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LA MALINCONIA

Elda raccolta: Pietro scrive della sua malinconia

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La malinconia

Carissima, stamattina, il mio buongiorno è accompagnato da un racconto dove affiorano i ricordi della mia malinconia, sentimento che terminato il servizio militare, neanche nei momenti più difficili, ho più riprovato.

Lascio agli Psicologi e a chi con cognizione, conosce, comprende e studia l’alterazione dell’umore nelle persone, scrivere o parlare della malinconia.

Io da ignorante in materia, mi limito a raccontare i ricordi delle malinconie che ho provato, nelle fasi di crescita della mia vita, cosa le ha alimentate e come le ho superate.

Negli anni della fanciullezza che ho trascorso a Vetto, nella casa dei miei nonni, la nostalgia era alimentata dalla lontananza dei miei genitori.

Ad aiutarmi a superare quello stato d’animo, è stata la pazienza della nonna Peppa e della signora Caterina, questa era una persona dal cuore d’oro, a lei mi ero tanto affezionato che la chiamavo zia, anche se fra noi non esisteva parentela.

Lei quando mi vedeva ammutolito, con la scusa di farmi accarezzare un coniglietto, che teneva avvolto nel grembiule, mi faceva sedere al suo fianco, su un grande sasso a forma di panchina, distraendomi da questa malinconia, raccontandomi di tanti ricordi legati al paese, alla sua infanzia, alla sua famiglia.

Oppure mi raccontava delle favole accompagnate dalla sua mimica, grazie zia “Catìra”, farai sempre parte delle persone a me care.

Qui esco un attimo dai ricordi, per fare i miei sinceri complimenti a chi ha ristrutturato il fabbricato lì adiacente, che con cura ha rimesso allo stesso posto dove era prima una nuova panchina di sasso.

Adesso torno al racconto:

Negli anni dell’adolescenza trascorsa a casa dei nonni, come già detto, la malinconia me la procurava l’inquietudine tipica dell’età, alimentata dalla lontananza dei miei genitori e l’insoddisfazione di me stesso.

Gestire e farmi superare quell’immotivato conflitto, sono stati i miei amici Vettesi coi loro famigliari, che non hanno mai perso un’occasione per farmi sentire uno di casa e mi sono sempre stati vicino.

A tutti sono infinitamente grato e riconoscente.

Parlando ancora di quella brutta sensazione, ma quella profonda, accompagnata dalla tristezza, dalla solitudine e anche dal pianto, è stata quella che mi ha accompagnato durante il servizio militare allora obbligatorio.

In quei quindici interminabili mesi, mi è mancata moltissimo la mia ragazza (oggi mia moglie da più di cinquant’anni).

Vi chiederete come ho fatto a gestire quella delicata situazione, senza cadere nella depressione? Scrivendo a Lei, tutti i giorni una lettera.

Poi programmando le licenze e i brevi permessi e alla minima occasione "pasticciando” delle torte e dei dolci. Pietro Guazzetti.

Adesso sono io che continuo, riconoscente a questo signor Pietro, che ogni tanto mi racconta della sua infanzia, che poi non varia

molto dalla mia, anche se io sono più vecchia e i miei ricordi vanno di pari passo con la “guerra” e il dopo guerra.

Forse prima di chiudere con questi racconti che REDACON accoglie ogni volta, anche se in passato l’ho già fatto, ripeto “forse” vi racconterò ancora qualcosa di quella “brutta bestia” se, dico se, lo farò, sarà, per i giovani che la conoscono solo fotografata sul televisore.

Elda Zannini