Grande partecipazione e commozione, soprattutto grazie alle testimonianze dirette ed alla ricostruzione storica dei fatti, sabato mattina a Gombio, sul monte La Battuta, per la commemorazione dell’eccidio di Ca' Ferrari e del salvataggio del paese di Gombio da parte di due donne tedesche, Augusta Ludäscher ed Ida Roser, che dopo la prima guerra mondiale avevano sposato due residenti della frazione castelnovese e si erano trasferite a vivere sull’Appennino. Grazie al loro intervento, al colloquio avuto con i soldati della divisione Goering, li convinsero a non fucilare tutti gli uomini di Gombio, già rastrellati e messi al muro.
La commemorazione era organizzata dall’Anpi di Felina, in collaborazione con il Comune di Castelnovo ne' Monti ed il Circolo Arci locale.
Erano i primi di aprile del ’44: quando, il giorno 3, i tedeschi entrarono a Gombio, a Ca' Ferrari avevano già incendiato case e sul Monte La Battuta avevano portato i fratelli Mario, Ettore e Allievo Ferrari, Nello Morrone e un Albertini. Allievo Ferrari, che sopravvisse quasi per miracolo, raccontò in seguito che li avevano messi tutti a pancia in giù e guai se alzavano la testa. Gli ordinarono: "Alzatevi e andate". Appena si mossero, uccisero Morrone e Mario Ferrari. Ettore morì alla chiesa di Villaberza alla notte, Allievo sopravvisse con due fori nella spalla e nel braccio ed Albertini fu risparmiato. Entrati a Gombio, i tedeschi iniziarono ad impartire ordini secchi e misero tutti gli uomini al muro. Poi entrarono di casa in casa, per cercare e confiscare qualsiasi alimento che trovavano. Tra le case che visitano, arrivano a quella di Augusta, dove sul tavolo c’era un piatto di frittata: un soldato tedesco s’era messo a mangiare e lei gli disse in tedesco: "E' così che ti hanno insegnato l’educazione?”. “Haben dich deine Eltern so Enzorgen?”, la frase precisa utilizzata. Il soldato, scioccato, chiamò il comandante, che entrò in casa a chiacchierare. Per pura fortuna, era dello stesso paese di Augusta, dello stesso dialetto. Poco dopo entra nel dialogo anche Ida Roser. Le due donne di origine tedesca avevano sposato due abitanti di Gombio anni prima, rispettivamente Narciso Piazzi e Narciso Scarenzi: grazie al loro intervento riuscirono a rasserenare il clima ed alla fine i soldati risparmiarono il paese. Sabato mattina le fasi concitate di quel giorno sono state raccontate da Elio Fracassi, che ne fu testimone diretto in quanto era tra coloro che furono messi al muro e poi lasciati andare dai tedeschi, e poi dalla storica e scrittrice Normanna Albertini, alla presenza del sindaco Gian Luca Marconi, di alcuni testimoni diretti dell’epoca e di tanti discendenti e parenti, ma anche semplici residenti dell’Appennino.
Nei vari interventi sono stati sottolineati più volte i valori della Resistenza, della libertà, della memoria, l’importanza, e quelli più specifici legati a questa vicenda, che inducono ad evitare generalizzazioni basate su nazionalità o provenienza. Marconi ha anche sottolineato la necessità “di mantenere alta l’attenzione verso il ripresentarsi di fenomeni xenofobi e neofascisti, come ha dimostrato anche il recente imbrattamento con scritte di stampo fascista del Teatro Bismantova, luogo dove furono imprigionati i deportati dell’Appennino”. Dopo la commemorazione ci si è spostati al circolo Arci di Gombio, che è diventato un fondamentale punto di ritrovo della frazione, per il pranzo in compagnia. La storia di Augusta Ludäscher ed Ida Roser, ed il loro impegno diretto per salvare le vite degli uomini rastrellati, sono sempre rimasti bene impressi nei residenti più anziani di Gombio, ma sono state di fatto “riscoperte” e degnamente celebrate da pochi anni.
Onde evitare equivoci, volevo precisare che io non sono una “storica”, ma soltanto un’appassionata di storia. “Storico” è, per esempio, Massimo Storchi; “storici” (ottimi) sono Arnaldo Tincani e Giuseppe Giovanelli, Dalmazia Notari che sanno la polvere degli archivi e la fatica della ricerca fatta sui documenti. Mi imbarazza sempre questo appellativo, perchè è un di più che, davvero, non è verità. Per quanto riguarda la commemorazione, voglio ringraziare l’Anpi di Felina e l’Anpi provinciale per averla organizzata e per avermi invitato a portarvi la mia riflessione. Ho accettato innanzitutto per gratitudine nei confronti di mio padre, sul cui terreno, concesso gratuitamente, è stato costruito il memoriale. Ecco: credo che il mio rispetto nei confronti di qualsiasi autorità (e, d’altro canto, l’aspettarmi dalle stesse autorità il medesimo rispetto, onestà, giustizia), mi venga dalla specchiata onestà di mio padre, dalla sua mitezza, dalla sua assoluta nonviolenza veramente vissuta, da una vita umilmente spesa, senza velleità di arricchimento disonesto, nel servizio alla famiglia e al lavoro. Che vuol dire rimanere fermi negli ideali di rettitudine in cui si crede. Rettitudine che, ripeto, io mi aspetto sempre, forse ingenuamente, che sia attuata nei miei confronti da chi è più in alto di me quando, come comune cittadina, mi trovo a rapportarmici: dirigenti, amministratori, sindaco ecc… ecc…
Come ho detto nella commemorazione “prima di ricordare, prima di fare memoria o di trasmettere memorie, viene il dovere di non restare indifferenti di fronte alle ingiustizie di oggi. Il dovere di esserci (…) obbedienti alla nostra coscienza, alla nostra profonda umanità”.
(Normanna)
Grazie mille a Normanna,al Sindaco e Agli Assessori presenti.
Grazie mille ai RAGAZZI del Circolo Arci di Gombio che ci hanno dato la “solita” e inimitabile ” OSPITALITA’ MONTANARA”.
Ci vediamo il 25 Aprile al Parco Tegge per continuare questo percorso all’insegna della memoria storica e della libertà donataci..
Un saluto.
Mattia
Anpi sezione di Felina.
Grazie Normanna, e perdonami l’attributo di “storica” che ho inserito nel comunicato stampa. Ti assicuro che è dovuto alla stima che nutro per il tuo lavoro.
(L.T.)
Anch’io, a nome dei ragazzi del Circolo di Gombio, mi unisco a voi nel ringraziare tutti coloro che hanno partecipato in qualsiasi modo. E’ un piacere vedere come molti giovani si dimostrino interessati alla storia della nostra terra. In una socetà “moderna” che ci spinge all’egoismo, al profitto, al razzismo, all’isolamento, gli ideali per i quali i nostri padri hanno combattuto sono, secondo me, da prendere più che mai ad esempio. L’onestà, il prodigarsi per il bisognoso, di qualunque colore o religione esso sia, l’amicizia disinteressata, il piacere di stare insieme, vecchi e giovani, sono le basi della nostra piccola comunità.
Grazie a tutti.
(Marco, Circolo Arci Gombio)