Riceviamo e pubblichiamo.
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Carissimo Giordano, ti ho visto sorridente in Redacon mentre annunciavi la tua partenza da Castelnovo. Spero sia lo stesso nei giorni del cambio, quando preparerai le valigie; ti imbatterai in tanti scritti e fotografie della tua vita intensa accanto a don Geli, tra i ragazzi e i giovani, ai quali hai donato nove anni della tua vita: negli incontri e scontri, lungo le strade della Francigena o di Santiago o di Loreto, nelle settimane comunitarie, in mille iniziative che la tua fantasia ti ha suggerito, in cerca sempre di qualcosa di nuovo, nella scuola o alla Pieve nella case della Carità o a Cesenatico o a Lourdes, con l’Unitalsi, in pellegrinaggi inusuali per giovani di altri oratori o parrocchie.
“Andar via sorridendo” vuol dire fidarsi del Signore, che guida e orienta la nostra vita di preti e di laici! “Andar via sorridendo”, non con il sorriso amaro o malinconico o arrabbiato, da “incavolato”, ma di chi è riconoscente al Signore per le persone che ha incontrato, su e giù dalla Pieve alla Risurrezione, alla Pietra, in tanti andirivieni in bici, a piedi o in macchina per le strade della montagna e della Diocesi. Tutte, più o meno, anche quelle che non riconoscevano il tuo essere prete, sono state per te scuola di vita, verifica del tuo sacerdozio, della tua umanità, così ricca, così piena, così irruente, così “in avanti” da renderti presenza “scomoda”, non sempre facile da accettare e talora non accettata.
“Andar via sorridendo” anche per la buona semente che hai gettato, cercando di essere “profeta dell’educare”, vivendo la virtù della speranza, che è “vedere la spiga dorata nel tempo del seme marcito”. Per uno come te, dal passo non sempre lento del seminatore, devono essere costate tanto alcune diserzioni dal campo, dove ti attendevi frutti abbondanti mentre ti appariva smarrita o marcita inutilmente la semente gettata. I fallimenti in campo educativo ed evangelico non dovrebbero mai spegnere il tuo sorriso: noi non si lavora per il risultato immediato, noi dobbiamo lavorare, dissodare, seminare con disinteresse e fiducia, lasciando al Signore cogliere l’attimo, che fa rifiorire e fruttificare quanto con amore abbiamo cercato di fare. Sono spesso i nostri “rametti di follia”, che coltiviamo insieme a quelli buoni, che ci rovinano il raccolto, ci mettono in difficoltà con le persone e ci inducono a chiedere perdono per certe nostre intolleranze o invadenze.
“Andar via sorridendo” anche se mette nostalgia il volto di ragazzi e ragazze, di giovani, di adulti, con i quali hai condiviso un cammino, recitando “Ligabue” o “Quando il gallo canta” o la “Favola di un saltimbanco”, percorrendo la “Via Crucis” per le vie della parrocchia o i progetti dell’Oratorio da far sorgere là dove nell’ex capannone del Motti si sono vissute feste, momenti di fraternità e di gioia, già segno di uno spazio giovane che c’è e si sogna ancora più in grande, più accogliente, più moderno.
Caro Giordy, hai vissuto nove anni in montagna, una terra viva, ricca di memorie, di preti e di laici del passato e dell’oggi. Puoi andar via “sorridendo” anche per questa occasione, che ti porti, nello zaino, insieme alle magliette che hai “creato”: tra le tante, l’impronta di un piedone che insieme alla fotografia, che ha fatto il giro del mondo, ti rimanda sorridente a Loreto, in quella piazza, in quel santuario, dove ti sono scappate più di una lacrima.
Te la concediamo anche adesso che te ne vai “sorridendo”. Sei stato una presenza di “qualità”: per l’amore, a volte sofferto, alla Chiesa, che tu avresti voluto, come il tuo amico don Gigi Guglielmi, sempre più allo scoperto, tra gli ultimi, i poveri; per la passione ai giovani, in un “continente” quanto mai complesso, non facile da capire, da interpretare, da educare e lasciarsi educare; per il dono della Parola, così fluente ed efficace, nell’omelia della Messa o nei momenti di spiritualità vissuti a S. Stefano o lungo i vari cammini, per i tuoi tentativi di “dialogare” sul territorio.
Personalmente ti sono grato per avermi invitato a Castelnovo, per essere venuto con i tuoi giovani in Val Formazza, per come hai accolto i miei ragazzi di Arese, Giairo, Achille, gli altri di passaggio, per la gioia di avere collaborato con te in tante iniziative. Non sempre forse ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda, ma mai l’amicizia è mancata o diminuita.
Non so dove andrai, ma ti dono un consiglio, che un salesiano santo ha dato a me, ad altri miei confratelli: “Sii sempre, dovunque, con tutti, veramente sacerdote: all’altare e nel confessionale ma anche sulla cattedra, in cortile, per strada… La carità sia l’anima e lo stile della tua vita: sii buono e gentile con tutti. Ognuno che ti avvicina veda in te la benignitas et humanitas del nostro Salvatore”.
Ciao, va via “sorridendo”, anche se molti rimpiangeranno la tua partenza: non solo don Geli, che per anni ti “ha adottato”, i tuoi preti della Pieve ma anche quelli che hai conosciuto, con i quali ti sei incontrato o “scontrato”. Con viva simpatia, don Vittorio, che in questi giorni è andato via “sorridendo” da Arese per Milano, dove continua a stare tra i giovani, non i “barabitt” ma quelli di un Collegio Universitario.
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