Pubblichiamo il seguente intervento.
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Mentre in Cina hanno la Grande Muraglia, molto presto in Italia avremo la Grande Multiutilty del Nord. Anziché proteggerci dalle invasioni di bellicosi nemici aprirà la strada al nemico numero uno della democrazia: la privatizzazione dei beni comuni.
Come si legge dalle pagine del Sole 24 ore un primo accordo tra A2A ed Iren (le due più grandi aziende del nord che si occupano di servizi pubblici) è cosa fatta. Questo non esclude, secondo l’assessore al bilancio del Comune di Milano Bruno Tabacci, un possibile percorso di fusione tra le due aziende. Quale sarebbe il fine? "Il futuro di A2A e di Iren è partire da questo business comune per vedere dove porta: potenzialmente insieme sarebbero un gruppo da 10-11 miliardi di fatturato". Ormai è sempre più chiaro quale sia il fine delle multiutility: rincorrere il profitto, generare fatturato e crescere sempre di più.
Eppure negli ultimi anni il sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio, ci ha sempre assicurato che la privatizzazione di Agac-Enìa-Iride è stata fatta per aumentare l’efficienza delle vecchie aziende municipalizzate, per aumentare il valore del “gioiellino” emiliano. Ma ne siamo così sicuri? Chi controlla adesso l’azienda?
La progressiva privatizzazione della gestione dell’azienda ex-municipalizzata sta allontanando progressivamente i cittadini dal suo controllo. Non sono nemmeno più i Sindaci stessi a decidere, ma un consiglio di amministrazione in cui i soci pubblici siedono al tavolo al pari con gli altri azionisti. In quella sede chi decide è la logica del profitto, non del servizio pubblico garantito ai cittadini. Dov’è andata a finire l’utilità sociale dell’azienda reggiana? Perchè abbiamo svenduto il nostro patrimonio pubblico e la nostra esperienza? Cosa ci guadagniamo? Dove vanno a finire i nostri soldi? Come vengono gestiti gli investimenti? Il nostro territorio si sta impoverendo o arricchendo?
Ormai il velo della maggioranza pubblica è caduto, abbiamo capito che chi comanda sono i fondi di investimento, le banche che prestano denaro: chi comanda è il mercato. Chi paga l’orchestra decide la musica. Tutto ciò è risultato abbastanza chiaro dall’ultima assemblea dell’ATO (l’assemblea dei sindaci della provincia di Reggio Emilia per la gestione dell’acqua) in cui si doveva decidere l’aumento delle tariffe. Le bollette sono state aumentate e gli amministratori locali eletti dai cittadini non hanno nemmeno aperto bocca. Un silenzio che tra l’altro fa comprendere come ormai la delega al privato nella gestione dell’azienda sia ormai totale. Quanti Sindaci sono in grado di capire l’architettura finanziaria attuale di Iren e di prendere decisioni in merito alla gestione? E se per loro è difficile per i cittadini è impossibile.
A questo punto però vorremmo sapere una risposta: quando ci è stato chiesto se volevamo privatizzare i nostri beni comuni? Secondo quale principio il controllo democratico dei cittadini è stato eliminato dalla gestione dei servizi pubblici?
Emilio Molinari, presidente dell’associazione per il Contratto Mondiale dell’Acqua, ha lanciato un allarme dalle pagine dell’Unità. La possibile maxi fusione tra Iren e A2A creerebbe un colosso finanziario senza precedenti, con conseguenze devastanti per i cittadini e per i Comuni. Una totale perdita di controllo, in cambio del misero piatto di lenticchie delle partecipazioni azionarie e della spartizione dei dividendi a fine anno. Un “mostro finanziario, un ibrido senza controllo, nel quale tutti pubblico e privato perseguirebbero solo l’obiettivo del profitto, che risponderebbe solo ai propri consigli di amministrazione e ai propri manager super pagati e lottizzati dai partiti e dalle banche”.
E ritorniamo così al nodo centrale della questione: i beni comuni e la sovranità dei cittadini. A che cosa è servito il referendum? I politici e gli amministratori continuano ad ignorare i 26 milioni di italiani che hanno chiaramente detto che la gestione dell’acqua (e dei servizi pubblici) deve essere pubblica e priva di profitti. Per l’ennesima volta la politica sta facendo carta straccia dei referendum e della Costituzione. Ma per quanto potrà durare tutto questo?
La difesa dei beni comuni diventa la chiave per aprire le porte della politica alla partecipazione dei cittadini. Proprio per questo continuiamo ad affermare che SI SCRIVE ACQUA SI LEGGE DEMOCRAZIA!
(Comitato provinciale acqua bene comune, Reggio Emilia)
Sacrosante parole!
(Commento firmato)