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andrà in scena al Teatro Bismantova con il Paese della vergona

Daniele Biacchessi: «In Italia non abbiamo fatto i conti con la nostra storia»

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Daniele Biacchessi porterà in scena con i Gang il Paese della vergona al teatro Bismantova, il 4 aprile.

Giornalista d’inchiesta, scrittore, autore teatrale e cinematografico, conduttore radiofonico, Biacchesi ha scritto 42 libri ed ha portato in scena il suo impegno sociale: La fabbrica dei profumi (sul disastro di Seveso), Il paese della vergogna (sulle stragi della strategia della tensione), per citarne qualcuno.

Quello che andrà in scena al Bismantova, il Paese della vergona, è un classico del teatro canzone, replicato dal 2008 in teatri, auditorium, scuole, vie, piazze, chiese sconsacrate, consacrate, e perfino mulini: oltre 500 repliche, un cd, un libro per Chiarelettere.

La nostra intervista a Daniele Biacchessi

Cosa l’ha ispirata a creare "Il paese della vergogna"?

“Il paese della vergogna “è innanzitutto un libro di successo pubblicato nel 2007 da Chiarelettere. Conteneva in breve alcuni testi di teatro civile che avevo scritto e rappresentato in solista e accompagnato dal sassofonista Michele Fusiello e dal pianista e compositore Gaetano Liguori. L'idea era quella di raccontare un paese che non ha fatto i conti con la sua storia perché tante vicende come stragi, omicidi politici, non hanno trovato giustizia.

Come ha scelto gli eventi storici e le storie da raccontare in questo spettacolo?

Qui c’è la storia della seconda metà del Novecento. Ci sono le stragi nazifasciste organizzate contro la popolazione civile tra il 1943 al 1945, e la mancata giustizia a causa dell’archiviazione illegale avvenuta nel 1960 di 695 fascicoli e di un registro con 2275 notizie di reato, poi ritrovati nel 1994 nella sede della magistratura militare a Roma. Qui ci sono le storie della strategia della tensione da piazza Fontana alla stazione di Bologna, e poi delle stragi di mafia sal Rapido 904 a Capaci e via D'Amelio nel 1992, e quelle successive del 1993 a Roma, Firenze e Milano. E poi i tantissimi omicidi politici che non hanno avuto giustizia.

In che modo l'integrazione delle canzoni dei Gang contribuisce alla narrazione e alla forza emotiva dello spettacolo?

Con i Gang collaboro dal 2003, da uno spettacolo intitolato “Perché Fausto e Iaio con Stefano Paiusco e Raja Marazzini. Proseguire il cammino con un altro spettacolo era naturale. Le mie parole finiscono dove iniziano le loro canzoni, e viceversa. Abbiamo reinventato il teatro canzone in Italia, dopo lunghi anni di silenzio. Oltre 500 repliche in teatri, auditorium, vie, piazze, chiese e perfino mulini. Il lavoro di ricerca e sperimentazione è proseguito con “Passione reporter “, “Orazione civile per la Resistenza“, “Storie dell'altra Italia" con Massimo Priviero, “Giovanni e Nori" con Gaetano Liguori e l’illustratore Giulio Peranzoni, “Radio 77. Calibro 77”, “Il lavoro: la conquista della dignità”.

Nel libro e nello spettacolo si parla di eventi tragici come le stragi nazifasciste. Cosa pensa che si possa fare oggi per evitare che la storia venga dimenticata?

Bisogna raccontare, narrare, tramandare di nonno in padre, in figlio queste storie per farle diventare immortali. Non solo custodirle ma compiere un'operazione culturale di manutenzione della memoria rendendola viva.

Ci sono canzoni che, per lei, hanno un significato speciale in relazione alla tematica trattata?

La pianura dei sette fratelli e Dante di Nanni. La storia della famiglia Cervi, una delle prime a dichiararsi pubblicamente antifascista e quella dell'operaio torinese di Nanni. Figure esemplari, simboliche. In loro troviamo l’essenza dell'epica della Resistenza.

