Riceviamo e pubblichiamo.
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E’ proprio vero che nell’incuria del territorio non vi sono responsabilità “tecniche”!? E dove è andato a finire il buon senso di una volta?
Con riferimento all’incuria del territorio e ai danni da maltempo, abbiamo letto in questi giorni sulla stampa locale articoli ed opinioni che si richiamano al ruolo e all’attività dei consorzi di bonifica; e ci ha colpito un titolo di particolare effetto: RINCORRIAMO GLI ERRORI DI CHI HA DEVASTATO IL TERRITORIO.
Parole che sembrano voler segnare una presa di distanza dalla politica da parte di un organismo tecnico, visto che nello scritto si stigmatizzano le indiscriminate urbanizzazioni degli ultimi decenni (urbanizzazioni che, salvo gli abusivismi, noi sappiamo essere figlie dei piani regolatori via via approvati dai pubblici amministratori, espressione a loro volta della politica).
Se non abbiamo sbagliato l’interpretazione di quel titolo, viene da fare una duplice considerazione.
Guardandoci intorno, è effettivamente difficile negare la vocazione “cementiera” di molte amministrazioni locali, che con le loro decisioni hanno profondamente trasformato, ovvero trasfigurato secondo altra e più forte terminologia, il nostro vecchio e suggestivo paesaggio rurale, oggi disseminato di insediamenti abitativi e industriali, non pochi dei quali sono rimasti invenduti o sono ora inutilizzati.
Ad onor del vero molte delle passate scelte urbanistiche, che hanno “consumato” parecchio territorio agricolo, sono avvenute per rispondere ad esigenze socio-economiche dell’epoca o sotto la spinta dei diversi corpi sociali, mentre oggigiorno sarebbero molto meno spiegabili e giustificabili visti gli effetti che hanno prodotto.
Non si comprende ad esempio perché mai nei mesi scorsi si volesse costruire il nuovo canile della montagna a Canova di Ramiseto, in una campagna intatta e pregevole sotto il profilo ambientale, invece di puntare all’utilizzo di un immobile esistente come era avvenuto a suo tempo per il canile comprensoriale di Villa Minozzo.
Nel contempo viene però spontaneo chiedersi se dietro a quelle scelte urbanistiche e territoriali fatte dai politici di ieri, ma anche di oggi, come abbiamo appena visto, non vi fossero “suggeritori” tecnici, che le hanno assecondate ed avallate (per convinzione o per cortigianeria, ossia per compiacere alla politica o per qualsivoglia altro motivo).
In buona sostanza, mi sembra di poter dire che in generale - con le dovute ed ovvie eccezioni - la distinzione fra TECNICA e POLITICA non è sempre così netta e precisa e ciascuna delle due parti fatica a tirarsi fuori da scelte ed opzioni del passato che possiamo definire comuni; e che oggi, col senno del poi, appaiono sbagliate o perlomeno non ottimali. Scelte che potevano probabilmente essere evitate affidandosi maggiormente al tradizionale buon senso di una volta, o forse il nostro attuale tessuto sociale ha perso per strada l’autorevole sistema dei contrappesi vigente un tempo fra le istituzioni, politiche e tecniche che fossero, fonte di un naturale e reciproco controllo.
(Giovanni Ferrari, Vetto)
Approvo ciò che sostiene il signor Giovanni Ferrari. A palazzo Alende sulla stima dei danni, emenge che la causa principale è riconducibile al cemento, in parte vero, all’intensità di pioggia, ecc. Ma un’analisi più profonda, come mi sembra di capire in questo commento, non emerge. Un mea culpa di chi per anni ha svolto mansioni e incarichi pubblici non esiste, come spesso e sovente accade, la colpa è di tutti cioè nessuno. Sono consapevole del fatto, colpevolizzando il problema esiste e continua, consapevole dei danni, e dei soldi che non ci sono, come ha ribadito il capo della protezione civile. Vista e considerata la realtà il minimo auspicabile è che chi per numerosi anni ha rappresentato i cittadini dovrebbe dimettersi. L’inizio del cambiamento è riconoscere il proprio fallimento “politico” appunto dando (onore) alla vera “Politica” dove tutti i cittadini sono disaffezionati.
