Epoca di bilanci e riflessioni per la scuola. I giornali titolano “30% degli studenti bocciati”, e un’altra infinità rimandata. Sguardi perplessi si fissano sui tabelloni dei risultati, espressioni attonite: “Mi ha rimandato con 5.95 per un sette in condotta”. Mala tempora currunt per studenti ma non solo. Lo stato di smarrimento e confusione nella scuola è trasversale. Vi sono epoche di transizione in cui si oscilla tra nuove e vecchie modalità: incertezza e paura del nuovo da un lato, entusiasmo di chi fa le riforme, convinto di fare il bene comune, dall’altro.
La scuola sembra attraversare un’impasse da cui escono vittime al momento in molti. I vincitori ancora non si conoscono, si contano però bocciati e rimandati con una percentuale che non può lasciare indifferenti gli addetti al lavoro e gli utenti. Il rapporto scuola e società si esprime in una miriade di significati e modalità che finiscono per coinvolgere tutti direttamente o indirettamente.
Una riflessione a carattere generale è d’obbligo. A iniziare dall’evidente disagio degli studenti che sembrano in tanti non avere risorse adatte per affrontare le materie di studio. Il disagio degli insegnanti che vedono il pericolo incombente del Burn Out, ovvero la sindrome da esaurimento professionale che colpisce le professioni di aiuto (medici, sanitari, educatori). I dirigenti scolastici alle prese con richieste gravose, alunni in difficoltà, nuovi inserimenti, famiglie bisognose e pochissimi fondi a disposizione, in più doventi applicare norme che cambiano quotidianamente a colpi di circolari ministeriali e quant’altro.
In tutto questo la famiglia assiste, cerca di capire, chiede spiegazioni che non arrivano. Per quanto riguarda le difficoltà degli studenti, dice un’insegnante di lettere dell’istituto Cattaneo di Castelnovo ne' Monti:
“I ragazzi non sanno più concentrarsi, surfano in superficie. Navigano veloci sui contenuti scolastici senza soffermarsi. E sperano sempre nelle offerte speciali. Acquistando una carta servizi contano sui cento messaggi gratis, nell’amnistia, nell’indulto, nell’offerta last minute. Molti si presentano all’ultima ora per rimediare un tre in geografia. Sperano negli scrutini che a volte diventano la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ci si arrabatta per stare e galla. Ma ciò che manca è un metodo di studio che prevede concentrazione, il saper stare nei concetti. Darsi il tempo dell’apprendimento e della riflessione. Il fare spazio per imparare implica staccare dai telefonini, dalla rete che spinge alla fretta e al salto da un link all’altro. Costruire il sapere significa creare basi, gradino dopo gradino. Se non c’è questo passaggio tutto resta campato per aria e non c’è coerenza ma solo un superficiale nozionismo che in certe materie non regge, se non le studi con continuità e concentrazione non costruisci nulla. Già alle elementari si fa troppo. Si stimolano gli alunni in mille modi, senza però poi dar loro il tempo per assimilare e riflettere. Alle superiori molti arrivano che non sanno studiare, non si danno il tempo. Sembrano al 'Rischiatutto'. Ne consegue prima o poi la catastrofe, che altro non è che un invito a uno stop, al ritornare all’inizio e rifare il percorso con la dovuta calma e attenzione”.
Vittorio Lodolo , nel testo “Scuola di follia” (2005) mette in guardia contro il sottovalutare il disagio scolastico da parte di tutti. È nella scuola che si formano le persone che costituiscono una società. Se c’è una falla anch’essa risulterà fallata. Quali sono le strategie che possono prevenire il disagio? Fare un’analisi concreta dei disagi che affliggono le diverse categorie, portandoli alla luce e individuando risorse collettive. Il collaborare piuttosto che isolarsi, l’esprimere piuttosto che il tener per sé la paura di non essere capaci e adeguati. I significati sociali sono sempre co-costruiti e ognuno è chiamato ad apportare il proprio contributo, dopo aver riflettuto consapevolmente su se stesso e sulle relazioni che intercorrono nell’intreccio del tessuto scolastico, e più in generale in quello sociale. Si può e si deve stare bene a scuola. Ma questo è possibile se tutti si sentono inclusi e consapevoli partecipanti al processo co-evolutivo. Nessuno escluso. La scuola non è finita. È appena iniziata.
(Ameya Gabriella Canovi, insegnante e dottoressa in psicologia, specializzanda in psicologia clinica)