queste armi impugnate dalle mani sbagliate".

In Africa - L'Africa rappresenta il teatro privilegiato per la proliferazione delle armi leggere, le vere armi di distruzione di massa. Un dossier dell'agenzia Fides segnala diversi punti chiave della condizione drammatica del continente, dove si riciclano vecchi armamenti da arsenali occidentali in corso di rinnovamento, da arsenali smantellati in conflitti recenti o durante la Guerra Fredda. Sul mercato africano arrivano anche nuovi sistemi di produzione, per accontentare le milizie mercenarie arruolate dai Paesi che, indeboliti, non riescono a difendere le risorse minerarie con l'esercito regolare.

Anche le multinazionali si appoggiano a soldati di ventura per scatenare conflitti locali tra forze ribelli e mantenere licenze e contratti di estrazione. I recenti scontri tra Rwanda, Congo e Uganda ne sono la prova: la zona è ricca di coltan, utilizzato dall'industria telefonica, e di recente sono emersi giacimenti petroliferi finora trascurati. In Africa, c'è chi lucra sul commercio di armi fomentando le guerriglie regionali e c'è chi la vede come campo di prova per ridisegnare gli equilibri geopolitici, in particolare Usa e Francia. "Le armi in circolazione vanno ad alimentare circuiti illegali che riforniscono violenze e delinquenza", si legge nel dossier Fides "Tuttavia la situazione è tragica, ma non disperata: da 100 milioni di pezzi si è passati a 30 milioni, il 5% di tutte le armi in circolazione nel mondo. Sono stime che rendono possibile l'attuazione di programmi di disarmo".

Relazioni allarmanti - Al prezzo di un aereo da combattimento supersonico, circa 47 milioni di dollari, si potrebbero allestire 40 mila farmacie da villaggio e si potrebbero salvare 213 mila bambini affetti da Aids.
Per salvare un neonato affetto da Aids in Africa, con un trattamento completo di cura bastano 169 dollari, compresi gli alimenti.

Ma non è finita: con l'1% della spesa militare mondiale l'agricoltura dei Paesi a basso reddito potrebbe accrescere la produzione mediante l'acquisto di attrezzature migliori, e permettere così un regime di autosufficienza per 20 anni.
Armi, vita, speranza e morte: tutto pare collegato. I 100 miliardi di dollari spesi per la guerra in Iraq basterebbero a guarire 1,5 milioni di bambini iracheni da infezioni gastrointestinali. Oltre gli esseri umani, la guerra in Iraq sta avendo un prezzo alto soprattutto in termini di denaro e armamenti: i principali titoli dell'industria degli armamenti hanno guadagnato dal 20% all'80%, a Wall Street, nei mesi successivi alla tragedia dell'11 settembre.

CONTROLLARMI - Rete Italiana per il Disarmo
CONTROL ARMS - Campagna internazionale per il controllo del commercio delle armi, vedi i report di Amnesty International, Oxfam, Iansa, dal titolo "Guns or Growth?" e "Guns and Policing".
La questione delle armi in Africa - Dossier Agenzia Fides