La storia delle Brigate Rosse partì con un convegno a Pecorile, in comune di Vezzano e altre riunioni in quel di Casina. Di ieri la notizia della morte di Prospero Gallinari, commentata in maniera anche molto diversa dalla stampa. Riceviamo e pubblichiamo questo contributo.
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Perché tanta indulgenza sulla figura del brigatista prospero Gallinari?
La domanda mi è sorta spontanea dopo aver letto i commenti di tanti persone, che appena appresa la notizia della improvvisa morte di Prospero Gallinari hanno voluto rilasciare dichiarazioni piuttosto sconcertanti.
Ora è giusto manifestare una umana pieta per chiunque muoia , ma trovo incomprensibile una specie di aura positiva, quasi di stima, innalzata da amici e conoscenti di Gallinari, solo perché questi non si è pentito o non si è dissociato a suo tempo; non dimentichiamoci che stiamo parlando di un terrorista condannato all'ergastolo per tanti omicidi.
Non regge il tentativo di giustificare storicamente la scelta della lotta armata fatta negli anni 70 da giovani di sinistra e anche di destra, principalmente le Brigate Rosse, che hanno ucciso centinaia di uomini, magistrati, forze dell’Ordine, politici, solo sulla base di una pseudo ideologia rivoluzionaria e comunista.
Ai giovani d’oggi va raccontata la verità e quindi nessun alibi di tipo politico verso coloro che gettarono il Paese nel buio della follia omicida per fermare un processo politico, caldeggiato da Aldo Moro, e fatto proprio dalla Democrazia Cristiana per un allargamento della legittimazione democratica anche alla sinistra politica e sociale.
Ora sulla uccisione di Aldo Moro e sugli uomini della sua scorta sarà la Storia a decifrare quanto ancora non è stato compiutamente dimostrato, ma è indubbio che la matrice e la responsabilità oggettiva e sostanziale siano tutte in capo alle Brigate Rosse.
Così come è stato vincente, oltre al lavoro delle Forze dell’Ordine per sconfiggere quel fanatico terrorismo l’impegno e l’unità delle forze politiche e sindacali, che si trovarono a contrastare un fenomeno culturale assai pericoloso presente in certe aree della cultura italiana e in certe grandi fabbriche italiane che si esprimevano con frasi aberranti come “ sono solo compagni che sbagliano” e ancora con l’orrendo slogan “nè con lo Stato né con le Brigate Rosse” .
Proprio perché insieme ad altri giovani sindacalisti di allora mi trovai a combattere fermamente il fenomeno del terrorismo, andai a commemorare la morte di Aldo Moro alla “Gallinari” nota fabbrica ove spirava vento di simpatia per le Brigate Rosse, vorrei invitare i giovani ad approfondire lo studio di quegli anni, caso mai chiedendo alla stessa Scuola di farsi carico di un lavoro di ricerca e di confronto con i testimoni di allora.
Sento, infine, la necessità di esprimere di nuovo in questa occasione la mia solidarietà alle famiglie delle vittime del terrorismo il cui dolore spesso viene ignorato per un misero calcolo mediatico e mercantile, fa più notizia il criminale che l’innocente e mi piace ricordare a tutti noi una frase, anche se dura, dettata da una moglie e madre il cui marito fu ucciso dalle Brigate Rosse “ un assassino non diventa mai un ex, rimane sempre un assassino”.
(Mario Poli, capogruppo Udc per la Provincia di Reggio Emilia)
Concordo pienamente con ciò che è stato detto dal sign. Poli.
(Un giovane)
Condivido anche se gli eventi avvenuti in quel periodo storico difficilmente si possono ridurre a quello che ufficialmente si pensa di sapere.
E’ un tema delicato che ha coinvolto partiti predominanti d’allora. Come sempre ci sono mezze verità.
(D.F.)
A me è parso allucinante che la stampa abbia trattato la notizia della sua morte come quella di una grande persona.
(Luchino)
Con rispetto per la morte di un essere umano, era uno stragista. Di fatto o ideologo, pur sempre stragista. Mica un eroe.
(Perplessità)
Se qualcuno accetta, anche velatamente, che ideologie rivoluzionarie giustifichino l’uccisione di persone innocenti o che verità, in parte nascoste, attenuino la gravità di quanto commesso, è il peggio del peggio; ragionando così a Hitler e a tanti altri dittatori andrebbe riconosciuta la medaglia d’oro.
Chi uccide è sempre un assassino, ma chi uccide uno o più innocenti lo è molto di più e non merita certo onori “sottintesi” da parte di nessuno; e ribadisco “nessuno”, qualunque bandiera porti.
(Lino)
L’umana pietà… d’accordo. Ma tutte quelle pagine di giornale di umana pietà (o forse osannazione?) mi sembrano eccessive e ritengo che quello che successe purtroppo fossero questioni piuttosto oggettive, le “mezze verità” forse erano quelle che scriveva L’Unità al proposito…
(M.G.)
E’ morto, lasciatelo stare, se esiste un Dio, ne pagherà le conseguenze per l’eternità! Siete voi che con i vostri commenti, che lo avete fatto diventare una notizia!
(L.C.)