"Il paese della vergogna" riprende anche eventi più recenti, come stragi e atti di terrorismo. Come vede il legame tra passato e presente in relazione alla memoria storica?

L’Italia è un paese dove il passato non passa mai. Non abbiamo fatto i conti con la nostra storia. Nel 1945, appena finita la guerra, la relazione della Commissione per l'epurazione del fascismo registrava circa 1400 funzionari della Repubblica di Salò da epurare. Ne sono stati estromessi otto. Nel 1960, quindici anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, la maggioranza dei questori , vice questori, prefetti in carica, uomini dei servizi, provenivano dagli apparati dello Stato fascista. Sono stati quelli che abbiamo trovato nelle indagini su stragi e terrorismo. Una lunga sequenza di nomi come Mario Roatta, Marcello Guida, Federico Umberto D'Amato, Silvano Russomanno e moltissimi altri.

Ci sono delle storie che l’hanno particolarmente toccata o che ha trovato particolarmente difficili da raccontare?

Tutte le stragi nazifasciste dell'armadio della vergogna. 30mila morti civili, 70mila militari, oltre ai 600mila deportati militari nei campi di concentramento nazisti e fascisti. Ci sono migliaia di storie che meritano ancora di essere approfondite.

Il tema della memoria è centrale nel suo lavoro. Come vede il rischio che le nuove generazioni possano dimenticare eventi come le stragi nazifasciste?

Il tema vero è la mancanza di memoria dell'intero paese, non solo delle nuove generazioni. C’è un revisionismo storico che definisce i liberatori come carnefici e gli assassini come eroi.

Quali sono i suoi prossimi progetti?

Il mio ultimo libro è “Ustica, ultimo volo" pubblicato a febbraio da Jaca Book nella collana Contastorie che dirigo.

L'ultimo quadro dello spettacolo di Castelnovo ne’ Monti riguarda il viaggio del DC 9 della compagnia Itavia da Bologna a Palermo. 81 persone morte nell'ambito di uno scenario di guerra, senza giustizia.

 

2 COMMENTS

  1. E’ più che giusto ricordare i drammatici fatti e le efferatezze che hanno dolorosamente segnato gli anni immediatamente successivi alla caduta del fascismo, nella speranza che, mantenendone viva la memoria, dette tragicità non abbiano più a ripetersi, ma allorché ci si propone di fare i conti con la storia occorrerebbe farlo tramite una “panoramica” a tutto campo, secondo il mio modesto vedere, nel senso di includervi pure eventi come quelli che ebbero ad es. a succedere nel cosiddetto “triangolo della morte” (in ambito emiliano romagnolo).

    Dopo di che ognuno può dare la propria lettura ed interpretazione in ordine a tali vicissitudini, ma una narrazione “monocromatica”, e priva di un qualche non trascurabile pezzo, a me sembrerebbe essere qualcosa di diverso dal fare i conti con la storia, e quanto ad epurazioni ed estromissioni del dopoguerra, l’amnistia del 1946, che porta il nome dell’allora Ministro di Grazia e Giustizia, in quota PCI, intendeva verosimilmente comporre o mitigare le profonde divisioni che avevano diviso e dilaniato il Belpaese (in modo da farlo ripartire).

    P.B. 27.03.2025

    • Firma - P.B.
  2. Direi che la grazia Togliatti l’ha fatta principalmente per riabilitare le centinaia di partigiani
    responsabili di massacri a guerra finita.
    Vedi Moranino e soci già espatriati in Cecoslovacchia.
    Se poi avessero dovuto epurare tutti i funzionari dello stato perchè fascisti ,sarebbe nato uno stato
    con ben pochi dirigenti……
    Del resto la storia d’ Italia non finirà mai di fare i conti, a partire da Romolo e Remo,da Cesare a Pompeo,da Costantino a Massenzio,
    da Guelfi e Ghibellini, da Cattolici a Massoni, da fascisti e comunisti, sino ad oggi con chi stà con gli interessi nazionali e chi con i poteri
    forti…….una guerra civile continua.
    Pensate che dopo 2,800 anni cambierà ?