Quando si pensa ai siti Unesco Patrimonio dell'Umanità, forse la prima immagine che balza alla mente non è quella di un'opera di street art - ovvero, utilizzando un termine tecnico ma contaminato anche da accezioni non positive, di graffiti - per quanto ben realizzati e dall'indubbio impatto comunicativo. Eppure, ben cinque luoghi designati quali eredità mondiali sono stati scelti dall'Unesco proprio perché in essi "l'arte di strada" ha trovato massima espressione. Si tratta, in particolare, delle seguenti città, nelle quali questa espressione artistica, nata spontaneamente nelle periferie delle metropoli, è stata poi supportata e accolta dalle istituzioni: Willemstad (Curaçao, Antille Olandesi) e Casco Viejo (Panama) incluse nella lista nel 1997, Ghent (Belgio) e Valparaíso (Cile) nel 2003, mentre la malesiana George Town ha raggiunto il prestigioso status cinque anni dopo (per saperne di più: https://www.afar.com/magazine/5-unesco-world-heritage-sites-with-incredible-street-art ).
L'Unesco ravvisa nella street - art una forma di democratizzazione dell'arte, il tentativo di dare nuova vita a spazi urbani abbandonati, la possibilità di mettere al centro della scena pubblica temi sociali scottanti attraverso l'uso sapiente di bombolette spray e creatività. Affermatasi come forma di contestazione politica e sociale nell'America degli anni 1980, la street art ha assunto, nei decenni successivi, sempre più un'autonoma dignità quale espressione culturale capace di tenere insieme l'impegno politico e una feconda libertà sperimentale - basti pensare a Jean - Michel Basquiat e a Keith Haring.
Ad oggi, anche chi di noi meno si interessa al mondo dell'arte, si è certamente imbattuto nel nome, ma soprattutto nei celeberrimi stencil, del misterioso writer britannico Banksi. Denuncia visuale, la sua, amara, poetica, dirompente e, a tratti sarcastica.
Eppure, al di là di questi esempi iconici, la street art, in primis, nasce sempre dall'esigenza di esprimere ciò che si sente e ciò che si pensa in luoghi socialmente non pensati per l'arte, e, in fondo, dal desiderio di celebrare e condividere bellezza. Quella che, come sosteneva un grande scrittore, salverà il mondo.
Ecco allora che la cifra dello street-artist Tackle Zero, al secolo Davide Nicoli da Felina, potrebbe essere, in fondo, la spinta a temprare il proprio talento (che lui non chiamerebbe in questo modo) attraverso la pratica costante e l'osservazione del mondo, per dare forma a temi, emozioni, pensieri che lo animano nel profondo.
Volti tratteggiati con attenzione delicata, paesaggi dai tratti nitidi e surreali al contempo, cince smaglianti tratteggiate alla maniera dei pittori olandesi: i temi dei suoi graffiti sono una celebrazione della vita, dei particolari che ci sfuggono e delle caratteristiche che rendono unico un luogo o un sorriso. Davide - Tackle è schivo e riservato e la sua arte ne trae paradossalmente giovamento, dal momento che essa diviene espressione meditata e non superficiale dell'esigenza primaria di un artista, ovvero quella di raccontare il mondo attraverso quanto la sua sensibilità e la sua perizia gli consentono. Doti affinate dalla curiosità della ricerca che riescono persino nell'impresa di trasformare una saracinesca in una piccola finestra sull'umanità.
Ecco il link al quale potrete trovare questa ennesima intervista di R-esistere in Appennino: https://youtu.be/9w6XkdoAAx4