Home Economia E se scoprissimo che si può stare bene anche senza il Pil…

E se scoprissimo che si può stare bene anche senza il Pil…

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Colloqui di Dobbiaco: ecco la nostra delegazione

Politica, sindacati, imprese, organizzazioni di categoria, giornali e televisione cantano nel coro che manda a memoria un solo motivo: crescita, crescita, crescita.

I “ Colloqui di Dobbiaco”, cui ha partecipato una delegazione di montanari sabato e domenica scorsi, sono una preziosa occasione,  vero laboratorio della mente e della svolta che svincolato dalla prossimità delle urgenze si interroga, discute e lavora alla costruzione del ponte tra la società della crescita e il dopo-crescita. Una discussione che potrebbe aprire spiragli importanti per l'Appennino.

Nel solco dell'evoluzione della società è già stato gettato il seme del post-crescita nella convinta condivisione che la misurazione del benessere attraverso lo strumento della contabilità nazionale odierna (e quindi la misura del Prodotto interlo lordo, il Pil) - che ha le sue origini negli Stati Uniti negli anni Trenta - sia inadeguato. L'uso di una metrica monetaria è un limite grave poiché si concentra su un concetto di produzione (Pil) anziché misurare il benessere (economico) delle persone; l'indicatore del “benessere equo e sostenibile” come misuratore del progresso è oggetto del lavoro della Commissione Stiglitz che, voluta dai francesi, lavora alacremente di concerto con l'Ocse, sull'individuazione di un set di indicatori (salute, educazione, ambiente, lavoro, beni materiali, relazioni interpersonali, partecipazione alla vita sociale...) che possano prima integrare e poi sostituire il Pil.

Enrico Giovannini, presidente Istat, chiude l'intervento indicando tre punti chiave per la formazione di dati  statistici nel post-crescita: nuovo concetto di progresso, selezione degli indicatori chiave ad esso relativi e diffusione capillare di questi indicatori ai cittadini.

Tilman Santarius pone la questione della crescita sostenibile e sottolinea l' effetto “rebound” (rimbalzo) con il “paradosso di Jevons”, ossia il fatto che un aumento dell'efficienza energetica produce – paradossalmente -  un incremento  della domanda di energia. In sostanza , il risparmio energetico è vanificato – se non addirittura superato - dall'aumento complessivo dei consumi con buona pace del Pil. E' quindi prioritario riorientare il valore aggiunto (risparmio) che si ottiene dalla buone pratiche di efficienza energetica affinchè integrino gli indicatori della post-crescita anziché i fattori del Pil. Le conclusioni di Santarius si concentrano sulla necessità di contenere il processo di globalizzazione verso il Sud del mondo stimolando nel contempo norme e vincoli ambientali severi quanto quelli dei paesi industrializzati, sulla promozione della sufficienza energetica e sulla decisiva modifica al cambiamento di mentalità finora ispirata alla crescita, facendo in modo che in futuro il benessere e la soddisfazione dei cittadini non dipendano più dalla crescita del Pil , ma dal piacere di vivere meglio consumando meno risorse ed energie, nuovi stili di vita e scelte consapevoli.

Frederike Habermann parla apertamente di homo economicus la cui seconda definizione è semplicemente quella di “ persona della nostra epoca”. Nessuno puo' essere scisso dal contesto in cui vive e cresce e pertanto “ E' la società il fattore che più ci plasma (R.M.Sapolsky)” per cui tendiamo a ridurre la vita ai suoi valori materiali, all'egoismo e  alla concorrenza.

L'approccio femminista ad una economia alternativa consiste nelle “pratiche dissidenti” della vita quotidiana come base per dare il via e confermare il cambiamento. Definisce ancora quelle che chiama “ penisole controcorrente” cioè luoghi – geografici o sociali – in cui le persone cercano di vivere una vita migliore insieme agli altri applicando anche lo “ skill sharing” cioè scambio di competenze, comunità di utilizzo e relazioni di prossimità.

Hermann Knoflacher rompe decisamente lo schema dei relatori che rispondono al tema indicato dal programma e anziché sviluppare – Mobilità senza crescita-  con ironia e determinazione rappresenta  il cervello dell'uomo con l'automobile al centro dalla quale partono gli impulsi che condizionano i pensieri e le azioni stesse.E' un vero e proprio virus che dà forte dipendenza e ogniqualvolta dobbiamo progettare , per esempio, una abitazione la pensiamo in funzione di una o più automobili e cosi per l'urbanistica, il commercio e la distribuzione. Dice un vecchio adagio che chi non ha testa abbia almeno gambe e nella fattispecie nel piede che aziona l'acceleratore: è chiaro che quando si hanno 200 cavalli e più nelle gambe in testa resta davvero poco.

