Nuove soluzioni di gestione per il Lago Calamone o del Ventasso (RE), una delle meraviglie del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano e dell’Emilia Romagna. Di origine glaciale, apprezzato, visitato, fotografato da migliaia di turisti ed escursionisti ogni anno la proliferazione al suo interno di miriofillo, una pianta acquatica erroneamente confusa da alcuni per alga, genera ogni anno un forte dibattito sulla sua invasività, così come avviene nel Lago Santo nel modenese. Si ha, infatti, la convinzione che debba essere semplicemente tagliata per rendere il lago più sime a uno specchio d’acqua azzurra.
“Ma il Lago Calamone non è una piscina – tiene a puntualizzare Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Negli anni ’50 su questo lago naturale è stato costruito uno sbarramento che ha esteso la sua superficie e ne ha innalzato il livello, sulle sponde è stato costruito un grazioso rifugio, intorno il paesaggio è mutato profondamente con i pascoli che si sono trasformati in faggeta e rimboschimenti di conifere. Lo sbarramento dell’emissario del lago ha però creato nuove zone d’acqua poco profonde che durante la stagione estiva si scaldano molto e favoriscono la crescita di piante acquatiche che tendono a espandersi su un’area sempre più grande. Negli anni passati poi, interventi di contenimento di questa vegetazione mediante sfalcio meccanico hanno prodotto effetti positivi effimeri (le piante morte marcendo consumano ossigeno nell’acqua favorendo lo sviluppo di alghe) e nel lungo termine questa pratica ha finito per favorire ulteriormente le piante acquatiche. Sono anche stati immessi i pesci più svariati, che contribuiscono all’eutrofizzazione e poi anche molte specie vegetali a scopo ornamentale, ma anche in modo casuale”.
“La situazione del lago Calamone – prosegue il presidente - è solo uno dei molteplici segnali che la natura ci invia, riguardo al fortissimo riscaldamento che il nostro Appennino sta subendo. Laghi con acque sempre più calde e sempre meno limpide, foreste di conifere completamente disseccate da attacchi massicci di bostrico e faggete in crisi per le gelate tardive e le troppo alte temperature estive. Occorrono ora nuovi sistemi nella gestione di un equilibrio possibile, tra la nuova realtà e le pur legittime aspettative. Il Lago Calamone è un ecosistema complesso e sensibile. Come i piccoli laghi risente di clima, temperatura, stagioni e persino animali, vegetali ed esseri umani attorno ad essi”.
Quali allora le possibili soluzioni per il Calamone?
“Il Parco non può fare miracoli e non è da solo – risponde Giovanelli - : il lago appartiene a tutti, fa parte del demanio acque e poi tutt’attorno al lago c’è un’ Accomandita, ci sono i comuni, l’ Unione montana, svariate associazioni, imprenditori che vivono di turismo, Università e istituti di ricerca,... L’autunno scorso, anche sulla base delle indicazioni fornite dall’Università di Parma, abbiamo iniziato un intervento complesso di contenimento del miriofillo e abbiamo intenzione di proseguire lungo questo percorso. Sapevamo che non sarebbe stato risolutivo, ma che l’intervento avrebbe dovuto proseguire nei prossimi anni. Una delle soluzioni per trovare un nuovo equilibrio potrebbe anche essere quella di sfruttare le caratteristiche del miriofillo stesso anziché combatterlo radicalmente. Si potrebbe pensare di asportare fisicamente (e non semplicemente tagliare) tutti gli anni quantitativi consistenti di miriofillo e in questo modo utilizzarlo per togliere dal lago ingenti quantitativi di sostanza organica che andrebbe ad accelerare il suo processo di eutrofizzazione. Si potrebbe fare adottando anche tecniche affinché in estate le piante acquatiche restino sotto il pelo dell’acqua e in questo modo restituire al lago il fascino di un corpo d’acqua esteso e limpido. Dobbiamo trovare una nuova soluzione che sia basata sulla natura; che non sia negazione della vita, delle diverse sfaccettature e stagioni e della naturalità del Calamone stesso. Nel nostro territorio ci sono le competenze e gli strumenti per farlo. Non permetteremo che il lago diventi una distesa di miriofillo ma neppure che diventi uno specchio d’acqua dall’immagine fissa artificiale e in definitiva più povera di quelle sempre diverse che il Calamone continuamente ci regala”.
Convengo sull’idea che il Lago Calamone non sia da vedere come una piscina (ancorché il processo di eutrofizzazione vada nondimeno contenuto, almeno in certa qual misura, anche a parere di più d’un esperto della materia), talché mi paiono meritevoli di attenzione tutte quelle pratiche o tecniche manutentive che permettono in qualche modo alla natura di “fare il proprio corso”, pur se in maniera controllata ed “aiutata” come sembrerebbe essere in questo caso (e d’altronde il “Mycrophyllum acquaticum” viene dato come specie esotica invasiva, nei cui confronti, in altre località e altro contesto, risultano esser state messe in atto azioni di monitoraggio unitamente a prove o tentativi di eradicazione, dei quali non conosco tuttavia le risultanze ed eventuali altri effetti).
Non di rado infatti la natura riesce spontaneamente a trovare nel tempo forme di riequilibrio e compensazione, e se taluni di detti processi “riparativi” possono darci per un verso l’impressione di non giovare a determinati aspetti, sul piano ambientale, succede casomai che ne traggano beneficio altri non meno importanti, tanto che alla fine si potrebbe parlare di un bilancio in pareggio o quasi, vedi un laghetto artificiale di provincia limitrofa, sorto verosimilmente per uso irriguo, impiego poi andatosi via via riducendo col parallelo calo delle aziende agricole usufruenti, il che ha prodotto forte aumento di canneti ed erbe palustri, e concomitante crescita dell’avifauna ivi ospitata (crescita che oggi sembra trovare non piccolo gradimento sul piano ecologico-ambientale).
P.B. 16.08.2024