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Partigianato / Il Tricolore italiano non poteva essere contemporaneamente il simbolo di due stati

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Dopo oltre 60 anni i nostalgici del duce e della dittatura fascista piantano croci a ricordo dei loro morti. Sin qua niente di male, una croce non si nega a nessuno. Quello che invece stride con la verità storica è la pretesa di consacrare quei caduti come morti per la Patria e il Tricolore. Va ricordato all’avv. Tadolini che in quei tempi in Italia esisteva uno stato monarchico, legittimo, che aveva come bandiera il Tricolore. Quel legittimo stato, che cessò di esistere con la nascita della Repubblica, per volontà popolare, il 2 giugno 1946.

Dopo l’8 settembre ’43 lo Stato legittimo, con proprio decreto consegnato all’ambasciata tedesca in Roma, dichiarò guerra alla Germania di Hitler. Da quel giorno le forze armate dislocate al sud d’Italia e le formazioni partigiane del Cln al nord combatterono a fianco degli alleati fino al 2 maggio 1945, giorno della resa totale, sul suolo italiano, dei tedeschi...

Il nuovo esercito e le formazioni partigiane, oltre al fucile, portavano al vento la Bandiera tricolore. Forse che la Repubblica sociale detta di Salò, proclamata dal duce recuperato dai tedeschi dalla prigione, dove il re lo aveva confinato, ha avuto una qualche legittimazione popolare, attraverso referendum o altra forma?

La bandiera italiana non può essere al servizio, contemporaneamente, del legittimo stato monarchico e di una forza armata illegittima, quella della Rsi, asservita allo stato nazista e sua complice nella perpetrazione dei più atroci crimini contro l’umanità. Perciò lasciamo alla Croce quel profondo significato cristiano che porta con sé dalla morte di Gesù.

Vorrei anche dire, a chi si ostina ad abbattere croci, che se intende così di dare un significato politico alle proprie gesta ha sbagliato sentiero. Noi accomuniamo gli abbattitori di croci a quanti prendono a martellate i cippi che ricordano il sacrificio dei nostri partigiani. Come avvenuto di recente nell’aia di Collagna, dove è stata distrutta una statua posta a ricordo di un partigiano modenese caduto il 22 aprile 1945.

(Giacomo Notari, presidente ANPI Reggio Emilia)

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Intervento di Fabio Filippi

Il vicepresidente del Pdl Emilia-Romagna Fabio Filippi invita il consigliere comunale Sergio Pensieri a non fare confusione sui simboli religiosi che uniscono, quali la croce cristiana, che ha un significato molto più grande dei fatti storici contingenti che dividono ed ai quali il consigliere di Villa-Minozzo si richiama. “Non voglio risultare insistente o essere frainteso, il mio spirito non è certo nostalgico e tantomeno quello di sollevare una parte politica contro l’altra per ricordare eventi storici dimenticati, ma quello della pacificazione che ancora dalle nostre parti non c’è. Ricordiamoci che la verità è prodromica alla pace e che ha fatto bene il presidente dell’ Anpi Giacomo Notari a mettere sullo stesso piano gli abbattitori di croci e coloro che prendono a martellate i cippi partigiani. Le croci innalzate in alcune località del territorio reggiano vogliono solo ricordare terribili atti di violenza compiuti da uomini contro uomini dello stesso paese, episodi di guerra civile spesso volutamente dimenticati dalla storia e dagli istituti storici preposti alla ricerca del dopoguerra. La violenza è un atto terribile compiuto purtroppo tanto da esponenti fascisti quanto da esponenti comunisti. Le croci sparse sul territorio sono un segno di pietà cristiana, di riconciliazione e di rispetto per i morti che in quanto tali, non sono persone ma anime degne della massima considerazione. Chi non rispetta i morti, non rispetta nemmeno i vivi. La pietà umana è un sentimento indispensabile per un amministratore di qualunque colore politico. La verità è libertà, non può essere cancellata da nessuno, né dai politici né dagli storici”.

(Fabio Filippi, 31 agosto 2009)