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L'intervista

Va in pensione il commissario Corrado Bernardi, vicecomandante della polizia locale

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Per il vicecomandante commissario della polizia locale dell’appennino reggiano, Corrado Bernardi, il 2024 si chiude con il pensionamento ma continuerà con la Scuola Interregionale di Polizia Locale a collaborare nella formazione delle nuove unità cinofile.

Casina è stato, infatti, uno dei primi comuni in regione a fondare l’unità cinofila per la ricerca di persone e sostanze stupefacenti e oggi è un vanto a livello nazionale.

Nel corso del consiglio comunale che si è svolto alcuni giorni fa, c’è stata la consegna di una targa e il ricordo da parte del sindaco.

L’intervista

Corrado cosa le mancherà di più del suo lavoro?

«Il nostro è un’ambiente molto particolare che ti dà l’opportunità di stare a contatto con la gente e credo che mi mancherà proprio questo. Ovviamente mi mancherà il contatto con i cani. Per tre giorni alla settimana ero nelle zone malfamate di Reggio, mi mancherà questa attività molto tecnica e operativa. Ho sempre fatto questo. Tutto è nato grazie al vecchio sindaco Fornili che aveva creduto nel progetto cinofilo, e noi caparbiamente abbiamo tenuto duro fino ad arrivare dove siamo oggi.
Adesso faccio il formatore di cani per la scuola regionale, ma lavoro anche per la Toscana e la Liguria. Ci ho messo del mio, ho investito molti soldi e molto tempo, prima ho preso il patentino, poi ho fatto una serie di passaggi e studi, oltre alla giusta gavetta. Ero sempre in giro. Sono convinti che se credi fortemente in qualcosa la fortuna te la devi anche un po’ creare. In questi anni ho trovato in totale coi miei 3 cani oltre 200 chili di sostanze stupefacenti, principalmente nelle zone malfamate di Reggio Emilia ma non solo, abbiamo fatto interventi anche in montagna.

Queste operazioni erano fondamentali perché il cane affina la sua capacità olfattiva e i risultati arrivano solo con la costanza. Devi essere sul pezzo, devi crederci, io mi alzavo la mattina alle 3 per essere a Reggio in tempo. Gli ultimi 5 anni ho lavorato molto con la polizia di e la questura di Reggio Emilia, che ringrazio molto per la libertà che mi hanno sempre lasciato. Penso di aver contribuito molto col mio lavoro. Quando mi vedevano con il mio Victor in Piazzale Europa scappavano, avevano quasi paura, perché sanno che il cane fa la differenza. Adesso sono furbi, si nascondono le sostanze in bocca dove il cane non può sentire gli odori, come durante il covid quando non sentiva nulla perché avevano la mascherina.

Le ex officine reggiane per 7-8 anni sembravano un supermercato di sostanze stupefacenti. In quel periodo ho persino iniziato a mettere le scarpette al cane perché c’erano dosi dappertutto e i malviventi per tenere lontani i cani spaccavano bottiglie di vetro per terra creando delle schegge che si possono infilzare nelle zampe. Inoltre non ci occupiamo solamente del ritrovamento di sostanze stupefacenti, ma anche della ricerca di persone scomparse. Ogni volta che c’era un disperso partivo, e sono convinto che questo continuerò a farlo. Magari coi due cuccioli che ha avuto il mio cane attuale, vedremo.

La cosa più importante per me è sempre stato il benessere del mio animale, ho sempre lavorato in quest’ottica. Se il cane diventa solo uno strumento si innervosisce. Credo molto nell’educazione cinofila in senso civico. Negli anni abbiamo insegnato anche a leggere l’atteggiamento dei cani nelle scuole, facendo sensibilizzazione su questo argomento. Abbiamo lavorato a 360 gradi, dalle materne alle superiori».

Qual è stato in tutti questi anni il momento più significativo o memorabile della sua carriera?

«Ricordo diverse volte in cui ero semplicemente in giro col cane per i fatti miei e ad un tratto lui partiva e trovava una dose da solo. Oppure quando una volta in piazzale Europa arriva un medico del 118 che ci chiama perché nella zona boschiva di fianco al parcheggio era andato disperso un ragazzo e si era sentito male. In quella zona purtroppo molti ragazzi vanno a

consumare le sostanze. Uno dei suoi amici ha chiamato i soccorsi perché un suo amico stava andando in overdose. Le persone lo stavano cercando da un po’ quando hanno chiesto il mio aiuto, circa mezz’ora. Quando è partito Victor, in mezzo alla vegetazione in qualche minuto l’ha subito trovato.

