Per il dizionario la parola “odissea” sta per «una serie di casi avventurosi; lunga, travagliata e dolorosa peregrinazione». Tante situazioni possono essere definite odissee, come per esempio gli sbarchi a Lampedusa, che hanno segnato inesorabilmente la cronaca di tutti i giornali nazionali. Uomini, donne e bambini che nella disperazione più caotica hanno deciso di spendere tutti i loro risparmi per imbarcarsi su un gommone verso una terra sicuramente più tranquilla, ma correndo numerosi rischi, perché l’odissea, come dice il dizionario, è «una dolorosa peregrinazione», e non tutti riescono a sopravvivere. Ma l’Odissea è anche un grande poema epico suddiviso in ventiquattro libri, attribuito al poeta greco Omero, che in questi versi narra le avventure di Odisseo, meglio conosciuto come Ulisse. Il poema è stato il padre di tutte le avventure di viaggio, ed è stato tradotto in tutte le lingue. A tradurlo in dialetto romagnolo ci ha pensato invece Tonino Guerra, poeta e sceneggiatore di fama internazionale nato, appunto, a Santarcangelo di Romagna, mentre la compagnia teatrale “delle Albe” di Ravenna lo ha trasformarlo in uno spettacolo teatrale. «L’idea di lavorare su l’Odiséa di Tonino Guerra è nata dall’esigenza di uno scavo quotidiano nella poesia e dalla voglia, in me, di affinare l’uso del dialetto come lingua di scena – scrive Roberto Magnani, interprete del monologo -. Abbiamo mantenuto le caratteristiche di una lettura, la convenzione che si stipula con lo spettatore è chiara: c’è un leggio, e l’attore legge facendosi voce narrante, impersonando di volta in volta la voce del narratore, del protagonista e di tutti i personaggi che Ulisse incontra lungo il suo viaggio. Un’unica luce proveniente dal leggio, unico elemento scenico, e alcuni interventi musicali tratti dalle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach, interpretate dalla fisarmonica di Stefan Hussong. Per quanto riguarda il dialetto, non potendo utilizzare il santarcangiolese di Guerra, abbiamo compiuto un doppio-triplo salto mortale. Abbiamo chiesto a Giuseppe Bellosi, poeta raffinato e importante studioso delle tradizioni di Romagna, la sua versione in fusignanese, a cui poi abbiamo apportato alcune piccole modifiche per adattarlo al dialetto di Castiglione di Ravenna, mio paese di origine».
Lo spettacolo andrà in scena al teatro Bismantova domenica 26 febbraio alle ore 21, ma prima dell’esibizione Magnani sarà nel foyer del teatro, e a partire dalle 18.30 presenterà lo spettacolo al pubblico, illustrando anche la poetica di questa importante e innovativa compagnia teatrale (ospite per la prima volta a Castelnovo ne’Monti ndr) attraverso filmati e racconti, ricordando inoltre i trent’anni di storia della compagnia ravennate, la quale ha saputo gettare un ponte tra il teatro di ricerca e realtà, di fronte anche a situazioni tragiche di degrado sociale, come ad esempio il quartiere di Scampia a Napoli, dove la compagnia, e in particolare il regista Marco Martinelli, hanno avviato un importante progetto, dando vita a “Punta Corsara”, un auditorium nel quale artisti e compagnie teatrali differenti possono presentare i loro lavori a un pubblico del centro e della periferia, misto per età e provenienza sociale, cercando quindi di ridare vita alla cultura che in questo quartiere era andata perduta.
Sarà quindi un incontro interessante, nel quale si parlerà di vari argomenti, tra cui quello del dialetto, una lingua viva e ben radicata nel territorio che è stata rivalutata anche in montagna, e che secondo Magnani «è per una lingua incarnata, un pozzo da cui attingere visioni e immaginario, un contatto con i fantasmi dei nostri antenati».
L’approfondimento nel foyer del Bismantova terminerà poi attorno alle 20, dove poco più tardi sarà disponibile un aperitivo per tutti i partecipanti, dando la possibilità di accedere alla sala entro le 21 per l’inizio dello spettacolo.
Simone Zobbi