Da una raccolta dati dei Centri antiviolenza emerge che le donne restano meno tempo in una relazione violenta ma allo stesso tempo sono aumentate le richieste da parte di donne che subiscono violenza da meno di un anno. Dal 2000 al 2024 l’aumento è stato infatti dal 20% al 36%.
Le donne riconoscono la violenza in tempi più brevi e interrompono più velocemente il ciclo della violenza: questo è il risultato del lavoro sul territorio portato avanti dai Centri Antiviolenza, non solo nell’accoglienza diretta ma anche a livello sociale e culturale.
«Dopo le dichiarazioni del ministro della Pubblica Istruzione – emerge da una nota del Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna - nel giorno della presentazione della Fondazione Cecchettin, alla Camera, supportate dalla Presidente del Consiglio, dobbiamo prendere atto che è in corso un tentativo di strumentalizzare il fenomeno della violenza maschile a vantaggio della propaganda sull’allarme immigrazione. Nello stesso tempo, la negazione della matrice culturale della violenza maschile, alimentata da una storica asimmetria di potere tra uomini e donne, rivela una precisa strategia politica, di non contrastare quelle disparità, di non intervenire per sradicare pregiudizi e stereotipi. Del resto, le politiche familistiche del Governo Meloni, il controllo sui corpi delle donne con l’ingresso dei cosiddetti prolife nei consultori, manifestano l’adesione ideologica alla subalternità delle donne».
«Ricondurre il femminicidio commesso da italiani, come ha fatto il ministro, a residui di maschilismo, vuol dire minimizzare un fenomeno che è strutturale. Patologizzarlo come disturbo narcisistico, vuol dire connotarlo come un problema individuale che riguarda la sanità, invece è un problema sociale e politico. Che il patriarcato e la violenza contro le donne continuino a esistere nonostante l’aggiornamento del diritto di famiglia del 1975, ce lo raccontano le decine di migliaia di donne che abbiamo accolto negli ultimi vent’anni».
«I dati sugli autori della violenza raccolti dai nostri Centri nel 2024 – continuano dal Coordinamento - ci dicono che nel 62,3% dei casi ad agire la violenza è stato il partner della donna. Nel 15,9% l’ex-partner, e nel 10% un familiare. I casi di violenze agite da sconosciuti (a prescindere dal loro stato di cittadinanza) sono inferiori al 2%. Non raccogliamo il dato sui “fenomeni di violenza sessuale legati a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”, ma se ci fosse un modo di farlo, costituirebbero una minima parte di questo già poco rilevante 2% dei casi».
I dati dei centri del Coordinamento nel 2024 (aggiornati al 31 ottobre)
Le donne che si sono rivolte ai 15 Centri antiviolenza del Coordinamento sono state complessivamente 4735. Fra di esse, le vittime di violenza sono state 4467, pari al 94,3%. Sono state 2952, coloro che per la prima volta, nel periodo indicato, si sono rivolte ad un Centro antiviolenza, pari al 65,5%, mentre le donne in percorso da anni precedenti, sono state in totale 1542, il 34,5%. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è verificato un aumento di +11,5 punti percentuali (+460 donne). Nel 2023, erano state infatti 4007 le donne accolte che avevano subito violenza, un aumento che riguarda sia le donne nuove che le donne in percorso da anni precedenti.
Tende quindi a stabilizzarsi il trend positivo di crescita delle richieste di aiuto delle donne vittime di violenza ai Centri antiviolenza del Coordinamento regionale, confermando il processo di emersione in atto del fenomeno. Le donne accolte dai Centri antiviolenza rappresentano solo la punta di un iceberg, i dati dell’ISTAT del 2015 attestano intorno al 4,9%, di tutte coloro che hanno subito violenza. Rispetto al bisogno di aiuto delle donne, i Centri antiviolenza andrebbero sostenuti e potenziati perché sono una risorsa fondamentale.
Considerando solo le donne nuove che hanno subito violenza, quelle nate in Italia nel 2024 sono state 1810 e risultano pari al 64,5%; le donne provenienti da altri paesi sono state 996 e rappresentano il 35,5% delle donne nuove accolte che hanno subito violenza. Le donne con figli/e sono state 1832, pari al 68,1%; le donne senza figli/e 860, il 31,9%. Sono dati che si discostano di poco – diminuiscono di 2 punti percentuali le donne con figli/e – rispetto a quanto rilevato nel corso dello scorso anno.
Dal 1 gennai al 31 ottobre 2024, i figli/e che hanno subito violenza diretta o assistita sono stati 2049, pari al 62,1% di tutti i/le figli/e delle donne accolte, in totale 3297. Un dato che registra un aumento di 10 punti percentuali rispetto al 2023, nel 2023 infatti i figli/e delle donne accolte vittime dirette o indirette di violenza sono stati 1566, pari al 52%.
Per quanto riguarda le tipologie di violenza subita, spesso plurime e contestuali, nell’arco di tempo considerato le donne che hanno subito violenza fisica sono state il 58,4% di tutte le donne accolte; coloro che hanno subito violenza economica sono state il 35,4%; le donne che hanno subito violenza sessuale il 17,4%; le donne che hanno subito violenza psicologica il 90,4%. Rispetto al 2023 si è verificata una leggera diminuzione di tutte le tipologie di violenza (-2 punti percentuali) subite dalle donne accolte, fatta eccezione per la violenza psicologica che è aumentata di 3 punti percentuali.
Considerando ogni tipo di ospitalità, anche le ospitalità in emergenza, presso strutture autogestite dai Centri o in convenzione e le ospitalità in semiautonomia, le donne ospitate dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024 sono state 456. Il 52,5% (239 donne) è stato ospitato con i figli/e, il 47,6% (217 donne) senza figli/e. I figli/e ospitati sono stati 389 per un totale di 845 donne e/o bambine/i ospitati. Le notti di ospitalità sono state complessivamente 72.699, in media 86 notti per donna e/o figlio/a ospitata/o. Coloro che sono state ospitate in una situazione di emergenza sono state 266, pari al 58,3% di tutte le donne ospitate.