Alfred Adolf Adler, uno psicologo allievo di Freud, basa il suo impianto teorico sul senso di inferiorità che pervade la vita dell’uomo. Fin da bambini il senso di inferiorità è un sentimento che ricorre nella vita psichica umana. Essere derisi, sbeffeggiati, fatti sentire impotenti e incapaci sono tutte esperienze dolorose, che accadono nel corso evolutivo, e si ripresentano anche nell’adultità. Il sistema sociale sembra riferirsi solo al mondo adulto, e ha creato a latere un mondo specifico per l’infanzia, costruito e artificiale, fatto apposta, e i due mondi coesistono, ma non interagiscono appropriatamente. I bambini crescono separati dal mondo adulto, non integrati, sembrano esseri diversi, con oggetti e codici appositi. Per poi entrare di colpo nel mondo degli adulti. E nel frattempo non si sono fatti le ossa, non imparano a gestire i conflitti, le sconfitte, le difficoltà. Spesso i bambini sono o iperprotetti o isolati e lasciati a loro stessi, talvolta anche sprotetti.
Nella società occidentale vige l’usanza di sminuire e spesso canzonare, deridere il bambino, oppure l’estremo opposto, il bambino è deificato, come fosse sua maestà, attorno cui tutto deve girare. La condizione d’inferiorità è già insita nel bambino: egli necessita accudimento, supporto, sostegno, da parte della figura di riferimento, e dal tessuto sociale. Se l’adulto si ponesse in modo equilibrato, accoglierebbe la fragilità dell’infante e lo accompagnerebbe serenamente, rispettandone le normali tappe evolutive, aiutandolo a superare le difficoltà incontrate, e a tollerare sbagli, debolezze.
Altri psicologi sociali hanno dichiarato l’importanza nel processo educativo di quell’impalcatura svolta dal mondo adulto, necessaria a sorreggere l’individuo in fase di sviluppo, affinché egli cresca pensandosi capace di valere, e di incidere sulla realtà.
Se tali passaggi non sono rispettati e la persona cresce percependosi inadeguata e debole, essa cercherà in tutti i modi di dimostrare al mondo di essere degno di valore. Adotterà schemi comportamentali, dove cercherà il protagonismo a prescindere: per fare questo utilizzerà arroganza o un umorismo sprezzante, graffiante, irrispettoso dell’altro, che non può permettersi di considerare, tutto teso ad affermare se stesso.
Cercherà di denigrare per paura di essere a sua volta denigrato.
Polemico, aggressivo, irriverente, sconveniente, non importa in quale modo: egli tenterà di sminuire l’altro, per apparire di più. Nascondendo così la paura terribile di essere “meno”, piccolo, non incisivo.
E sarà disposto a tutto pur di riuscire nel suo intento. La lotta per affermarsi potrà prendere pertanto sfumature e toni sempre più violenti, fino ad arrivare a sistemi dispotici e dittatoriali.
Da un lato alcune prove possono temprare e fortificare la personalità e contribuire a quello che in psicologia si definisce resilienza caratteriale, dall’altro, un accanimento ripetuto e reiterato atto a volere auto affermarsi a tutti i costi è sintomo di disfunzionalità. Tale comportamento è segno di ferite narcisistiche irrisolte, che portano la persona a non arrendersi di fronte alle frustrazioni, a proiettare le responsabilità su altri, dimostrando a chi osserva una totale incapacità di decentrarsi e di tollerare la frustrazione.
Dover convivere con tale personalità può diventare molto faticoso, scatenando negli altri un senso di impotenza e di annichilimento. L’individuo incapace di ammettere i propri errori non ha l’umiltà per sostenere fallimenti. Egli lotterà strenuamente, pronto a passare sopra le vittime del suo sterminio, obbedendo a un copione che prevede solo la vittoria, mosso da un senso di inferiorità nascosto, che lo spinge a uno sforzo immane nel dimostrare a se stesso e al mondo di valere.
Mi sembra un magnifico psico-ritratto di un “uomo malato che ha bisogno di aiuto” come, a suo tempo, lo definì una signora che lo aveva conosciuto molto bene!
(Gioacchino Pedrazzoli)
Però Adler si chiamva Alfred, non Adolf…
(Luca Giovanelli)
Grazie Luca, se fa una ricerca in rete troverà che aveva due nomi.
(red)
Io sono appena fuggita da una personalità di questo tipo.. e ne sono uscita distrutta… anzi, non ne sono ancora uscita…
Narcisismo e sindrome di Peter Pan.. possono coesistere?
Aggressivo nel criticare, dispotico, totale mancanza di empatia, autoesaltazione, tendenza a sminuirmi, non accetta critiche, non conosce l’autocritica, grande giocoliere con le parole.. ecc.. ecc..
E’ vero, c’è un bambino insicuro, l’ho visto.. ma si nasconde velocemente per lasciar posto a… non saprei dire…
Personalità, questa, che può fare grandi danni…
(Lisa)
La ferita narcisistica porta a sviluppare un ego distorto, sempre bisognoso di apparire per paura di non esistere, di non essere adeguato. Ed è un comportamento tipico dei bambini, in fase evolutiva.Tale paura tende a scomparire via via con il crescere della percezione di se stessi come capaci e assertivi. Ognuno è portatore di ferite narcisistiche irrisolte, tuttavia la persona “sana” sa mettere in atto processi riparatori, mentre la persona che resta intrappolata in tali schemi adotta comportamenti ripetutamente e palesemente disfunzionali.
(agc)