Si è aperta la fase istruttoria del processo a carico di Marta Ghilardini, vedova di Giuseppe Pedrazzini, il 77enne ritrovato morto nel pozzo della sua casa di Cerrè Marabino l’11 maggio 2022. La donna è accusata di maltrattamenti in famiglia aggravati dalla morte, sequestro di persona, omissione di soccorso, truffa ai danni dello Stato e occultamento di cadavere in concorso.
Le testimonianze ascoltate ieri hanno ricostruito i mesi precedenti alla tragica scoperta. Giuseppe, scomparso dalla vita pubblica dal dicembre 2021, aveva avuto le ultime comunicazioni telefoniche con i parenti a fine gennaio 2022. Come riporta la Gazzetta di Reggio, secondo quanto raccontato da Floriana Pedrazzini, sorella della vittima, l’ultima volta che aveva visto il fratello risale all’8 dicembre 2021: «Gli ho chiesto cosa stesse succedendo: camminava male ed era dimagrito. Lui rispondeva che aveva l’ernia e che Marta gli preparava da mangiare. Ci voleva bene e ne voleva anche alla sua famiglia, per questo non ci raccontava nulla. Poi, c’è stato un momento in cui è cambiato qualcosa. Vogliamo giustizia - continua Floriana -. La morte di nostro fratello non ci fa dormire e ci dobbiamo curare. L'ultima volta che lo abbiamo visto era felice di stare con noi».
Proseguendo con le dichiarazioni, nelle quali sono incluse anche quelle dei fratelli Claudio, Luciana e Carla, Floriana ha inoltre denunciato un episodio inquietante: il 21 marzo 2022, Marta Ghilardini le inviò un messaggio intimidatorio, scrivendole di «non chiamare più e di non andare a casa sua». Un particolare che, insieme alla vendita degli attrezzi a cui Giuseppe teneva molto, ha acceso ulteriormente i riflettori sulle dinamiche familiari degli ultimi mesi di vita dell’uomo.
Le parole del fratello Claudio Pedrazzini e del titolare delle onoranze funebri
Struggente è anche la testimonianza di Claudio Pedrazzini, fratello della vittima, che si è costituito parte civile nel processo, tutelato dall’avvocata Naima Marconi. Sempre secondo quanto riporta la Gazzetta di Reggio, Claudio ha ricordato i 28 anni trascorsi nella stessa casa con Giuseppe: «Mio fratello non parlava per non fare pesare dei problemi. Dopo aver saputo che non c’era più ho smesso di mangiare e di dormire e devo proseguire le terapie».
Tra i testimoni, il titolare delle onoranze funebri che si è occupato del recupero del corpo ha fornito ulteriori elementi di indagine. Secondo le conversazioni registrate e depositate agli atti, Marta Ghilardini avrebbe inizialmente riferito che Giuseppe se ne fosse andato da casa a febbraio 2022, sostenendo di non averlo più rivisto. Successivamente, qualcuno avrebbe fatto una chiamata per dire che Giuseppe stava bene, versione smentita dai fatti.
La difesa di Marta Ghilardini, rappresentata dall’avvocata Rita Gilioli, sostiene che la donna sia una vittima di maltrattamenti: «Marta sta male. È una vittima, è stata molto maltrattata: io continuo a sostenere la sua innocenza o comunque l’impossibilità di reagire di fronte a fatti concreti».
Parallelamente, il 13 gennaio 2024 si aprirà in appello il procedimento nei confronti della figlia e del genero della donna, Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida, condannati nel settembre 2023 in primo grado col rito abbreviato a 12 anni e 4 mesi.