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LE VOCI DELLA POESIA

Dirsi addio

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L’assenza della persona amata può essere penosa, può portare ad un mulinello di emozioni tanto improvvise quanto impreviste. E anche il momento stesso del distacco è intriso di sentimenti contrastanti. Lo sa bene Giulietta quando, alla fine della famosa scena del balcone, dice a Romeo:

 

Buonanotte, buonanotte. Separarsi è una pena tanto dolce 

Che dirò “Buonanotte” fino a domani.

 

Good night, good night. Parting is such sweet sorrow

That I shall say “Good night” till it be morrow.   (Romeo and Juliet, 1597)

 

E’ dolce la pena nell’ossimoro di Shakespeare; è dolce perché si assapora già il momento incredibile di quando ci si ritroverà. Si gode in anticipo della dolcezza del riunirsi, rivedersi, sfiorarsi nuovamente. La ripetizione della s in “such sweet sorrow” suggerisce

Romeo and Juliet, Frank Dicksee, Southampton City Art Gallery

appunto mani che si sfiorano e respiri che si ricongiungono.

In modo molto più doloroso, i due amanti più celebri dell’arte di Shakespeare dovranno separarsi una volta che Romeo è stato bandito da Verona. Così Giulietta esprime la volontà di trattenere l’amato il più a lungo possibile, nonostante il rischio per la sua vita. E Romeo è più che disposto a correre il rischio:

 

E’ più grande il desiderio di restare che la volontà di andarmene.

Vieni morte, sei la benvenuta. Giulietta vuole così.

 

I have more care to stay than will to go.  

Come death and welcome. Juliet wills it so. 

 

Dopo aver compreso il pericolo per Romeo, e quindi la necessità di lasciarsi, Giulietta contemplerà i giorni che verranno, giorni senza l’amore di Romeo:

 

Sei andato via? Amore, signore, oh sì e marito, amico!

Devo avere tue notizie per ogni giorno di ogni ora,

Perché in un minuto ci sono molti giorni.

 

Art thou gone so? Love, lord, ay husband, friend!

I must hear from thee every day in the hour,

For in a minute there are many days.

 

E’ il tempo dell’assenza che fa paura: i minuti che paiono ore, le ore che sembrano giorni; Giulietta sta contando il tempo di vivere in solitudine, un tempo dilatato, misurato da un’ansia che non segue il cronometro.  

Pure nel Sonetto 97 William Shakespeare misura l’assenza, e lo fa paragonandola alle stagioni:

 

E’ stato proprio come l’inverno il mio tempo

Lontano da te, che sei la gioia dell’anno che se ne va!

Che gelo ho sentito, che giorni scuri ho visto!

E ovunque la desolazione del vecchio dicembre!

Eppure questo tempo ormai finito era tempo d’estate;

L’autunno ricco, gonfio di abbondanza,

Carico degli eccessi della stagione più bella,

Come il seno di una vedova dopo la morte del marito:

Però questo frutto abbondante mi è sembrato

Niente più che la speranza degli orfani, e frutto senza padre;

Perchè l’estate coi suoi piaceri appartiene a te, 

E, se non ci sei, neanche gli uccelli cantano:

   O, se cantano, è un canto così privo di gioia,

   Che le foglie impallidiscono, temendo che l’inverno sia vicino.

 

How like a winter hath my absence been 

From thee, the pleasure of the fleeting year! 

What freezings have I felt, what dark days seen! 

What old December's bareness everywhere! 

And yet this time remov'd was summer's time; 

The teeming autumn, big with rich increase, 

Bearing the wanton burden of the prime, 

Like widow'd wombs after their lords' decease: 

Yet this abundant issue seem'd to me 

But hope of orphans, and unfather'd fruit; 

For summer and his pleasures wait on thee, 

And, thou away, the very birds are mute: 

   Or, if they sing, 'tis with so dull a cheer, 

   That leaves look pale, dreading the winter's near.      (1597–1603) 

 

La stagione senza il Fair Youth, il bel giovane sconosciuto cui il sonetto è dedicato, è quella dell’estate matura, dell’inizio dell’autunno, dei frutti ricchi e abbondanti anche se i mesi estivi se ne stanno andando: proprio come il frutto di una donna che prospera nel suo seno nonostante il marito, che quel frutto ha generato, sia morto. E così una stagione

Romeo and Juliet, Ford Madox Brown; The University of Manchester

generosa diviene un inverno gelido e senza luce, un dicembre governato dalla bareness, lanudità” di un mondo esposto al freddo; inoltre quest’immagine ha un’aura ancora più gelida: la parola bareness, “nudità” appunto, è quasi identica alla parola barrenness, il cui significato è invece “sterilità”. 

Così i versi successivi che parlano di figli (issue) e di orfani senza padre (orphans, unfathered fruit) sottintendono la sterilità di un tempo senza amore che nega anche l’abbondanza dell’estate. L’estate è piena e matura, ricca e piacevole solo se chi amiamo è con noi; solo se è presente chi ci gonfia il cuore riusciamo a godere dei frutti della stagione; se ci manca chi rende la nostra vita felice, questa non sarà un teeming autumn, un autunno ricco e abbondante, bensì un deserto sterile, dove anche gli uccelli cesseranno di cantare e le foglie perderanno il colore nella paura di un inverno arido e quanto mai vicino.