Con l'avvento e l'incremento della mobilità meccanica ci muoviamo molto più avanti e in profondità delle nostre percezioni sensoriali con la conseguenza di essere più mobili ma di reagire troppo tardi. Chiude l'intervento affermando che sarebbe urgente far crescere non la mobilità dei veicoli ma quella della mente poiché -diversamente dalla mobilità fisica- la mobilità mentale sarebbe libera di crescere senza limiti e senza ricadute negative.

Inesorabile poi nel definire le persone – vincolate alla protesi per muoversi (l'automobile) - trasformate in automobilisti soggiogate da priorità indotte vittime di immobilità mentale. Drastico poi nella cura per la vivibiltà dei paesi e città: abolire i parcheggi e restituire lo spazio alle persone. Vedi Seul.

Irmi Seidl interviene su  Lavoro e reddito nella società post-crescita. Con grande efficacia rappresenta il  Pil con tassi di crescita inizialmente molto alti ( = > 10 percento) che si sono via via ridottiai valori odierni con valori tra 0 e 2 percento. Le previsioni stesse della Commissione Europea prevedono un tasso di crescita da oggi al 2020 intorno all'1,25 percento. Interessante l'osservazione secondo la quale tutti invocano la crescita per combattere la disoccupazione, i redditi troppo bassi e l'iniquità nella distribuzione delle risorse come una sorta di pozione magica per ridurre le disuguaglianze sociali e creare progresso. Tuttavia queste speranze riposte nella crescita sono rimaste (sempre più) disattese. Nonostante l'incremento del Pil in tutti i paesi industrializzati è aumentata la disoccupazione poiché se l'incremento non supera una certa soglia la crescita produce più licenziamenti che assunzioni sopratutto per effetto delle nuove tecnologie e degli interventi che le imprese adottano per migliorare l'efficienza.

Sottolinea poi come sia inarrestabile il passaggio alla società post-crescita con una evoluzione già prevista con largo anticipo ( Keynes,Erhard) ma in realtà i politici continuano a restare ancorati ai modelli economici degli anni sessanta e cercano in tutti i modi di favorire una nuova crescita varando manovre atte a far crescere il PIL, salvando le banche dal tracollo finanziario, pompando denaro nei mercati e cosi' via. Gli esperti concordano sul fatto che una delle cause principali del forte indebitamento pubblico sia la politica di spinta alla crescita perpetrata nel passato.

Conclude ponendo la riduzione delle ore lavorate e una migliore perequazione nella redistribuzione del reddito a sostegno della questione  sociale come elemento cruciale e determinante nel passaggio alla società post crescita.

Stefano Bartolini  analizza e compara gli Stati Uniti e l'Europa cercando misuratori di felicità che non sembrano viaggiare di pari passo con la crescita economica. Il materialismo ostacola  le (buone ) relazioni poiché tende ad assimilare le persone agli oggetti limitando la generosità. Empatia, solidarietà e autenticità  (qualità non strumentali). Più ricchi meno felici. Avremo modo di approfondire il tema benessere/felicità direttamente con l'autore nei prossimi mesi in montagna.

Chiude Giuseppe De Marzo che porta la testimonianza del le nuove Costituzioni politiche di Bolivia ed Ecuador che per la prima volta nella storia riconoscono i diritti della natura ed il buen vivir come paradigma etico-morale fondante. Il buon vivere rappresenta un'alternativa che ci consente di camminare verso una società dei beni comuni e della “democrazia della Terra” in ottica partecipativa e comunitaria verso l'inclusione dei soggetti esclusi dalla crisi della democrazia rappresentativa.

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato vivendo questa  esperienza di gruppo che ha nella qualità della relazione il collante e nel rispetto, nella consapevolezza e nel desiderio di approfondire le tematiche la motivazione.  Appuntamento ai “Colloqui di Dobbiaco 2012”

(Federico Tamburini)

3 COMMENTS

  1. Complimenti alla redazione per aver pubblicato quanto riportato da Tamburini sull’incontro di Dobbiaco. Segnalerò subito ad alcuni amici l’articolo. MI auguro che rimanga , per diversi giorni, in evidenza. Grazie.

    (Luigi Magnani)