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In Appennino il rischio idrogeologico fa paura più che altrove

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REGGIO EMILIA E MODENA (3 ottobre 2009) – “Il momento dell’unanime cordoglio per le vittime dell’ultimo dissesto idrogeologico in Sicilia deve essere da monito per una nuova concezione della sicurezza idraulica del territorio”.
A parlare sono Marino Zani ed Emilio Bertolini presidenti uscenti dei Consorzi di Bonifica Parmigiana Moglia Secchia e Bentivoglio Enza, ora riuniti nel nascente Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale.

“Solo nel nostro comprensorio – spiegano i presidenti - tra Reggio Emilia e Modena sono troppe le situazioni in cui interi paesi e a volte comuni sono minacciati dall’incombere di frane e, in un caso, pure di esondazione”.
Dove si trovano questi comuni?
“Sono 14 a Reggio Emilia e 17 a Modena, così come censiti dal Piano Straordinario per le aree a rischio idrogeologico molto elevato dell’Autorità di Bacino. Nel 90% dei casi si tratta di paesi dell’Appennino, dove quasi ogni comune presenta un elemento di rischio”.

Perché la montagna è così sensibile?
“L’Appennino è franoso perché geologicamente è giovane – risponde Vito Fiordaligi, direttore dell’ente consortile - . Ha presenza di marne, rivestite da una coltre sciolta, con un substrato intervallato strati impermeabili di argilla, e questo fa si che le acque, soprattutto in occasione di eventi meteorologici, rendano i suoli scivolosi”.
I Consorzi di Bonifica cosa c’entrano?
“Molto. In montagna, storicamente, svolgiamo una delle opere meno note ma attuali ed utilissima: opere di tutela ambientale per contrastare la fragilità dei pendii. E i due consorzi nell’ultimo periodo hanno incrementato le loro spese in questa direzione”.

La situazione ora come è?
“L’inverno scorso si è rivelato insolitamente piovoso – dice Fiordaligi - . Si sono riattivati movimenti franosi che erano fermi da tempo. E nel 2009, a parità di contribuenza, è aumentata notevolmente l’esigenza di interventi da parte dei Consorzi di Bonifica in montagna”.
Quanto è accaduto in Sicilia, cosa significa?
“Che tali accadimenti non sono più eventi isolati, bensì conseguenza dei cambiamenti climatici evidenti anche in Emilia, caratterizzati da piogge violente, concentrate nel tempo e nello spazio. Non più tardi di tre settimane fa spiegavamo questi stessi concetti a un’inchiesta nazionale del quotidiano ‘Avvenire’”.

Si è adeguatamente attrezzati a livello nazionale e regionale per la sicurezza?
“Quanto accaduto dimostra di no – rispondono i presidenti Zani e Bertolini - . La generale condizione idrogeologica del territorio è inadeguata e, per quanto di nostra competenza, richiede urgentemente il varo di un Piano nazionale di manutenzione straordinaria della rete idraulica. Sono anni che la nostra associazione nazionale, che è l’Anbi, la richiede, ma lo Stato, pur nell’alternarsi dei governi, non stanzia risorse. E dire che costa molto meno prevenire”.

Da segnalare, anche in Emilia, la contrazione della Superficie Agricola Utilizzata (S.A.U.), a favore dell’incolto, e in alcune aree di pianura la crescente urbanizzazione con il conseguente aggravarsi del rischio idraulico.
“Di fronte a tale quadro – spiega da Roma Massimo Gargano, presidente dell’Anbi - contro il quale non emergono segnali di inversione di tendenza è evidente il ruolo fondamentale, che i Consorzi di bonifica, rimasti l'unico presidio territoriale permanente. La sicurezza del territorio e dei cittadini non può più essere rinviata ed è la condizione indispensabile per qualsiasi ipotesi di sviluppo. Ricordo che, proprio un anno fa, analoga sciagura aveva colpito il cagliaritano; da allora poco o nulla è cambiato e la situazione idrogeologica del Paese continua a peggiorare”.

FRANE IMPOSSIBILI E DA MONITORARE TRA REGGIO E MODENA

Casi esemplari

A spasso per frane sull’Appennino. Alcune di queste sono davvero impossibili, tanto che le eccezionali dimensioni non rendono preventivabile lo stanziamento di risorse per risolvere il movimento franoso. Due esempi. A Vedriano, in comune di Canossa (Reggio Emilia), insiste una frana lunga un paio di chilometri e in continua evoluzione. Interessa terreni agricoli, boscati, strade interpoderali di collegamento alle varie borgate, ha una dimensione tale che risulta più conveniente lasciarla a se stessa e monitorarne solo l’evoluzione affinché non crei, ad esempio, la nascita di pericolosi invasi naturali. Oppure, sempre nel Comune della Grande Contessa, Matilde, come non ricordare che proprio nel 1972, proprio sopra il capoluogo (Ciano) e visibile dal Castello, si staccò un fronte di frana che abbatté alcune abitazioni. Negli anni sono state svolte alcune opere di regimentazione idraulica, ma non risolutive dato che il bacino di monte interessa ben 40.000 metri quadri. Il Consorzio di Bonifica è in campo per monitorare la situazione, in parte ha effettuato opere di regimentazione idraulica che però sarebbero da integrare ulteriormente.
Frane, invece, contro le quali si riesce a intervenire attivamente sono, ad esempio, in provincia di Modena, a Barberano (Comune di Polinago). Qui sviluppa un movimento di terra con un fronte di 150 metri di lunghezza e mette a rischio diversi fabbricati sparsi, strade comunali e la condotta principale dell’acquedotto. L’ex-Consorzio di Bonifica Parmigiana Moglia Secchia è intervenuto con drenaggi con pietrisco a secco, palificate in calcestruzzo armato. Ma ci sarebbero da eseguire ancora interventi con briglie in terra, terre armate, altri drenaggi e il ripristino morfologico superficiale. Le risorse sono ancora limitate.

(Gabriele Arlotti)