Ricordo anche quando ritrovammo una signora di Vetto in mezzo a delle razze in fondo ad un precipizio. O ancora due ragazze sparite da Casina in bicicletta. Le abbiamo trovate di notte, distanti circa due chilometri da dove ci avevano segnalato. Le ragazze erano partite in bicicletta per i boschi, e dopo un po’ si sono perse. Erano finite giù per un burrone. Il cane le ha trovate e ha iniziato ad abbaiare per farci capire la loro posizione, come gli viene insegnato. Ricordo benissimo quando le abbiamo riportate a casa, in quel momento sono impazzito. C’era mezzo paese che batteva le mani. Quei momenti ti fanno scordare di tutti i sacrifici fatti, i soldi e il tempo spesi lontano dalla tua famiglia».

Che rapporto ha col suo cane?

«Il mio cane attuale, Victor, lo presi a Roma in un allevamento. Lo pagai 2 mila euro allora, usai i soldi della tredicesima di mia madre perché al tempo avevo appena terminato i lavori della casa nuova. In questi giorni che sto sistemando le mie cose nel mio ufficio mi sono reso conto che ho circa 90 prime pagine di giornale su Victor. Tutte le volte che ne usciva una nuova dicevo: «Vedi mamma, il tuo cane è famoso». Adesso me lo prendo in casa, la prima volta nella mia vita, dorme addirittura in camera con me. Ha 10 anni e ormai anche lui ha qualche acciacco. Mi fa ridere perchè russa, sembra rilassatissimo. Secondo me ha già capito anche lui che è arrivato il momento di riposarsi, è sempre sul pezzo».

So che lei è anche il presidente del gruppo cinofilo I Lupi dell’Appennino e ho letto che continuerà con la Scuola Interregionale di Polizia Locale a collaborare nella formazione delle nuove unità cinofile.
Tuttavia, adesso che magari ha più tempo libero, ha dei progetti o sogni da realizzare che prima ha dovuto mettere in secondo piano a causa del lavoro?

«In questi giorni a tutti ho sempre ripetuto la stessa cosa: ieri è storia, oggi è un dono essere qui e devi essere contento di ciò che hai, mentre domani è un mistero, non sai cosa ti capita.

Ho anche altri cani, sono sei in totale. Agli altri insegno a cavare il tartufo, quindi adesso diciamo che ho un bel da fare. In più c’è questo incarico come formatore della scuola interregionale, sto insegnando ai cani degli altri e ciò mi riempie di lavoro e d’orgoglio. Durante il mio servizio il mio obbiettivo è sempre stato quello di riuscire a tramandare la mia passione, per me è questo il riconoscimento più grande».

Quale consiglio darebbe le persone che oggi vorrebbero iniziare a lavorare con i cani?

«Io sono presidente dei Lupi dell’Appennino. A tutti dico sempre che ci vuole della modestia e soprattutto calma con i cani. Loro leggono le nostre emozioni, se siamo agitati lo capiscono. Stare a stretto contatto con loro può anche diventare un’opportunità lavorativa, e bisogna coglierla. Con il mio gruppo facciamo anche educazione di base, facciamo condotta, socializzazione con i cani. Cose normali che però la gente non tiene più a mente. Noi ci mettiamo a disposizione per educare le persone, perché sono loro che devono capire il linguaggio del cane, i suoi segnali. Sto avendo una marea di richieste ultimamente, in questo ambito ci sono talmente tante specializzazioni che ognuno può trovare il proprio percorso ideale.

Sicuramente però, in qualsiasi percorso devi avere delle basi e devi fare tanta gavetta. Non basta lo studio, serve la pratica sul campo. Devi starci insieme al cane. Il mio collega, quello che mi sostituirà a Castelnovo, me lo sono preso dietro e lui ha visto come si svolgono le perquisizioni delle persone, nelle case. Sono operazioni delicate, devi avere tanta educazione e soprattutto rispetto. Averlo preso con me gli ha dato modo di vedere come si fanno certi lavori, come capire il cane, come leggerlo, intuire se c’è qualcosa che non va oppure se è tutto normale. Tutto è stato funzionale all’esperienza. Il nostro è un mestiere in cui non ci si improvvisa, nonostante oggi purtroppo ci siano tanti ciarlatani».

Victor

Quali sono le regole più importanti per lavorare o comunque relazionarsi con un cane?

Quando si lavora o ci si relaziona con un cane, ci sono alcune regole fondamentali da seguire. Ad esempio, il cane, una volta educato, entra in un vero e proprio loop mentale. Il richiamo, per dirne una, va addestrato quotidianamente, mantenendo coerenza nell’educazione e utilizzando sempre gli stessi termini. Quando risponde correttamente a un comando, il rinforzo positivo è essenziale: può essere una coccola, qualcosa da mangiare o anche un semplice “Bravo”.

