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“Si fa presto a dire Parco” ora è un libro

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Fausto Giovanelli, presidente del Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano

È uscito "Si fa presto a dire Parco", un libro sotto forma di intervista sulla storia, l'attualità e gli scenari futuri del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano, pubblicato da Studio Nobili Edizioni.
In premessa uno scritto di Giovanni Lindo Ferretti del '96; in appendice atti e scritti fondamentali del Parco; in mezzo un racconto illustrato con 16 foto e altrettante citazioni. Il corpo del libro si articola in tre titoli evocativi: "Sorgenti del Parco", "Da zero a cento" e "A lungo e ancora innovazione".

L'intervistatrice è Emanuela Rosi, giornalista de "La Nazione", l'intervistato è Fausto Giovanelli, presidente da poco riconfermato.

 A lui chiediamo anzitutto:

Perché questo libro?

Perché ci credo.

Credo che rispettare e proteggere la natura sia una cosa bella, giusta e importante per l’umanità,  che la natura e la bellezza siano valori senza tempo e senza colore politico attraverso la storia e al di là della cronaca.  I Parchi,  nella protezione di questi valori, su tutto il pianeta, sono uno strumento importante riconoscibile e riconosciuto da più di un secolo ad oggi e molto quasi sicuramente anche nel prossimo futuro. E' stato bello e importante costruire un Parco nazionale qui nell’Appennino tosco-emiliano.

Tra mille problemi, e al di là di com’è governato, il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano è un valore aggiunto in grado di creare nuove opportunità. Negli ultimi anni un Parco nazionale nell’Appennino tosco-emiliano è effettivamente nato ed è ancora carico di potenzialità.

Riservo la parola “fede” a valori diversi e più alti di un Parco nazionale che alla fine è solo un Ente Pubblico, con tutti i limiti di ciò che è umano, sociale e perciò anche politico. In buona fede, però, sono convinto che il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano sia una cosa buona e che meriti farlo crescere ancora.

A chi può piacere questo?

A chi, per un motivo o per un altro, per affetto o per disprezzo, nel bene o nel male, abbia a cuore il Parco Nazionale e il nostro Appennino. Ma non posso saperlo a priori...

Lei dove è?

Sono nella parte di uno che lo ha voluto tanto tempo fa e ancora oggi lo vuole; di uno che deve delle risposte, ma vuole anche far conoscere e nuovamente discutere; di uno che adesso è il presidente, ma non è stato e non è solo quello. Un amministratore che media con la realtà e un tifoso naturalmente di parte!

E la sua  anima?

E' nell'intenzione, ma è anche un po' trattenuta tra le righe, credo che traspaia qualcosa di un legame affettivo con il mio territorio che si è rafforzato negli anni della lontananza.

Perché si sa poco del parco?

Perché, per un verso è giovanissimo e per un altro viene consumato nella cronaca di giornata. Il senso, il filo conduttore, la prospettiva storica, la base giuridica nazionale, sono cose complesse che, da parte di un cittadino comune non si possono cogliere senza uno sforzo. Si parla del Parco nazionale come fosse un ente locale aggiuntivo, o un consorzio di bonifico, o una cassa depositi e prestiti, o una riserva naturale o un gruppo di fanatici della natura o di poliziotti dei boschi . In realtà è una cosa molto diversa. Serve tempo e confronto e anche un libro può aiutare.

Lei è reduce da una spedizione in Himalaya. Per conoscere meglio la propria cultura, occorre allontanarsene. Cosa hai visto del Parco da lassù ?

Questa volta ho visto il Mustang (un pezzo di Tibet dentro i confini del Nepal). L'abbiamo attraversato a piedi proprio mentre sta arrivando la prima strada e la corrente elettrica. Ho visto l'Appennino come lo raccontavano i miei genitori, le foto di Civago e di Succiso, ancora senza strada e senza corriera. Ho ripensato alla storia dell'Appennino, e ho pensato che ristrutturare il territorio e trapassare le montagne è più facile che cambiare la mentalità di chi ci abita.

Cosa desidera per il Parco?

Le cose che ho detto a Emanuela Rosi.
Completare la costruzione e il profilo identitario che abbiamo cominciato, attrarre risorse umane e intelligenze che abbiano l'orgoglio nel territorio e nella professione, essere nella trincea di quelli che si misurano con la crisi senza precedenti di questa fase storica. E non per aggiungere una voce a chi la descrive, ma per dare un'opportunità a chi è disposto a cambiare per superarla.