Ci sono alcune cose che spaventano. Come il vivere trincerati in casa, non dormendo la notte per vegliare contro i furti. Accade in queste ore in troppe case d’Appennino.
Il vederci derubati delle nostre cose, l’assistere al rientro alla violazione del domicilio o, peggio, imbattersi in casa con degli sconosciuti manigoldi sono accadimenti destabilizzanti per il nostro vivere civile. Ci piace ripeterci, e a volte ne siamo convinti, che in montagna si sta bene, anche, per la differente qualità della vita. Un indicatore in tal senso è, ovviamente, il tasso di criminalità. Ma la sequela di furti che in questi giorni sta colpendo le nostre case – senza sapere domani a chi toccherà – pare minare questa certezza. Nei capoluoghi è ormai consuetudine da anni chiudere a chiave la porta di casa. Ora anche nei borghi ci si attrezza in tal senso e si ha paura a lasciare la chiave sulla toppa: secondo una certa visione questo significa perdere la sicurezza di vivere in un luogo tranquillo, non blindato, non fortificato.
E, invece, l’ultimissima nota stampa del sindaco castelnovese Marconi invita a chiudere la porta. E’ un appello sensato. E’ un appello che vuole ridare lustro alla Polizia municipale. Ma è la certificazione di un tempo che cambia e, anche, dell’incapacità della nostra civiltà di opporsi concretamente a questi fatti incresciosi. Mentre vi scriviamo riceviamo la telefonata di chi, la notte scorsa, non ha quasi chiuso occhio per prestare attenzione a rumori sospetti, sostituendosi di fatto all’autorità preposta. Intanto, sappiamo che i carabinieri hanno intrapreso una massiccia operazione di pattugliamento del territorio, anche nei paesi più isolati. Vani, al momento, i risultati. E dal carpinetano al castelnovese al ramisetano è un passaparola che fa paura: furti di notte e di giorno.
Accade, anche, qualcosa che ci stupisce. Una banale multa forse erroneamente sollevata, sul nostro sito accende una sollevazione di proteste contro la Polizia municipale castelnovese che, va detto, in molte situazioni opera per il bene di tutti. Ma una reazione così vibrante a un episodio di per sé di poco conto (un potenziale banale errore) solleva nei commenti dei lettori alcuni ingombranti interrogativi. Come l’impiego delle forze municipali per ‘fare cassetta’ (chi non ricorda il velox nella tangenziale di Felina con un bizzarro limite dei 50 km/h?), per controllare minuziosamente le infrazioni sui parcheggi (che troppo spesso mancano), alla richiesta di disponibilità verso chi si sente vittima di una errata sottrazione di denaro.
Tra i primi commenti a questa protesta concreta e virtuale spicca anche quello di Enrico Bini, presidente della Camera di commercio (e del qualche anche si vocifera come papabile futuro sindaco). Addirittura deve intervenire il sindaco per rispondere in prima persona a un cittadino multato: un fatto che forse si commenta da solo.
Togliere con un furto gli averi di una persona dalla propria abitazione, incombere su un cittadino con multe ancora più pesanti (ancorché corrette) in momenti di crisi sono insegnali di una dimensione umana che, l’Appennino, può riconsiderare a beneficio di un vivere diverso e premiante rispetto alla pianura. Non affrontiamo qui, per non appesantire la lettura, il tema della diffusione della cocaina sul quale, da un annetto, troppo poco si parla.
Sono d’accordo sul fatto che fare tante polemiche per una piccola contravvenzione in un periodo nel quale i problemi per il nostro Appennino sono ben altri e più sentiti da tutta la popolazione. In modo particolare dai giovani che ancora continuano con caparbietà a resistere sul nostro Appennino, tanto decantato dai nostri politici, specialmente nei periodi preelettorali e poi naturalmente snobbati una volta eletti. Purtroppo, data la mia non più giovane età, ho potuto ascoltare promesse da ogni schieramento politico, ad ogni campagna elettorale, per poi assaporarne la delusione una volta ottenuta la sedia; tutti uguali, fin’ora non se ne è salvato uno dei politici che sono venuti a raccogliere i voti in montagna, altrimenti il nostro Appennino non sarebbe ora ridotto com’è; vecchi che purtroppo sono morti e giovani costretti ad emigrare come subito dopo la guerra, ma allora almeno potevamo dare la colpa al fascismo ed alla triste guerra che ne è seguita. Ora invece non possiamo attribuire la colpa del disastro economico che da tempo sta attraversando l’Italia, da nord a sud, non sta risparmiando nessuno tra i ceti più deboli, costringendo molte famiglie a non sapere come coniugare il pranzo con la cena. Voglio sperare che a questa povera gente non venga tolto anche l’ultimo barlume di speranza in un futuro miglioramento delle proprie condizioni economiche non tanto lontano, altrimenti non so a cosa potremo andare incontro. E forse anche per questo che stiamo assistendo a un degrado di valori specialmente tra i giovani, i quali, delusi dalla società attuale, si rifugiano in paradisi artificiali, quali le droghe, oppure più frequentemente l’alcool avendolo più a portata di mano e costando di meno, nella quasi indifferenza delle autorità sia sanitarie che pubbliche, forse non rendendosi conto a sufficienza della gravità del problema, che va sempre più diffondendosi specialmente tra i giovani. Speriamo che qualcuno si decida a fare qualche cosa, prima che ci ritroviamo con i nostri ospedali trasformati in case di recupero per ammalati di alcolismo. Ciao da Beppe e dal Gruppo di alcolisti anonimi il Sentiero di Castelnovo ne’ Monti.