Home Cronaca Silvio… non zuccare!

Silvio… non zuccare!

250
2

 

Sono giunte in 14 la scorsa estate a Villa Minozzo ed oggi, grazie all’intraprendenza del capobranco Silvio (ogni riferimento…), sono già 32, tra adulti e nuovi nati.

Stiamo parlando delle deliziose caprette di razza murciana e dal manto nero che hanno trovato casa all’agriturismo “Made in Rov” di Graziano Malvolti e della moglie Anita dove, da qualche giorno, è possibile acquistare latte di giornata e cacioricotte, rigorosamente di capra. La murciana è una capra spagnola, originaria della Murcia, il cui latte, che produce in buona quantità, ha un caratteristico sapore dolce.

Una novità, dunque, buona, sana e sostenibile, perché assolutamente naturale e a “km0”.

Assai raro da reperire localmente nella versione fresca perché difficilmente conservabile, il latte di capra è decisamente da provare per chi ancora crede che la qualità del cibo faccia davvero la differenza, non solo per il palato ma anche per la nostra salute.

Consumato dall’uomo sin dall’antichità ma per lungo tempo di fatto sostituito dal più comune di origine bovina, il latte di capra sta vivendo un momento di felice “rinascita” per le sue caratteristiche nutrizionali che lo rendono più idoneo all’alimentazione umana, in particolare a quella dei neonati. Molto digeribile per la presenza di acidi grassi a catena corta e basso impatto sul colesterolo, e con un buon contenuto di sali minerali, è ritenuto, dopo il latte di asina, quello più simile nella sua composizione al latte materno.

Le capre del “Made in Rov” sono alimentate esclusivamente ad erba di prato e tra poco, quando anche i più piccini saranno cresciuti, inizieranno il pascolo sotto la guida del primogenito di Graziano, Filippo, che si sta appassionando a questa attività e ha instaurato un rapporto “confidenziale” con il caprone Silvio e le femmine del suo “harem”.

“Le capre sono animali curiosi, vivaci, intelligenti – spiega Graziano - Amano muoversi continuamente e non seguono il gregge a testa bassa come le pecore. Condurle al pascolo quindi presuppone un buon legame con il pastore, che deve poterle richiamare quando si allontanano, confidando nella loro obbedienza. Ecco perché le caprette andrebbero allevate sin da piccole e ad ognuna di loro viene dato un nome, che imparano e riconoscono”. E chi non ricorda Heidi e Peter con le caprette Bianca e Fiocco di neve?

“Nelle nostre montagne la capra ha sempre sostenuto l’economia domestica – racconta Graziano – Una o due capre erano presenti quasi in ogni casa, non solo perché il latte che se ne ricavava poteva servire per soddisfare l’esigenze dei neonati, ma anche perché la quantità prodotta giornalmente (da uno a tre litri al massimo di latte) era l’ideale per evitare sprechi”.

“Più dura è stata la sorte per la pastorizia legata ai caprini – continua Graziano – Sin dal settecento, in diverse parti del territorio italico, furono emanati editti pubblici che vietavano il pascolo delle capre, ritenute dannose per la flora boschiva e le coltivazioni. Nel nostro Appennino, ad esempio, ai tempi del Ducato, gli Estensi emisero diverse disposizioni restrittive contro le capre con divieti di durata pluridecennale, di cui riporta memoria nei suoi studi anche il reggiano Filippo Re”.

La foto Saba è sempre di Benedetta e ritrae suo padre (Benedetto Valdesalici) in una curiosa posa con una delle capre di Graziano

Nell’interessantissimo volumetto “Quando il dottore è un pastore. La Tradizione popolare Veterinaria nell’Appennino Reggiano” di Giuliano Bagnoli (Collezioni Reggiane) si legge, alla pagina 101, che Filippo Re, nel suo “Viaggio Agronomico” compiuto in Appennino nell’estate del 1800, informa che “su tutti i capi di bestiame presenti in Appennino, il 61% erano pecore mentre solo il 13% erano capre”, e che “era opportuno confinare le capre negli alti pianori o in aree recintate, con l’evidente scopo di salvaguardare l’ambiente da questi voraci animali”. Sempre nello stesso volume si legge che le capre erano bandite a Campolungo, a Sarzano, a Villaberza, a Poiago, a Pantano, a Baiso, mentre erano assenti a Castelnovo né Monti. Solo a Garfagnolo si riferisce di una “fiorente ‘mercatura’ di capre”.

“Ma il bando storico delle capre era da attribuirsi anche a motivazioni di tipo economico – prosegue Graziano – La capra, come già detto, è un animale che ama spostarsi frequentemente e questo favoriva il ‘nomadismo’ dei pastori e delle loro famiglie, rendendo difficoltosa la tassazione”.

“Inoltre - continua – c’erano ignoranza e pregiudizi: l’accusa di diffondere malattie (la febbre maltese che poteva essere trasmessa all’uomo in occasione dei parti dei capretti era in realtà causata dalle cattive condizioni igieniche in cui questi avvenivano) ed in qualche misura anche la frequente rappresentazione di Satana in sembianze ‘caprine’ ha giocato a sfavore di questo animale, che progressivamente si è visto ‘soffiare il posto’ dalle pecore e delle vacche”.

Insomma, vita non facile per il vivace quadrupede, di cui tuttavia si decantavano già allora i notevoli pregi. Sempre Filippo Re, nella sua opera “Nuovi elementi di agricoltura” (1818), scrive: “ma non però dobbiamo privarci dell’utilità che esse (le capre) arrecano col latte, co’ formaggi, col pelame e co’ teneri capretti”.

“Oggi - conclude Graziano – le capre sono ancora molto diffuse in Trentino ed in alcune aree del Mezzogiorno d’Italia (Puglia, Calabria, Sardegna) e sono sempre presenti nei paesi poveri, dove la vegetazione è brulla e rada, perché la capra si accontenta di quel che trova e riesce a raggiungere anche i terreni più impervi”.

Ma le novità del “Made in Rov” di Villa Minozzo non finiscono qui.

L’agriturismo, che appartiene anche al circuito provinciale delle Fattorie Didattiche, dalla prossima estate sarà sperimentazione di “teatro di stalla” e proporrà, proprio all’interno degli spazi abitati dagli animali, spettacoli di burattini e marionette con Balinta Sarzi, erede della storica famiglia di burattinai. Secondo Graziano: “un modo per divertire i bambini riavvicinandoli al contatto con quegli animali che da sempre hanno accompagnato la storia e la vita dell’uomo”.

 

(Lucia Manicardi)

 

2 COMMENTS