Home Cultura Elda racconta: la solitudine

Elda racconta: la solitudine

437
0

Questa volta vi voglio parlare della solitudine, voi la conoscete?

Vi siete mai chiesti cos’è?

Il mio amico di penna me l’ha descritta così:

“La solitudine è una signora invisibile, ma elegantemente vestita e la puoi scorgere vicino a un signore che sta seduto su una panchina, solo, con gli occhi fissi nel vuoto e non si accorge di ciò che accade accanto a lui.

Oppure, la puoi scorgere al fianco di una persona appoggiata a un muretto sopra un ponte che guarda lo scorrere dell’acqua sotto, senza vederla.

Può anche accompagnare una persona, che per tutta la vita in silenzio osserva gli addetti ai lavori di un cantiere”.

Molto bene, ma io aggiungerò, che per me la solitudine alle volte si infila in una sala operatoria ed è lì di fianco al chirurgo che col bisturi in mano osserva la parte malata, poi la trovo di fianco a una donna che sta partorendo e anche al bambino che sta nascendo, tutte cose che per la maggior parte dipendono soltanto da te.

Alle volte si insinua anche vicino a te, anche se vivi in mezzo a tanta gente, si forse non sembra, ma se osservi con attenzione certi sguardi, si può intravedere in questi tanta solitudine.

La solitudine è anche quella che si trova vicino al mio amico Umberto che senza il minimo rumore (e Dio sa per quanto tempo) lui lì appostato, fotografa un cerbiatto che si disseta vicino a una fontana o coglie uno sparviero al volo, bellissime foto da poterci mostrare, ma lui è lì fermo, con la sua macchina fotografica pronta allo scatto, e sdraiata vicino lui, c’è la sua amica solitudine.

La puoi anche trovare vicino a quel bambino, che ne combina di tutti i colori per farsi notare e tu questa la scambi per maleducazione, ma se osservi bene, alle volte non è così, lo fa per farsi notare e così sfuggire alla solitudine.

La solitudine si trova a suo agio con queste persone che da sole devono affrontare qualcosa di molto importante e non sanno come comincerà e se proseguirà.

Tu mi dici anche, che se la lasci fare può diventare una malattia specialmente se ti prende in conseguenza di grandi dispiaceri, allora lì c’è bisogno di un aiuto diverso, sì perché questa solitudine non è soltanto una brutta compagnia, ma diventa tristezza e sofferenza e lei stessa malattia.

Bè qui mi sa che stiamo andando oltre il seminato, ma tu mi sai dire dov’è e dove alloggia questa solitudine?

Ancora tu mi rispondi che negli ultimi venti, trent’anni è entrata inconsapevolmente nei comportamenti quotidiani di molte persone senza curarsi dell’età, del sesso o distinzione sociale.

Certi si sono rifugiati nella compagnia di certi deliziosi animaletti da appartamento, cagnolini, gattini o uccellini ecc… In questo modo riescono a gestire la loro solitudine senza farsi gestire da lei.

Sì, dico io, ma forse anche a loro manca ancora qualcosa e penso proprio che manchi la presenza umana con la sua parola, la presenza fisica di qualcuno che ti dedichi un po’ del suo tempo, che riesca a farti parlare, che ti racconti aneddoti simpatici che ti faccia sorridere, che ti allunghi una carezza fuggente sulle spalle.

E’ inutile ricorrere al telefonino, proprio quello ti isolerà ancora più e non penso proprio come dici tu, che sarebbe utile entrare in qualche gruppo per fare camminate o sport in genere.

Voi che vi siete innamorati di questa solitudine la dovete gestire in un altro modo.

Avete mai provato ad entrare in una chiesa? Lì non vi sentirete più soli, lì nella penombra e nel silenzio, sentirete la presenza di Dio, poi lì c’è sempre qualche vecchio sacerdote seduto vicino a un confessionale, che vi aiuterà più di qualsiasi psicologo “adesso non me ne vogliano questi” loro hanno studiato, ma non tanto come un vecchio prete che riesce ad unire l’esperienza alla cultura e tutto questo a Dio.

Come vedi caro amico, io non la penso come te e ne potremo discutere ancora, anche questo è un modo come un altro per evadere dalla solitudine.

(Elda Zannini)