Home Cronaca Banzola, tre mesi senza linea telefonica: la denuncia dell’Allevamento Chianina di Canossa
L'azienda agricola senza linea da metà ottobre

Banzola, tre mesi senza linea telefonica: la denuncia dell’Allevamento Chianina di Canossa

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Tre mesi senza linea telefonica fissa. È questa la situazione che stanno vivendo alcuni residenti nella piccola borgata di Banzola, nel comune di Casina. Tra i colpiti, anche l’azienda agricola Allevamento Chianina di Canossa Biologico, i cui proprietari hanno deciso di denunciare pubblicamente il disservizio.

La linea si è interrotta a metà ottobre, prima delle forti piogge e delle nevicate, inizialmente a causa di uno smottamento. «Ci avevano assicurato che il guasto sarebbe stato risolto entro il 20 novembre», racconta Mauro Bigi, gestore dell’attività assieme ai suoi genitori. «Poi hanno posticipato al 16 dicembre e infine al 15 gennaio. Ma siamo arrivati a oggi, e ancora nulla. Nel frattempo, con le nevicate, è caduto anche il filo della linea, aggravando la situazione».

Un disagio che pesa sull'attività

Il disservizio ha colpito solo cinque o sei utenze nella borgata, prevalentemente chi non ha la fibra. Per l’azienda agricola, che vende carne direttamente al pubblico su prenotazione telefonica, le difficoltà sono evidenti. «Oltre all'ovvio disagio per le chiamate perse, spesso per pagare i clienti ci chiedono il POS collegato al telefono fisso. Quando ci sono io, riesco a farlo funzionare tramite il cellulare, ma i miei genitori ultraottantenni non ce la fanno. Sono anziani e per loro è stato un vero delirio, soprattutto durante le feste natalizie. Alcuni clienti, non riuscendo a contattarci, pensavano fossimo spariti».

La frustrazione per la mancanza di risposte

Ciò che esaspera Mauro Bigi è l’impossibilità di ottenere risposte chiare: «Ho chiesto una soluzione semplice: il trasferimento delle chiamate su un altro numero. Gli operatori però mi hanno detto che devo farlo io direttamente dal telefono fisso... che però non funziona! Sostengono che loro da remoto non riescono a fare il trasferimento. Non posso credere che nel 2025 tecnicamente non sia possibile fare questa operazione. Dimostra solo che non gliene importa nulla».

Dopo le prime chiamate, è diventato sempre più difficile parlare con operatori: «Ormai risponde sempre un sistema automatico. Quando riesco a parlare con qualcuno, e succede raramente, l’unica risposta che ricevo è che segnaleranno il problema. Nessuno si assume la responsabilità di risolverlo».

Il fattore "montagna"

Bigi sottolinea come il disservizio evidenzi un tema più ampio legato alla qualità dei servizi in montagna: «Se fossimo stati nella periferia di Reggio Emilia, con più persone coinvolte, il problema sarebbe stato risolto subito. Invece qui, dove siamo in pochi, non conviene a nessuno intervenire. Lo capisco, ma questo è il motivo per cui la montagna si spopola. Si parla tanto di rilanciare questi territori, ma i servizi sono scadenti, e nessuno ti rimborsa il tempo che perdi per colpa loro».

Questo genere di disservizi sollevano riflessioni sulla tutela dei cittadini: «Oggi, quando capitano queste cose, non sai a chi rivolgerti. Non c’è un garante per i consumatori, sei lasciato a te stesso. Il problema è che i servizi pubblici, una volta privatizzati, finiscono per rispondere solo a logiche di profitto. Si parla tanto di astensionismo, di sfiducia, di rabbia verso le istituzioni. Dobbiamo capire che il cittadino è principalmente un consumatore di servizi, pubblici e privati. Chi lo difende dal “disservizio”, soprattutto privato? Disservizio di megautility di proprietà di fondi per lo più esteri, la cui finalità è la massimizzazione del profitto, che si ottiene appunto non rispondendo al tuo bisogno!».