In questi giorni sono scesi in campo due candidati Governatori nella nostra regione che aspirano allo scranno lasciato libero da Stefano Bonaccini eletto al Parlamento europeo.
Il tema dominante della campagna elettorale regionale che si va profilando sembra essere quello della sanità ma, di certo, non sarà l’unico. La sanità che non funziona affligge in modo particolare le popolazioni deboli e meno abbienti sulle quali, peraltro, pesano altri mali.
Ad esempio, il tema del riequilibrio territorialeche con parole semplici possiamo descrivere come la necessità di dare un po’ meno ai territori ricchi e un po’ di più a quelli poveri con dati demografici, reddituali e lavorativi assai lontani dal restante territorio regionale.
Questi territori hanno un ulteriore svantaggio che li penalizza: il crollo demografico li ha resi di modesto interesse elettorale soprattutto quando le forze politiche locali non riescono a trovare una voce unica sui temi decisivi per il futuro del territorio.
Se gli elettori dell’appennino pretendessero dai partiti per cui votano che il tema del riequilibrio territoriale nella nostra regione diventasse impegno di lavoro per i vari candidati governatori si realizzerebbe una importante convergenza virtuosa.
La politica è definita come “l’arte del possibile” mentre le divisioni su tutto sono il miglior alibi per chi questo tema non lo vuole proprio affrontare.
Le elezioni regionali di novembre, probabilmente, sono una occasione, forse l’ultima, per rimettere in piedi un territorio unico e prezioso: sarebbe un peccato che mancassero l’impegno e il coraggio per un obiettivo tanto nobile da parte di forze politiche e cittadini del territorio.
(Giuseppe Bonacini)
Il discorso della auspicata “convergenza virtuosa” può risultare suadente, e sembrare altresì ineccepibile, ma a mio vedere lo sarebbe realmente se alle prossime elezioni regionali si presentassero e confrontassero formazioni nuove e non sperimentate, e perciò collocabili sullo stesso piano, o allo stesso nastro di partenza, ma nella fattispecie non è così, dal momento che ve n’è una che governa da sempre la nostra Regione, e alla quale verrebbe spontaneo chiedere se in tutti questi anni non si era accorta del “calo demografico” in atto, in una con le altre criticità via via intervenute sul nostro territorio.
Tanto più che per lungo tempo vi è stata affinità ed assonanza politica tra il Governo regionale emiliano romagnolo e quello nazionale, e il secondo, se necessario, avrebbe potuto fornire le risorse occorrenti per il “riequilibrio territoriale”, ma forse dette risorse non c’erano e si è quindi dovuto fare di “necessità virtù”, come si usa dire, mentre oggi si vorrebbe invece capovolgere il modo di procedere, chiedendo all’attuale Governo centrale di mettere a disposizione risorse per l’uno o altro settore (risorse che come allora possono semmai mancare), quasi fosse in grado di estrarle dal cilindro con un prestigio.
Può essere poi vero che la forza rappresentativa e negoziale di un comprensorio si indebolisce e decresce “quando le forze politiche locali non riescono a trovare una voce unica sui temi decisivi per il futuro del territorio”, e se ciò è avvenuto al punto che “le elezioni regionali di novembre, probabilmente, sono una occasione, forse l’ultima, per rimettere in piedi un territorio unico e prezioso”, la paternità della odierna situazione non può che essere ascritta, di fatto e in buona sostanza, al partito o parte politica che, nel dopo Tangentopoli, ha lungamente retto ed amministrato i Comuni della nostra montagna.
P.B. 25.07.2024
L’autore dell’articolo mi trova d’accordo sul fatto che “La politica è definita come “l’arte del possibile” mentre le divisioni su tutto sono il miglior alibi per chi questo tema non lo vuole proprio affrontare.”
Messaggio evidentemente non condiviso da P.B. che come sempre addebita tutti i mali del mondo ad una sola parte politica. “Dimenticandosi” che il problema dello squilibrio territoriale ha valenza nazionale: a titolo di esempio sì possono vedere i dati relativi alla Lombardia, da sempre governata dal centro destra: https://www.drazefin.it/lombardia-nelle-aree-interne-in-10-anni-perso-il-2-8-delle-imprese-e-il-4-1-della-popolazione.
Concordo con l’estensore dell’articolo che vi è necessità di un riequilibrio. Ma questo era già stato affrontato dalla Regione Emilia Romagna agli inizi del 2000 con la famosa e MAI ATTUATA LEGGE PER LA MONTAGNA.
