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Gli impianti fantasma: c’era una volta lo sci…

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Materiali a Civago

“Seguendo le indicazioni che ci giungevano da più parti – dichiara il presidente di Legambientre Reggio Emilia, Massimo Becchi – abbiamo fatto con alcune Guardie Ecologiche di Legambiente una prima escursione cercando il lato più nascosto del turismo invernale sul nostro appennino, quello legato allo sci, turismo sempre più in crisi negli ultimi anni e che pare voler lasciare in eredità alle generazioni future un ricordo non certo edificante. A seguito di fallimenti o dismissioni sono infatti stati lasciati abbandonati impianti di risalita (skilift), spesso muniti ancora delle stazioni di partenza e di quelle di rimando, delle linee, con anche i piattell”.

La situazione in località La Romita a Civago di Villa Minozzo è quella più preoccupante, con due impianti di risalita, che dall’albergo in disuso salgono sulle pendici del Monte Giovarello, impianti dismessi da diversi anni, vista la vegetazione che è ricresciuta sulle piste da sci e sotto i piloni delle risalite.


Impianto dismesso a Civago

Gli impianti sono: uno di più ridotte dimensioni che dall’Albergo sale a quota 1.375 metri circa e uno che da quota 1.260 in località Paesine porta a quota 1.657  entrambi sulle falde del Monte Giovarello. Nella stazione di partenza del secondo impianto è presente una struttura in legno all’interno della quale sono presenti materiali in evidente stato di abbandono, nonché una struttura in cemento armato poco distante con i quadri elettrici principali ed un annesso magazzino. Sul percorso delle piste sono presenti i punti di attacco dei cannoni per l’innevamento artificiale, sia idrici che elettrici, molti dei quali mancanti di parti e in stato di completo abbandono.

Nei pressi dell’Albergo è presente inoltre una struttura metallica aperta, all’interno della quale è presente un gatto delle nevi in stato di abbandono ed anche altro materiale sia all’interno che all’esterno, come cisterne per il gasolio, una cabina di un gatto delle nevi, materiali plastici e metallici.

Impiani per l'innevamento artificiale Civago

La situazione del Ventasso è meno drammatica, ma certamente sconfortante: anche qui sono presenti due impianti di risalita sciistici in evidente stato di abbandono (la vegetazione si è già ripresa il suo spazio), testimoniato dall’incuria in cui versano (tralicci e funi laddove presenti) e i macchinari per il funzionamento degli stessi. Nell’impianto a fianco del Lago Calamone si notano invece i tralicci e le strutture in muratura di sostegno dei macchinari anch’esse in stato di evidente dismissione.

Impianto dismesso al Ventasso

La normativa dell’ Ustif (Ufficio Speciale Trasporti e Impianti Fissi del Ministero dei Trasporti) prevede che un impianto a fune terrestre senza più il nullaosta dell’ufficio stesso (quindi arrivato a fine vita) debba essere “steso a terra” ovvero completamente smantellato. La situazione reggiana non è comunque molto dissimile da altre regioni del nord italia, dove si contano decine di impianti dismessi e abbandonati, quasi sempre per mancanza di neve.

“Purtroppo ormai i giorni di innevamento naturale sotto quota 1.500 metri sono statisticamente insufficiente – conclude Becchi - a mantenere in funzione e redditivi gli impianti sciistici sul nostro appennino, ma non per questo è giustificato l’abbandono degli stessi una volta dismessi. Prima che il bosco torni completamente a colonizzare sia le piste da sci che l’area delle risalite è necessario provvedere al loro smantellamento, asportando le condutture per l’innevamento artificiale, i cavi elettrici interrati e i tralicci con i loro basamenti, restituendo al territorio la sua originale conformazione. Purtroppo la cattiva gestione ha spesso determinato il fallimento delle società che gestivano questi impianti, lasciandoci una pesante eredità”.

Il sopralluogo compiuto nei giorni scorsi non resterà isolato, visto che in altre località del nostro appennino la situazione non è migliore. Il video con le riprese degli impianti è visibile sul sito www.legambientereggioemilia.it

5 COMMENTS

  1. – Gli impianti di Civago-Appenninia sono stati realizzati con capitali quasi interamente locali a partire dagli anni 60 ed hanno funzionato sino al 2006, per quali 50 anni, dando un importante contributo all’equilibrio socio-economico dell’area e favorendo quello sviluppo turistico che per alcuni decenni è stato significativo ed ancora oggi fa di Civago un paese vitale.
    – Nel 2006 i conti economici della gestione, ancorchè improntati al continuo contenimento delle spese e sorretti dal volontariato del paese (Sci club Lupi di Civago e soci cittadini del CVC, consorzio proprietario degli impianti), hanno imposto la chiusura dell’esercizio della stazione , neppure particolarmente sostenuta come altre da investimenti e contributi pubblici, preferendo evitare il ricorso ad indebitamenti ulteriori oltre a quelli derivanti dalla fase precedente di sviluppo; non vi è stata cattiva gestione e tanto meno fallimento ma una precisa, doverosa, scelta gestionale visto anche l’andamento climatico e la diinuzione dell’innevamento.
    – L’albergo ex Tana dei Lupi, di diversa e distinta proprietà rispetto agli impianti, è incorso in procedura fallimentare alla fine degli anni 90 e solo lo scorso giugno, dopo oltre 10 anni, all’asta è stato acquistato; certamente, nell’ultima fase della stazione di Appenninia, l’albergo chiuso e bloccato da un fallimento piuttosto “ingessato” non ha contribuito al buon esito delle stagioni invernali.
    -Il CVC, che è una srl composta da oltre 40 soci di Civago, si propone di verificare la possibilità di una riattivazione degli impianti con eventuale accoredo in caso di interesse con la nuova proprietà dell’albergo, con la quale sono già stati presi contatti. L’impiantistica, all’atto dell’interruzione delle attività era ovviamente funzionante ed a norma di legge. Una riapertura, compiute le necessaire manutenzioni, fatti i collaudi ed ottenute le autorizzazioni annuali di esercizio sarebbe possibile; gli impianti non sono né scaduti nè definitivamente abbandonati.
    -Se questa ipotesi non fosse possibile la società intensificherà un programma di dismissioni che già in parte è stato attuato per i beni mobili, tra cui un battispista ed un impianto a fune bassa, già smontato, estendendela anche all’impiantistica ed a tutti i beni immobili. Nel caso ciò che sarà possibile vendere sul mercato dell’usato sarà venduto, il resto sarà rottamato.
    -In quest’ultimo caso sarà naturalmente cura del CVC approntare e presentare un progetto per il ripristino e la riqualificazione dell’area su cui insistono (da oltre cinquant’anni il primo e da 28 il secondo) i due impianti di risalita.

