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La poesia di alberto bottazzi

“Quand arvet via?” “Mai pù!!!”

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Ho capito che ti voglio bene anche se non stiamo più insieme e abbracciati come una volta. Ti voglio bene, non solo perché sono nato figlio nella tua culla, ma perché abbiamo lo stesso colore della pelle e lo stesso carattere mite del bosco o tumultuoso del torrente.

Il pensiero vola, vola, ma dopo un po’ che volteggia sui grattacieli di New York o le vaste praterie dell’Argentina, ha bisogno di ritornare al suo nido natale ed il suo nido sei tu, dolce paese isolato e appollaiato tra sentimenti e giovinezza, ansia di restare o febbre d’andar via.

Il suo nido sei tu e il pensiero ha bisogno di respirare l’aria di casa, di ascoltare vecchie fole intorno al fuoco del camino o sotto il pero centenario, ha bisogno di riposare a cavalcioni su una sedia e contemplare solamente il tempo che passa.

Il suo nido sei tu, dolce e innocente paesello, il pensiero ha bisogno di indossare i tuoi poveri indumenti: la “vestimenta” per la santa messa domenicale, la sagra del 6 d’agosto o i funerali dei compagni di vita o di calzare gli scarponi da lavoro, quelli che ti danno il pane quotidiano.

Ha bisogno del belato della capra e del chicchirichì del gallo a spasso nel cortile, ha bisogno di parlare con la sua gente per star bene, rispettando la vetusta tradizione della semplicità che ha sempre caratterizzato la nostra convivenza.

Tace e si contorce il pensiero alla voce del richiamo, poiché non è ancora giunta l’ora dell’appello, tuttavia freme sospinto dal desiderio del ritorno sulle ali della primavera. Verrà il tempo che alla domanda: “Quand arvet via…!?”, il pensiero risponderà con gioia: “Mai pù…!”.

Alberto Bottazzi

*(Vestimenta = vestito di riguardo)