Personalmente ritengo che tutto l’alto Appennino dal Piemonte alla Calabria, (le famose aree interne), abbia bisogno di una spinta ulteriore da parte del Governo Centrale, magari con l’istituzione delle famose “zone franche”, vedi Livigno, che ha ottenuto il rinnovo di area franca da pochi anni. e se guardate i dati del Comune Montano di Livigno sono sempre con trend di crescita demografica.
MB
Di fronte al commento di MB mi viene di fare una duplice considerazione, con la prima delle quali relativa alla “spinta ulteriore da parte del Governo Centrale”, vedi, come qui si legge, la istituzione delle famose “zone franche”, che tuttavia riguardano se non erro contesti limitati, e con motivazioni specifiche e particolari, se non straordinarie (quella qui citata ha una vecchia storia, per così dire secolare, e che per quanto ne so traeva origine dall’isolamento che caratterizzava quella zona o località, specie nella stagione invernale).
Resta comunque valido, a mio vedere, il criterio dell’agire tramite la fiscalità, come mi è capitato di scrivere non da oggi su queste pagine, ossia con forme di detassazione, il che poteva essere fatto o iniziato già da tempo, prima cioè che le casse pubbliche statali fossero alle prese col dover far fronte a consistenti uscite (spese) createsi per decisioni di Governi precedenti a quello attuale, e nello Stivale mi sembrano poi esservi aree montane esenti o quali dallo spopolamento, o dove l’esodo è stato finora inferiore a quello nostro.
Le ragioni di tale apparente migliore situazione, rispetto alle nostre zone, possono essere molteplici, ma potrebbero pure entrare in causa meritevoli scelte ascrivibili a quelle Amministrazioni, a cominciare dal livello regionale delle stesse, che hanno ad es. ritenuto di destinare maggiori risorse ai rispettivi ambiti montani, con una diversa distribuzione all’interno del loro monte spesa, e se fosse semmai così verrebbe allora da guardare con favore all’Autonomia Differenziata (avversata invece dagli oppositori dell’attuale Governo).
P.B. 27.07.2024
Il confronto dei dati, ancorché importante, non sempre è agevole, in primo luogo perché possono non essere sovrapponibili con quelli di cui volta a volta disponiamo, e i nostri, relativi all’andamento demografico e rilevabili da un precedente articolo di Redacon, del 24 dicembre 2023, dal titolo “Il declino che avanza in Appennino”, si riferiscono ad intervalli temporali diversi rispetto all’arco di un decennio del censimento lombardo indicato da Andrea, e tali nostri dati non includono ad es. Comuni come Canossa, un tempo appartenente all’area della Comunità Montana, e che non sfigura di certo allorché si passa a parlare di redditi, stando sempre ad un articolo di Redacon, in data 30 aprile 2024, con titolo “Canossa tra i primi nella classifica dei Comuni più ricchi della provincia”
Tuttavia, il mio ragionamento è segnatamente rivolto al rapporto Stato-Regioni, in ordine al quale (per rispondere ad Andrea, secondo cui io addebiterei sempre “tutti i mali del mondo ad una sola parte politica”) a me sembra che la Riforma costituzionale voluta da detta parte politica nel 2001 abbia introdotto forti elementi di federalismo nella nostra organizzazione istituzionale, ampliando non poco ambiti di competenza e poteri decisionali delle Regioni a statuto ordinario, in una con l’autonomia delle scelte, salvo che adesso parrebbe propendere per riportare al Governo centrale parte di ciò che aveva “decentrato”, e ciò dopo aver respinto la Riforma 2006 del centrodestra che avrebbe introdotto la “clausola dell’interesse nazionale” (un po’ di contraddizione mi parrebbe francamente ravvisabile).
P.B. 30.07.2024
Difatti il mio non era un confronto di dati, era semplicemente un esempio per evidenziare che in gran parte delle regioni, indipendentemente da chi le governa, le cosiddette aree interne sono svantaggiate ed hanno più o meno i nostri stessi problemi. Non mi interessa fare un confronto tra Emilia Romagna e Lombardia, ma la decrescita delle aree interne in entrambe le regioni mi pare un dato incontrovertibile.
Riguardo invece all’autonomia differenziata e al rapporto stato regioni, da parte mia non c’è interesse nel discutere questo argomento in questa sede, anche perché si andrebbe, a mio modesto parere, decisamente fuori tema.
Cordiali saluti.