Si è conclusa nei giorni scorsi la prima fase delle operazioni di pulizia e sondaggio archeologico sulla cima di monte Castello, a Castelnovo ne' Monti, dove si trovano i resti di una torre e di mura di sostegno dell’epoca matildica. Le operazioni di pulizia hanno riguardato il diradamento della folta cortina arborea che ormai circondava la torre e rendeva invisibili gli altri resti.
Tali operazioni sono state supervisionate dalla Cooperativa Archeosistemi che effettuerà i successivi scavi, nella persona dell’archeologa Anna Losi. Le attività condotte finora sono andate nel migliore dei modi, nel rispetto dei ruderi che iniziano gradualmente ad emergere. Ad esempio sono tornate ad essere visibili alcune pietre delle mura di cinta attorno alla torre e si prospettano già da ora elementi di grande interesse che potranno affiorare dalle successive fasi di scavo.
All’operazione collabora anche l’associazione di volontariato Archeomontagna, che resta aperta anche alla partecipazione di nuovi volontari: chiunque fosse interessato a collaborare agli scavi può contattare Marco Colombari al numero telefonico 328 6674319.
I lavori nei successivi stralci prevedono il riscontro delle rovine emergenti e lo scavo nelle aree sensibili di altri ritrovamenti (previa condivisione con la Sovrintendenza Archeologica).
Così descrive la struttura oggetto di studi l’architetto Walter Baricchi, che ha seguito la genesi del progetto di intervento ed è responsabile del Club Unesco di Reggio: “Si tratta di un antico castello canossano, simbolo identitario di Castelnovo ne' Monti e certamente parte integrante del sistema fortificato delle terre matildiche a controllo sia del principale centro abitato dell’Appennino reggiano che della importante strada per la Toscana attraverso il passo di Pradarena. Attualmente è allo stato di rudere rimanendo l’antica torre e resti delle mura. Praticamente sconosciuto alla cittadinanza nonostante la vicinanza ed accessibilità dal centro storico, è occultato da una folta vegetazione di sempreverdi che ne stanno compromettendo la conservazione dei resti. L’Amministrazione comunale, in collaborazione con il Club Unesco di Reggio Emilia e l’associazione di volontariato Archeomontagna, ha avviato un progetto di recupero e valorizzazione attraverso una pubblica e condivisa iniziativa pubblica. L’obiettivo è quello di restituire alla comunità questa importante testimonianza attraverso la ricognizione e il rilievo archeologico del sito, la sistemazione del percorso di visita e di accesso, integrando l’area nel circuito della offerta turistica dei castelli matildici”.
La storia del castello è molto antica, prosegue infatti Baricchi: “Verso la metà del secolo X la famiglia Canossa aveva esteso il suo dominio nella nostra montagna e, poiché son nominate Felina e Malliaco, è giusto pensare che questo dominio si estendesse anche su Bismantova e sul nascente Castelnovo. Tra il 1062 e il 1100 questa famiglia costruì un altro castello, 'castrum novum', che doveva poi dare il nome al paese, in contrapposizione al 'castrum vetus' che sorgeva su Bismantova. Sul monte fu costruita una torre o guardiola che esiste ancora in parte. Costruito dai Canossa il nuovo castello, questo nel 1111 fu donato da Matilde al monastero di Canossa, insieme con Felina e Sarzano. Ormai il nome nuovo di questo paese entra nei documenti e a poco a poco diventerà popolare. In una bolla di Papa Adriano IV del 1156 vengono confermati a Manfredi, abate di quel monastero, Sarzano e Felina e Castrum Novum cum capella et curte e lo stesso si dirà in un'altra carta del 1188. Si ha notizia e documentazione dell’esistenza di quattro cunicoli sotterranei che sboccano ai margini inferiori della pineta o del vecchio borgo”.