Da alcuni commentatori si è definito il momento attuale di profonda crisi dell’eurozona come una guerra finanziaria.
Credo che tale valutazione non sia tanto distante dalla realtà. Assistiamo infatti a veri e propri scenari che si spostano da una parte all’altra del nostro continente, ora la Grecia poi l’Irlanda, poi il Portogallo, poi la Spagna e l’Italia, a da ultimo anche Cipro.
Ai cambi di scenario corrispondo i cambi degli attori sul palcoscenico, anche se il modus operandi appare sempre lo stesso…dapprima si nega nel modo più assoluto che il proprio paese abbia bisogno di sostegno finanziario, poi incominciano i negoziati segreti sulle condizioni che il paese dovrebbe accettare qualora l’aiuto si rendesse necessario, ed infine si assiste allo spettacolo della “mano tesa” dello Stato che chiede aiuto. Alle “condizionalità” imposte in parallelo agli “aiuti” seguono inevitabili le tensioni sociali, che riempiono le piazze e devastano il futuro di intere generazioni.
In tutto questo, per un dato assolutamente occasionale, mi sono trovata a leggere il Trattato di Pace dell’Italia con le potenze alleate conseguente alla guerra 1940-1945 (decreto legislativo C.P.S. 28 novembre 1947 n. 1430).
Vi si parla – tra le tante “condizioni” imposte al nostro Paese anche della cessione dei territori; quanta storia dietro quelle righe sulla carta del Trattato, quanta sofferenza per quegli italiani dei territori ceduti con il Trattato e che dovevano scegliere, “prendere o lasciare”, se rientrare nel territorio rimasto italiano o rinunciare alla cittadinanza italiana accettando quella straniera.
La crudezza di quelle condizioni imposte dai “vincitori” si riverberava anche sul profilo finanziario per quegli italiani che si trovavano nei territori passati sotto la sovranità di altri Stati.
E’ cosi che - con un po’ di preoccupazione - ho letto l’Allegato XIV del Trattato, intitolato “disposizioni economiche e finanziarie relative ai territori ceduti”. Il paragrafo 5 è uno specchio che non vorrei trovarmi di fronte qualora si arrivasse all’uscita dell’Italia dall’euro (che secondo alcuni giuristi internazionali dovrebbe comportare anche l’uscita del Paese dall’Unione Europea). La sua lettura dovrebbe far riflettere oggi quegli italiani che hanno pensato di trafugare illegalmente capitali all’estero, magari riempiendo cassette di sicurezza nelle banche svizzere, cagionando deflusso di valuta dal nostro sistema finanziario, e creando un considerevole danno all’intero apparato anche economico.
Leggiamo il paragrafo 5 “Lo Stato successore procederà alla conversione nella propria valuta della valuta italiana detenuta entro il territorio ceduto, da persone fisiche che continuino a risiedere in detto territorio o da persone giuridiche che continuino a esercitare in esso la loro attività. Si potrà esigere che i detentori forniscano piena prova dell’origine dei fondi presentati alla conversione”.
Invito coloro che hanno esportato illegalmente all’estero i capitali a riflettere su questo tema; lo Stato italiano, qualora dovesse arrivare alla uscita dall’euro, potrebbe subordinare la conversione nella nuova moneta nazionale delle valute straniere (e queste saranno euro, dollari, franchi svizzeri, dollari canadesi ed australiani, yen…), alla piena prova dell’origine dei fondi presentati alla conversione.
Queste cautele che risalgono almeno al 1947 possiamo essere certi che sono ben conosciute dal nostro legislatore, che di certo non sarà tenero con coloro che “evasori fiscali” o “furbetti” avranno contribuito ad indebolire il sistema finanziario italiano, portandoci alla terra incognita di una nuova avventura valutaria.