(libero pensante)
Caro signor “Libero Pensante”, a prima vista la sua idea di “licenziare” tutti coloro che ci hanno rappresentato ed amministrato in questi anni – cioè la strada delle loro dimissioni in massa perché consapevoli del proprio fallimento politico – può effettivamente sembrare una forma di risposta proporzionata agli innumerevoli problemi, di vario genere, che stanno affliggendo le nostre comunità. Anche a me fa molto stupore, per non dire altro, che la presidente della Provincia si accorga solo ora della sovrabbondante urbanizzazione del nostro territorio e che si sia ecceduto in certi tipi di coltivazione, come se in questi anni la Presidente fosse vissuta altrove. Fra l’altro, dichiarazioni di questa sorta e portata, proprio dalle sue labbra, inducono giocoforza a chiedersi che senso abbia mantenere in vita una entità come Provincia (dal momento che non ha saputo “governare” l’uso del territorio, funzione di importanza primaria e strategica visto che il territorio reggiano non è un bene smisurato e inesauribile). Ciò detto, lo stesso principio di “allontanamento” dovrebbe però valere anche per una buona fetta della classe dirigente del nostro Paese, che ora scarica sulla sola parte politica scelte cui invece ha attivamente contribuito, almeno secondo la mia opinione. E che dire poi dei tanti meno noti che alla politica hanno verosimilmente chiesto piaceri e favori (dietro ad ogni autorizzazione a costruire in zone sconsigliabili sul piano ambientale, visto che parliamo di urbanizzazione, c’è inevitabilmente qualcuno che ne ha fatto richiesta). Quello che prospetta il “Libero Pensante”, e non è certo il solo a pensarla così, sarebbe pertanto una “rivoluzione” ciclopica, ma saremmo poi sicuri che quelli del tutto nuovi, e sconosciuti, si dimostrerebbero migliori dei precedenti? La storia è stracolma di esempi di “rivoluzionari” che hanno spodestato il monarca o il tiranno di turno soltanto per prenderne il posto, e per poi esercitare un potere ancora più assoluto e dispotico. Non a caso nelle mie considerazioni avevo volutamente accennato al SISTEMA dei CONTRAPPESI, che mi sembra l’unico in grado di garantire nel tempo il giusto equilibrio tra i poteri, elettivi e non, e in grado anche di evitare che uno degli stessi possa prendere arbitrariamente il sopravvento su tutti gli altri (con tutte le relative e indesiderabili conseguenze per chi si trova a subirne gli effetti).
(Giovanni Ferrari)
Signor Ferrari, il mio pensiero sicuramente forte è il frutto dello stato comatoso in cui viviamo la percezione reale del territorio. A me non piace far di un’erba un fascio, non sono il tipo. Lei parla della Masini, io no! Se tutto fosse riconducibile a lei, nel 2014 finisce il mandato, poco male. Metto in luce quello che è sotto gli occhi di moltissima gente. Lei, se ho interpretato bene, parla di contrappesi, cosa intende dire? Lo Stato, la Regione, la Provincia, la Comunità montana, il Comune? A parer mio sono enti che godono di autonomia ed esercitano prerogative di contrappeso. Questo sistema ha retto fino ad oggi: è vero oppure no? Non le sembra una macchina costosa, burocratica? Nel contempo, simili fra loro nell’eseguire mansioni e competenze? Se si riferisce ad altri contrappesi dica pure. Lei sostiene, se vogliamo usare una metafora/slogan in voga, “usato sicuro”, perché no! Rispettabile. Ma qua si divide il nostro modo di vedere le cose, fra me e lei c’è un salto generazionale, pertanto sono dell’idea “usato sicuro” dipende da chi guida la macchina. Mi pare di evidente stallo politico/istituzionale la realtà dopo le elezioni, circa 50 giorni senza un governo. “Usato sicuro” ha portato a questo. Colpe? Tante! Perché la legge elettorale non è stata cambiata quando era ora? A volte il cambiamento è necessario, come minimo dell’autista, chi preferisce viaggiare ancora in queste condizioni, chi vorrebbe cambiare autista, chi viaggia con il nuovo, tutte forme democratiche. La mia non vuole essere una rivoluzione ciclopica, ma un cambiamento doveroso, basilare infine virtuoso, alcune nazioni europee da tempo lo sono.
(Libero pensante)
Come dice “Libero Pensante” – cui devo una risposta – è molto probabile che sia proprio lo stacco generazionale a farci avere una visione un po’ differente delle cose. Circa il trascorso Sistema dei Contrappesi, cui ho fatto cenno affidandomi ai mie ricordi, nel vecchio ordinamento i Prefetti avevano maggiori attribuzioni e, diversamente da oggi, nominavano anche i Segretari comunali, operava inoltre il CO.RE.CO, un organismo che aveva funzioni di controllo sugli atti delle Province, Comuni e altri Enti Locali e vi erano corpi sociali e istituzionali che esercitavano un ruolo importante nei confronti della politica. Vigeva, in buona sostanza, secondo l’idea che mi sono fatto nel corso degli anni, un insieme di “poteri” abbastanza indipendenti tra loro che si controbilanciavano vicendevolmente.
(Giovanni Ferrari)
Probabilmente in quel momento storico, quel tipo di contrappesi aveva ragione d’esistere. Oggi non credo sia la soluzione ideale, l’Italia è piena di pesi e contrappesi a tal punto di bloccarsi o, meglio, burocrazia amplificata all’ennesima potenza. Questo risultato rende i tempi più lunghi, alto il costo di gestione, collasso dei servizi e di tutto l’indotto. La “macchina” pubblica richiede snellimento. Il problema evidente sono le corporazioni, cioè fior di consulenti o tecnici compiacenti con il “podestà” di turno. Vogliamo fare un esempio eclatante? E’ normale la decisione, in primis politica poi tecnica, sulla realizzazione del ponte di Calatrava? Visto e considerato il territorio circostante? La provincia è fatta anche di montagna come tutti sono a conoscenza. Si provi a fare una verifica di quanto è stato speso per le opere di Calatrava e i danni odierni della montagna. Posso essere tacciato dalla solita obiezione che quelle opere si proiettano nel futuro. Da profano, futuro ne vedo poco, chi percorre con il proprio veicolo il ponte di “Calatrava” noterà le carreggiate ridotte ai minimi termini, perchè? Che cognizione tecnica si deduce?
(libero pensante)