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Crisi: quali le ricadute territoriali e sociali?

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Si è svolta ieri in città la tavola rotonda sul tema “Strategie per uscire dalla recessione”, organizzata dallo scrivente sindacato alla presenza di Alberto Peroni, Giorgio Invernizzi, Marcello Messori, Cesare Melloni e coordinata da Matteo Alberini della segreteria, e che ha posto i discussant di fronte a una serie di questioni, in particolare alle ricadute territoriali e sociali della crisi.

Alberto Peroni, consigliere dell’ Unione giovani dottori commercialisti, ha confermato i dati preoccupanti emersi dalla analisi, sottolineando che la crisi investe pesantemente anche i servizi e soprattutto l’edilizia. Peroni ha messo l’accento sulla stretta del credito che ha colpito molte imprese a partire dal novembre 2011, ma ha comunque espresso un messaggio di fiducia nei tanti imprenditori reggiani che non si arrendono.

Giorgio Invernizzi, ordinario di management strategico all'Università Bocconi, ha rilevato che i risultati delle imprese reggiane e italiane fino al 2007 erano “drogati” dal debito pubblico, quindi i profitti che le imprese conseguono dall’inizio della crisi in poi sono di qualità migliore. Secondo Invernizzi la vera ricchezza delle imprese è fatta di know-how e competenze e dunque dalla crisi si esce investendo in ricerca, sviluppo e formazione.

Più articolato è stato il commento di Marcello Messori, ordinario di economia all’Università Roma Tor Vergata. Per Messori Reggio Emilia rappresenta un microcosmo rispetto all’Italia, ed è grave che, anche se si presenta come un’area forte all’interno del Paese, non sia ancora riuscita a tornare ai livelli ante crisi. Secondo Messori il modello emiliano non funziona più per tre motivi: i vincoli di bilancio della Ue non consentono più svalutazioni competitive, l’ingresso nel mercato mondiale di paesi molto dinamici, ma verso i quali è indirizzato solo il 10% dell’export reggiano, sono difficili da penetrare per le Pmi, e la rivoluzione dell’information technology, nata negli Usa e poi trasferitasi in Asia, è più adatta a grandi imprese che alle Pmi. Le due crisi finanziarie del 2007 e del 2011 si sono quindi abbattute su imprese in trasformazione che erano già in difficoltà.

Per Cesare Melloni, segretario del nostro sindacato Emilia-Romagna, occorre in primo luogo una nuova politica industriale, supportata da Regione e associazioni di categoria, che non privilegi il decentramento produttivo all’estero e investa invece sulla riqualificazione del sistema della subfornitura regionale.

In particolare Melloni e Messori, anche se con diversi accenti, si sono trovati d’accordo sui terreni sui quali agire per rendere la crisi meno traumatica. Serve una battaglia politica perché la Ue attui una politica più espansiva, il welfare (“nel rispetto del principio dell’ universalità”, ha sottolineato Melloni) va riformato con la contrattazione sociale sulla base delle nuove esigenze dei cittadini, i comuni che hanno risorse accantonate devono superare il vincolo del patto di stabilità, bisogna investire nella riqualificazione energetica del patrimonio abitativo del Paese, e le multiutility devono cessare di essere semplici erogatrici di servizi per avere invece un approccio più aperto verso la produzione di nuovi beni e servizi, in particolare quelli ecosostenibili.

(Cgil Reggio Emilia)