Si è tenuto ieri lo sciopero nazionale dei trasporti. Uno sciopero molto sentito dai cittadini italiani che ha avuto un impatto particolarmente critico sulla popolazione.
Per la prima volta dal 2005, infatti, i lavoratori del trasporto pubblico nazionale hanno incrociato le braccia senza garantire le fasce orarie di tutela. Anche nell'Appennino reggiano molte corse degli autobus sono saltate, lasciando l’utenza in difficoltà.
Come si poteva immaginare la protesta, organizzata dai sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti Uil, Faisa Cisal e Ugl Fna, ha messo in ginocchio diverse aree del Paese.
Il perché dello sciopero nazionale
La scelta degli autisti ha messo in luce la drammatica emergenza che persiste nel settore dei trasporti. Lo sciopero, infatti, non si limita a chiedere il rinnovo del contratto nazionale, scaduto lo scorso 31 dicembre, ma denuncia anche l’assenza di politiche di programmazione, la carenza di risorse e le criticità in tema di salute e sicurezza sul lavoro.
In particolare, tra i temi più sentiti, c’è quello delle aggressioni ai lavoratori, insieme alla necessità di migliorare le condizioni salariali e di lavoro. Le inefficienze del settore spesso ricadono sui cittadini che finiscono per sfogare il loro malcontento sugli autisti diventati i parafulmini di un servizio insoddisfacente. Al momento non esistono dati ufficiali sul numero di aggressioni subite dal personale del trasporto pubblico “frontline” che è quello a diretto contatto con l’utenza. Tuttavia, a livello nazionale, il numero di episodi di questo genere è in costante e preoccupante aumento negli ultimi anni.
Seta e le ripercussioni nel nostro territorio
Nelle nostre zone, lo sciopero di ieri, ha coinvolto principalmente il personale di Seta colpendo, in particolare, il trasporto su autobus. In modo inaspettato, il presidente della società di trasporto pubblico locale, Alberto Cirelli, ha definito «legittima» la protesta dei lavoratori schierandosi virtualmente al loro fianco. La sua presa di posizione sembra riflettere la convinzione che la responsabilità della crisi non sia in capo all’azienda, ma piuttosto, alla mancanza di fondi stanziati dal Governo per risolvere i problemi strutturali del settore.
A complicare ulteriormente la situazione è stata la recente bocciatura in Commissione Trasporti dell’emendamento proposto dal PD alla manovra di bilancio, che puntava ad aumentare il Fondo nazionale trasporti a 800 milioni di euro, rispetto ai 120 attualmente disponibili.
Le parole di Alessandro Canovi (Filt Cgil)
A spiegare le motivazioni che hanno spinto i lavoratori di Seta ad incrociare le braccia è Alessandro Canovi della Filt Cgil:
Alessandro a cosa serve questo sciopero?
«Scioperiamo oggi, insieme ad altri lavoratori del settore dei trasporti, per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto il 31 dicembre 2023. Non ci sono fasce di garanzia perché è in corso una manifestazione a Roma; tuttavia, viene garantito il 30% del personale viaggiante e solo i servizi essenziali. Durante la trattativa di un anno fa, hanno ignorato le nostre richieste: chiedevamo un adeguamento salariale, ma in risposta ci hanno chiesto ancora più flessibilità nei turni.
Il nostro settore e, in generale le aziende di trasporto pubblico, dipendono in gran parte dai fondi statali ma le risorse sono insufficienti. I sindacati hanno richiesto almeno un miliardo di fondi, ma nella legge di bilancio il Governo ha previsto solo 120 milioni, appena il 10% del necessario. A Reggio Emilia, per fare un esempio, solamente Seta avrebbe bisogno di circa 50 autisti in più e, questa carenza, impatta negativamente sulla comunità. Quei soldi utilizzati per i centri per migranti in Albania, per fare un esempio, sarebbero tornati utili per la nostra causa».
Parlando delle condizioni di lavoro invece e più precisamente delle?
«Noi subiamo aggressioni quotidianamente e la maggior parte non vengono nemmeno denunciate. Ci sentiamo isolati sia dalle forze dell’ordine che da Seta. Di fronte a certe minacce o attacchi l’autista è solo e, il primo intervento, arriva dopo veramente troppo tempo. Spesso sui mezzi dobbiamo chiudere un occhio o girare la testa quando vediamo certe irregolarità altrimenti ne va della nostra stessa sicurezza. Questo purtroppo è un grande problema di difficile risoluzione. Ci sentiamo intimiditi e indifesi. Una volta c’era la figura del controllore che aiutava l’autista nella gestione dei passeggeri ma, adesso, anche loro sono diminuiti parecchio per non dire scomparsi».
Vuol dire qualcosa a tutti quelli che si sono lamentati dello sciopero di ieri?
«Chiedo solo che le persone comprendano il motivo di questo sciopero anche se, spesso, il trasporto pubblico viene dato per scontato. Se venisse meno, però, sarebbe un vero problema per i cittadini, specialmente in montagna. Vorremmo che la nostra voce fosse più ascoltata, in particolare dalle amministrazioni, perché ci sentiamo isolati. Non vogliamo che le nostre difficoltà vengano notate solo quando scioperiamo e creiamo disagi, ma sempre».