Riceviamo e pubblichiamo
C’è stato un tempo in cui nella odierna giornata (ovvero il 17 gennaio) la celebrazione del Santo avveniva in maniera piuttosto sentita, con diffusa partecipazione alla S. Messa nella rispettiva Parrocchia, cui seguivano poi giorni di benedizioni presso le singole stalle, allora numerose in ambito montano, e nella quasi totalità delle quali non mancava mai un quadretto con l’immagine di Sant’Antonio Abate, affiancato da esemplari dei nostri animali domestici (le specie che si potevano comunemente vedere entrando in una azienda agricola dell’epoca).
Le specie rappresentate erano per solito quelle definite da traino e trasporto, oppure da reddito, dalle quali l’uomo ha lungamente tratto aiuto e beneficio, riconoscendo nel contempo la loro grande importanza, tanto da invocarne giustappunto la protezione del Santo (ed era altresì costume che in questa giornata ci si astenesse dalle macellazioni), e se negli anni è mutata la correlazione uomo-animali, in parallelo con le profonde trasformazioni intervenute nel mondo rurale, una tale “riconoscenza” dovrebbe possibilmente restare.
In questa ricorrenza si è andata altresì rarefacendo la presenza di fedeli in chiesa, un po' ovunque io credo, il che può da un lato dipendere dalla “secolarizzazione” cui è andata via via incontro la nostra società, ma pure dall’esser venute meno generazioni contadine del passato, il cui rapporto con la terra era non poco diverso rispetto all’attuale, pur se capita nondimeno di veder talora partecipare alla Messa del Santo loro discendenti, di tutt’altra occupazione, e ciò lascia sperare che questa tradizionale e meritoria usanza abbia a tramandarsi.
P.B.