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Elda racconta: cento anni

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Gabriele mi chiama:

“Mamma ti ricordi che oggi dobbiamo andare dall’Irene”

Non l’ho dimenticato, oggi è il compleanno di questa vicina di casa, “vicina” si fa per dire, perché sulla strada che porta alla Pietra, dopo il cimitero, le case si possono contare sulle dita di una mano e questo per nostra grande fortuna.

Si, io e Gabri eravamo d’accordo d’andare a farle gli auguri.

Gli anni che ha compiuto sono tantissimi sono la bellezza di “CENTO”.

Non potevamo scordarci di questa signora e grande amica, sempre accogliente, gentile, educata, in qualsiasi momento tu arrivavi anche se eri ancora piccola, lei si è sempre data il tempo di chiacchierare un po’ con te.

Gabri poi ne ha approfittato per andare a far visita al suo amico Pietro (figlio unico) dell’Irene, un po’ più sfortunato di lei, forse saranno quasi tre anni che è immobilizzato a letto per una di quelle malattie “rare” che non si riesce a capire esattamente cosa sia.

Così prendiamo “due piccioni con una fava”.

L’Irene ci ha visti arrivare dalla finestra della cucina a piano terra e coi suoi cento anni è corsa subito a spalancare la porta, tanto che Gabri con la sua “due ruote” potesse entrare senza difficoltà.

Era felice di vederci e di accoglierci, anche se era tutto il giorno che aveva avuto visite.

In quel momento era sola e io mi sono goduta la sua compagnia, e i suoi ricordi, mentre mio figlio andava a trovare Pietro, che lo ha accolto con gioia, avevano tante cose da raccontarsi, era parecchio che non si vedevano.

I ricordi dell’Irene invece sono diversi, ma per me molto interessanti, anche se ormai comincia a saltare un po’ di qua e un po’ di là, io rispetto la sua età, poi ci penserò io a riordinarli nel modo giusto.

Oggi mi ha ricordato di quando ragazzina, tutte le sere, portava un secchio di latte al caseificio tenuto da “Daniele” dietro l’ospedale e tutte le sere mia sorella e io piccola, per mano, avevo cinque o sei anni, ci univamo a lei per farle compagnia durante il tragitto.

Ragazzi, pensate all’amicizia di una volta, quando ci si voleva veramente bene, fare una camminata fino al casello, diventava uno “stare insieme”, raccontare e dividere le fatiche e le conquiste della giornata.

Quando poi andavamo a pascolare le pecore o la capra, sotto la Pietra, loro due più grandi preparavano un “fascio” di legna secca da portare a casa in spalla, ogni sera, sarebbe servita alle madri per accendere la stufa.

Poi mia sorella si trasferì a Scandiano per imparare il mestiere di sarta dalla signora Maramotti, ma l’amicizia con l’Irene riuscì a durare nel tempo, fin che non è scoppiata la guerra, che ha sfasciato tutto, famiglie, amicizie, case, chiese e ospedali, senza riguardo per nessuno.

Vedete in quel periodo avevo sei anni, ma ho continuato ad andare a casa dell’Irene che mi ha insegnato tante cose, come curare certe malattie con le erbe, o lavorare a maglia a punto jacquard. Tutte cose che nella vita non le scordi più.

Allora cosa ci può essere di più bello e salutare, che andare da questa centenaria e salutarla con un grande abbraccio e un più grande, grazie, per ciò che ci ha dato durante i suoi cento “100” anni. Grazie Irene, grazie con tutto il cuore. .

Elda Zannini