Home Cronaca Gli ammassi dismessi di Febbio

Gli ammassi dismessi di Febbio

119
7

“La bellezza ci salverà” è stato uno degli slogan del congresso di Legambiente nazionale dello scorso dicembre, ma a quanto pare a Febbio di Villa Minozzo questo motto sembra non trovare casa. “Continua la nostra inchiesta – dichiara Massimo Becchi, presidente di Legambiente Reggio Emilia – sugli impianti da sci dismessi ed in stato di abbandono. Avevamo visionato quelli di Civago e del Ventasso, mentre nei giorni scorsi abbiamo fatto un sopralluogo in quelli di Febbio, un distretto della neve di ben maggiori dimensioni, con circa 20 km di piste sulla parte nord del monte Cusna. E le sorprese non sono certo mancate. Chi sale dal paese si trova subito a fare i conti con le auto dismesse dell’ex Parco del Gigante, abbandonate ai margini dell’abitato a fianco delle piste, mentre le strutture per la manutenzione delle piste sono in uno stato a dir poco precario, con molto materiale ammassato all’aria aperta in evidente stato di abbandono. Salendo si incontra il primo impianto oggi in mano al Tribunale di Reggio a seguito del fallimento della società di gestione. Ma le sorprese arrivano dove di trova il rifugio S. Leonardo, in stato di abbandono anch’esso, come i gatti delle nevi e le attrezzature delle seggiovie. Alcuni macchinari perdono olio, generando curiose pozze sul terreno, contornate da cataste di seggiolini delle funivie. Ovunque fa bella mostra il cemento armato e gli impianti per l’innevamento artificiale (cannoni, condutture idriche e cavi elettrici) che risalgono lungo le piste. Le piste stesse sono in parte già state ricolonizzate dal bosco, come pure la parte sottostante agli impianti di risalita. Poco sotto fa intravede ancora un vecchio skilift, con una baracca divelta dal basamento e ora adagiata nel bosco e la maggior parte dei tralicci inglobati dal bosco. La partenza della Febbio 2000 era dotata di punto di ristoro, abbandonato anch'esso, con ancora all’interno le bibite sigillate e le attrezzature del bar, mentre la stazione di partenza con il sapiente uso di reti metalliche è stata trasformata in recinti per gli animali. Non mancano bidoni di olio all’aperto e materiali rovinati nel bosco sottostante. L’intervento sul paesaggio è evidente, ma ancor più deve esserlo stato l’impatto iniziale, vista la presenza di un laghetto (in buona misura artificiale) da cui partono le tubazioni per rifornire d’acqua i cannoni, la cui carta catramata della copertura della struttura che ospita le pompe è sparsa nel bosco circostante”.

E’ evidente come occorra ora comunque affrontare la questione della bonifica, almeno degli impianti situati nella parte alta – sperando che riparta almeno la prima seggiovia - asportando i materali che possono provocare un inquinamento e non più utilizzabili, abbattendo almeno quelle linee di risalita che ormai appaiono del tutto obsolete, insomma un’operazione di ripristino dell’ecosistema montano che oggi potrebbe portare certamente più turismo che una serie di impianti abbandonati”.

"E’ stato realizzato un video sugli impianti, che può essere visto sul nostro sito www.legambientereggioemilia.it".

* * *

Immagini: Legambiente

 

7 COMMENTS

  1. Se ci sono veramente auto abbandonate dell’ex Parco del Gigante gradirei che chi era presidente (o membri del consiglio nome e cognome) fornisse immediatemente delle risposte (e sarebbe ora di vedere di chi sono le colpe di questi sprechi) e soprattutto chi li ha fatti ne deve rispondere. Per le piste vi chiedo chi si deve accollare il costo dello smaltimento??
    Ciao.

    (Paolo Diambri)

  2. Pur condividendo che siamo di fronte a veri e propri ecomostri, penso sia alquanto improbabile sia che qualcuno rilevi e riattivi tutti gli impianti sia che le amministrazioni locali siano in grado di sobbarcarsi le spese per smantellare e smaltire queste strutture (le società che li hanno gestiti negli anni sono tutte fallite quindi inutile andare a bussare a quella porta..). Temo quindi che queste brutture rimarranno sul nostro crinale per lungo tempo…

    (Commento firmato)

  3. Innanzitutto diciamo che il Parco del Gigante e le società di gestione degli impianti sono due corse separate, quindi se ci sono auto abbandonate del Parco del Gigante non è colpa degli impianti di Febbio. Poi, d’accordo, c’è un certo degrado, ma quelli che qualcuno chiama “ecomostri” per decenni hanno dato da lavorare ai cittadini di una vallata intera e portato gente, denaro e prestigio all’intera comunità montana. Per ultimo penso che i politici, sempre pronti a denigrare il lavoro degli altri, se lavorassero con un po’ più di sinergia e fossero un po’ più propositivi anzichè essere distruttivi, forse casi come quelli di Febbio, Appenninia o Ventasso non si sarebbero verificati. Invece di lavorare per cercare di risollevare una situazione di per sè già critica, si tende a criticare. Beh, certo, è molto più facile denigrare che proporre e mettersi eventualmente in gioco.
    Giusto, Gentilissime forze politiche?

    (Lucio B.)

  4. Le “auto abbandonate” a Febbio con le insegne dell’ex-consorzio Parco del Gigante sono state vendute da quest’ultimo, prima dello scioglimento, alla società degli impianti Alto Crinale. Sono pertanto da tempo in proprietà di quest’ultima e, come tali, confluite nel fallimento in corso. Sia l’ex parco del Gigante che l’attuale parco Nazionale sono estranei all’abbandono.

    Parco Nazionale – Ufficio Stampa

  5. Sig. Lucio il fatto che per decenni abbiano dato da lavorare a gente della montagna non toglie il fatto che ciò che ora rimane sono tonnellate di ferro e cemento armato sparsi e abbandonati per il crinale, ed è semplicemente questo che segnala Legambiente che tra l’altro mi pare auspica almeno le riapertura di parte degli impianti. Sul discorso della politica posso in parte essere concorde (nel senso che a volte c’è poco dialogo tra i vari enti) ma per onestà va ricordato quanti milioni di euro a “fondo perduto” (soldi pubblici) sono andati nelle tasche delle varie società di gestione poi regolarmente fallite… E pensare che in un momento in cui si taglia nella sanità, nella scuola, nei trasporti pubblici, viabilità e nei servizi postali si possano ancora chiedere alla politica (ma immagino si riferisca agli enti pubblici) di “investire” ancora negli impianti di risalita è quantomeno improbabile…

    (commento firmato)

  6. E se si usassero invece che per il periodo invernale, per quello “non invernale” come impianti per praticare il downhill? Non che solcare il Cusna di sentieri da bici sia esteticemente bello però forse trovare una buona ricetta/compromesso, tipo usare zone a rotazione. Boh, è la prima cosa a cui ho pensato leggendo l’articolo. E’ un dispiacere vedere che gli impianti su cui imparai a sciare nell’85/86 siano in quello stato…

    (Andrea Ganapini)