Un tempo, invece, si faceva uso di metodi coercitivi come scosse elettriche o collari a punta per correggere i comportamenti. Questo approccio, purtroppo, è legato a una questione culturale. Ci vorrà ancora del tempo prima che tutti comprendano che l’educazione non deve essere basata sulla coercizione, ma sulla positività. Proprio come con le persone: devi spiegare, incoraggiare e sostenere. È fondamentale essere chiari, anche con un semplice “No”. Se dici “No”, deve essere no, mantenendo sempre lo stesso tono di voce.

Oggi, invece, c’è un altro problema: tendiamo a umanizzare troppo i cani. Dobbiamo ricordare che il cane è un animale senziente, con emozioni, e va trattato per quello che è. Ha quattro zampe e quelle deve usare. Non come accade, ad esempio, con i Chihuahua, che molte persone portano in braccio. Questa razza, in realtà, ha una storia antica di cani combattenti, protettivi e coraggiosi. Ogni razza ha una storia e non dobbiamo dimenticarla. I miei lagotti ad esempio in qualche giorno hanno imparato ad andare a tartufo, proprio perché quella razza ha una predisposizione naturale per quel lavoro».

Qual è quindi la razza ideale per le unità cinofile?

«Il mio Victor è un pastore tedesco grigio. Ultimamente si stanno utilizzando sempre più anche i pastori belga malinois: sono cani molto forti e incredibilmente duttili. Tuttavia, per me, il pastore tedesco resta il cane per antonomasia, ma non la variante classica. Preferisco quelli grigi, perché i pastori tedeschi tradizionali, purtroppo, soffrono spesso di displasia, un problema strutturale della razza.

Detto questo, alla fine è una questione di scelte personali. Ci sono molte razze adatte. Si possono addestrare anche i lagotti o i fox terrier, che sono delle vere macchine da guerra: piccoli, agili e perfetti anche in contesti come le prigioni. In realtà, con il giusto addestramento, qualsiasi razza può andare bene. La cosa importante è che il cane sia rispettoso dell’ambiente, che abbia voglia di fare ma con del giudizio. Questo glielo devi insegnare da piccolino, ci vuole tanto tempo, dedizione e costanza.

Per insegnare a fare gli antidroga usiamo pseudo-sostanze con odori uguali a quelle proibite. I cani poi si abituano a sentire questi odori e noi gli premiamo, tanto che già dopo tre o quattro volte hanno imparato a riconoscere la sostanza. La parte più difficile è educarli, fargli capire che devono essere gestiti e che il padrone è il capobranco. Se fossero in un branco il loro obbiettivo innato sarebbe quello di prevalere sugli altri, è la legge della natura. Quindi il padrone ogni giorno deve rimettere il cane nella sua condizione, e poi premiarlo, utilizzando una comunicazione chiara e costante».

Lei ha accennato a valori come costanza e passione nel rapporto con i cani. Può raccontarci come questi principi hanno guidato il suo lavoro e cosa significa, per lei, vivere il cane al 100%?

«Costanza, coerenza e passione sono fondamentali. Ad esempio, coi campi estivi cerchiamo sempre di trasmettere questi valori, insegnando ai ragazzi che il cane non è una playstation: ha bisogni concreti, come mangiare, fare i suoi bisogni e socializzare, anche con altri cani. Io stesso, con i miei sei cani, organizzo vacanze in furgone. Non hanno problemi e, anzi, è bellissimo vederli vivere appieno la loro dimensione. Mi piace portarli in spiagge libere, dove possono correre, saltare e giocare. Diventano quasi come dei figli, ma è importante trattarli per quello che sono: cani, non esseri umani.

Un aspetto cruciale è anche prepararli ad affrontare situazioni difficili. In questi mesi, a Casina, sto lavorando con i cani sull’indifferenza a stimoli come spari, petardi e fuochi d’artificio. Questo è fondamentale, soprattutto per la notte di Capodanno, quando molti cani, purtroppo, si spaventano e stanno male. Li alleniamo fino a quando non reagiscono più con paura.

La mia avventura è iniziata quasi per gioco, con un progetto finanziato dalla Regione. Da lì ho ottenuto tanti brevetti, ho fondato questo gruppo e adesso penso di proseguire con la scuola per continuare a formare nuovi operatori e cani. Il cane in polizia ha funzioni cruciali: ho partecipato a circa 250 operazioni di ricerca di persone disperse, e in diversi casi siamo riusciti a salvare vite. È un lavoro che ti segna, ma che dà anche grandi soddisfazioni»