    (Sergio Fiorini, amministratore unico CVC-Consorzio valorizzazione di Civago srl)

  2. La stazione di Appenninia costituisce una opportunità per il futuro.
    Un futuro che dovrà necessariamente confrontarsi con scelte di contenimento dei costi e con il recupero di una pratica sostenibile dell’attività sportiva dello sci alpino sull’Appennino.
    Una valutazione comparata delle stazioni sciistiche oggi presenti sul nostro Appennino consentirebbe di misurare il “peso” in termini di impatto paesistico ed ambientale della stazione di Civago e di indurre probabilmente alcuni tardivi Censori a sviluppare considerazioni più ponderate.
    Non secondario, al fine di un approccio più problematico, l’aspetto economico: il costo di manutenzione e gestione della stazione di Appenninia è stato negli ultimi anni, e probabilmente lo sarebbe anche oggi, di gran lunga inferiore a quello delle altre importanti (e molto finanziate dall’Ente pubblico) stazioni reggiane, sia in valore assoluto che in rapporto al servizio offerto.
    Chiunque abbia avuto l’occasione di frequentare le piste di Appenninia, da turista occasionale, da sportivo o da agonista, ricorderà la bellezza dei luoghi e soprattutto la qualità – per andamento plano-altimetrico – delle piste realizzate su pendii naturali, che, giova ricordarlo, sono state in passato terreno di crescita, formazione sportiva, ed allenamento di tanti atleti ed ex atleti, compreso il nostro campione olimpionico.
    Appenninia può divenire una opportunità per il futuro se trova supporto e condivisione l’idea di ripensare le modalità di pratica della attività sportiva dello sci e della organizzazione delle strutture e dei servizi ad essa funzionali.
    Prima di tutto occorre abbandonare la pretesa di sciare prescindendo dall’innevamento naturale: l’innevamento artificiale non è una pratica impiegabile con beneficio in questi luoghi e non era necessaria la disastrosa stagione in corso per dimostrarlo.
    In secondo luogo occorre riconoscere e valorizzare le specificità dei luoghi, recuperare quello che esiste nel rispetto delle peculiarità ambientali locali: Civago, ed Appenninia in particolare, non hanno subito la devastante speculazione edilizia di altre località, non hanno le “botteghe” e le dotazioni di “servizi” collaterali che altri luoghi possono vantare e che molti dicono lo sciatore medio ricerchi (?!). Appenninia conserva impianti “leggeri” per dimensione e complessità e piste che si snodano su pendii naturali ed impegnativi, mentre le condizioni di innevamento, soprattutto nella parte alta, sono generalmente buone a fronte di andamenti stagionali “normali”.
    Una gestione semplice, calibrata sulla domanda, potrebbe consentire agli appassionati di continuare a praticare lo sci alpino in un contesto non deturpato, ma soprattutto potrebbe fornire l’opportunità di riprendere una attività di avviamento e formazione sportiva per le giovani generazioni, offrendo una “palestra naturale” unica adatta all’allenamento ed alla pratica agonistica, ma anche un luogo dove l’occasione di un fuoripista tra i faggi può far apprezzare la stasi vegetativa del bosco e insegnare a riconoscere le tracce degli animali selvatici.
    Per concludere, non credo sia tempo di buttare nulla e tantomeno risorse economiche per ripristini ambientali che avrebbero maggiore urgenza in mille altri luoghi del nostro territorio. Da molti anni ci ritroviamo in pochi a ragionare su questi temi. Qualche idea è nel cassetto (ma per intenderci non certo quella di nuove installazioni, come seggiovie od altro). Possiamo provare a prefigurare un futuro diverso che non sia “una pesante eredità per le future generazioni”? Preferiamo lanciare ed ascoltare denunce di sdegno o qualcuno è disponibile ad impegnarsi su e con ragionamenti propositivi?
    Con l’augurio e la speranza di cogliere qualche segnale, grazie per l’attenzione e buona giornata.

    (Luigi Monti)

  3. Non posso che condividere le considerazioni di Luigi Monti.
    Paradossalmente Civago-Appenninia, che è la stazione che fino all’ultimo è stata attiva rinunciando all’innevamento artificiale, non esponendosi con investimenti (leggi debiti) insostenibili, cercando finchè si è riusciti a mantenere una dimensione complessivamente sostenibile è esposta ad un attacco che si basa sui concetti opposti.
    Tuttavia, anche se la via è stretta e piena di curve, metafora della nostra viabilità, lavoriamo ad una prospettiva per la stazione, magari anche del tutto nuova. Molto dipenderà dai progetti della proprietà dell’albergo. Definito questo quadro potremo decidere se riattivare gli impianti o dismetterli.

    (Sergio Fiorini)