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Frane / Nel reggiano una prima stima danni parla di 33,6 milioni

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Consiglio provinciale

Ammontano a 33,6 milioni i danni, secondo una prima stima ancora parziale, provocati dalle ondate di maltempo che si sono susseguite dal 17 marzo e che hanno provocato l’attivazione di decine di frane e smottamenti in collina e in Appennino, nonché diffusi allagamenti in pianura. E’ quanto emerso oggi pomeriggio a Palazzo Allende nel corso di un affollato incontro promosso dalla Provincia di Reggio Emilia, in accordo con la Prefettura, con i sindaci, i tecnici di Iren, Bonifiche e Servizio tecnico di bacino della Regione ed il coordinamento delle associazioni di volontariato di Protezione civile.

"Abbiamo presentato richiesta di stato d'emergenza alla Regione la quale, a sua volta, ha fatto medesima richiesta per tutto il territorio regionale e il Dipartimento nazionale della Protezione civile, sabato con il responsabile Franco Gabrielli, domenica con i propri tecnici, ha già avuto modo osservare la situazione - ha affermato la presidente Sonia Masini aprendo i lavori- C'è un problema che riguarda tutto l'Appennino anche se non nella stessa misura, ciò dipende anche dalla piovosità che a Reggio Emilia è stata più intensa che altrove. Nel Reggiano ci sono più di venti comuni che stanno risentendo di quest'ultima ondata di maltempo, non solo in collina e montagna, ma anche in pianura".

"Abbiamo chiesto di utilizzare la legge che prevede pronti interventi dove ci sia rischio per l'incolumità delle persona, ma ci è stato detto che forse bisognerà adottare un altro provvedimento da parte del Parlamento - ha riferito la presidente - La verità è qualcuno deve dare delle risposte rapide perché noi abbiamo bisogno di riscontri immediati. La priorità è la messa in sicurezza delle persone, dei centri abitati, delle aziende e delle strade".

 Di fronte alle emergenze si è risposto come  sempre con preparazione elevata e grande senso di responsabilità da parte di tecnici, dipendenti e amministratori; gli interventi degli anni passati sono stati efficaci e, dunque, i soldi spesi qui sono stati spesi bene, ma ora, oltre a contare i danni, dobbiamo anche preoccuparci del futuro e riconoscere che si è urbanizzato troppo il nostro territorio – ha aggiunto la presidente Masini - Il nostro Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) viene spesso ignorato, si è costruito troppo anche in luoghi sbagliati e il risultato è che il troppo cemento, unito all’abbandono dei terreni a monte, non permette più al terreno di ‘bere’ come un tempo. Anche certe arature eccessive o coltivazioni intensive da parte degli agricoltori non aiutano, e credo che dovrà essere avviato, insieme alle associazioni agricole, un ragionamento sull’uso corretto del territorio”.

La presidente della Provincia ha poi fatto sapere che dopo il sopralluogo effettuato nella valle del Secchia, un'altra ricognizione insieme alla Regione interesserà la Val d'Enza. "C'è la preoccupazione per lo scioglimento di tutta la neve. Speriamo di tornare alla normalità - ha auspicato la presidente - Da metà aprile dovrebbe arrivare la bella stagione. Si pensa che il peggio sia passato".

Infine la presidente ha proposto un incontro con i parlamentari e i consiglieri regionali reggiani "per avere risposte sulla richiesta di stato d’emergenza al più presto".

 

“Da sempre la nostra provincia è caratterizzato da una elevata franosità, tanto che sono ben 315 i chilometri quadrati, praticamente un quarto del territorio collinare e montano, interessati da circa 8.000 tra frane attive e quiescenti”, ha poi spiegato la responsabile della Unità operativa Difesa del suolo e Protezione civile della Provincia di Reggio Emilia, Federica Manenti. Ben 7 i comuni che superano un indice di franosità di 25, in una scala che va da 0 a 50: Toano (che presenta il valore più elevato, 46), poi Busana, Ramiseto, Villa Minozzo, Baiso, Castelnovo Monti e Viano.

Cause scatenanti – oltre alle caratteristiche litologiche dell’Appennino (argille plastiche o minerali solubili, come i gessi), alle pendenze e alla vicinanza delle falde acquifere – appunto condizioni climatiche estreme, come quelle che sempre più spesso purtroppo si verificano. Precipitazioni intense e irregolari e consistenti variazioni di temperature, finiscono infatti per amplificare i danni provocati dal progressivo disboscamento (con l’assenza dell’azione protettiva di tipo meccanico offerta dalle radici) o dall’azione dell’uomo (scavi o sbancamenti). E in queste ultime settimane, gli eventi meteorologici avversi non sono cert0 mancati: “Soltanto tra il 17 e il 18 marzo Arpa ha registrato oltre 100 millimetri di pioggia accumulata nel Reggiano, con punte di 170,  e tra il 4 e 6 aprile si sono avute altre intense e prolungate precipitazioni”, ha aggiunto Federica Manenti.

Pesante il bilancio: 20 abitazioni evacuate e una prima stima ufficiale, aggiornata a oggi, di 33,6 milioni di euro tra 8,6 milioni per pronti interventi e lavori di somma urgenza, 9 milioni di danni alla viabilità provinciale (6,8 per strade, 2,2 per manufatti, ponti in particolare) e 16 milioni stimati per ripristino e messa in sicurezza di centri abitati, viabilità comunale e opere di bonifica.