Home Cronaca Disagio giovanile, la psicologa Canovi: “Siamo in piena emergenza educativa”

Disagio giovanile, la psicologa Canovi: “Siamo in piena emergenza educativa”

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E’ un ritratto abbastanza preoccupante quello uscito dall’attività svolta nel 2023 da Claudia Giudici, garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, che ha illustrato nei giorni scorsi i dati rilevati in commissione Cultura e parità presiedute da Francesca Marchetti e Federico Amico. Una relazione che riguarda da vicino anche Reggio Emilia e il suo territorio dove si arriva infatti ad un 5 per cento delle segnalazioni nell’ambito dei problemi sociali legati ai minorenni.

“Nelle zone montane siamo ancora sotto a questa percentuale – spiega la psicologa Ameya Gabriella Canovi – perché il contesto della montagna ha dei pro e dei contro diversi dalla città. Offre meno opportunità rispetto alla città ma allo stesso tempo offre più aggregazione e fattori protettivi. Le polisportive, le bande, gli oratori e, ad esempio, le realtà sportive sono tutti luoghi di aggregazione che mettono in contatto i più grandi con i più piccoli mettendo in moto una sorta di controllo e protezione. Il fatto stesso di dire “io quello lo conosco so chi è” non è sempre negativo. Anzi la funzione sociale del conoscersi è quello di poter contare sull’altro in caso di necessità. Questo purtroppo nelle città, soprattutto nelle grandi città non sempre avviene”.

“Se poi ci aggiungiamo che siamo in piena emergenza educativa – continua la Canovi autrice di “Di troppo poca famiglia” e “Di troppo amore” – questo diventa un problema non solo del singolo  ma diventa un problema a livello sociale. Nelle città ci sono tanti ragazzi che sono affetti da hikikomori (fenomeno presente in Giappone che ha iniziato a diffondersi anche in Europa) che è la scelta di una persona di chiudersi in un isolamento a volte estremo. Ci sono ragazzi che non escono mai dalla propria stanza, si fanno portare i vassoi del cibo e non vogliono vedere nessuno. Stanno attaccati ai social in maniera viscerale e questo diventa una forma di dipendenza. Per fortuna questo nella zona montana ancora non accade. O meglio accade ma è molto meno frequente che nelle città. E questo è sicuramente un vantaggio del vivere fra i monti”.

Lo stesso professor Paolo Crepet (psichiatra e saggista italiano) nel suo ultimo spettacolo conferenza tenutosi al teatro “Valli” di Reggio Emilia lo scorso 14 maggio, ha puntato molto il dito su questo problema. 

“I dati che emergono dagli studi fatti – ha spiegato Crepet – sono allarmanti. Ma non lo dico io, lo dicono grandi studiosi internazionali che siamo in un’importante emergenza educativa. I ragazzi che stanno crescendo, che sono adolescenti non hanno più punti di riferimento. I genitori sono diventati degli amici che si mettono in competizione con i propri figli per sembrare più giovani dei figli stessi. E questi figli finiscono con il non avere una guida da poter seguire. Ai miei tempi i miei genitori non sarebbero mai venuti con me ad un concerto, oggi? E’ la normalità mettere post con genitori e figli che vanno a vedere i gruppi dei più giovani. Per carità anche a mia madre piacevano i Beatles ma non si sarebbe mai sognata di venire a vederli con me. Questo comportamento di “copiare” i figli non è nella normalità e il rischio è quello poi di crescere figli depressi, che si allontanano dalla scuola e che hanno paura delle emozioni. Questo è ancor più preoccupante perché molti ragazzi preferiscono nascondersi dietro ad un cellulare che provare emozioni dirette. La tecnologia fa bene e ci ha aiutato ad andare avanti ma dobbiamo fermarci e vedere dove siamo arrivati. Un ragazzo che mi dice che preferisce mandare una emoticon con un bacio e un cuoricino alla propria ragazza invece che darle un bacio su una guancia non va bene. Siamo umani e abbiamo bisogno del contatto fisico e delle emozioni che un pc, che un telefonino non ci daranno mai”.

Non a caso nel suo ultimo libro, che uscirà il 25 giugno, “Mordere il cielo” Crepet utilizza parole molto dure come la neutralizzazione dell’anima che portano ad un isolamento sempre più intenso da parte dei giovani.

Un fenomeno quello del disagio giovanile che trova molti medici, psichiatri e psicologi d’accordo sul fatto che bisogna intervenire e che bisogna farlo subito perché i ragazzi non sprofondino in depressioni o ansie. Senza contare che sono aumentate, oltre alle segnalazioni,  anche i ricoveri in neuropsichiatria infantile.

A questo proposito sono diverse le interrogazioni parlamentari che chiedono maggiori fondi da destinare al contrasto di queste patologie.

2 COMMENTS

  1. Un primo passo sarebbe,a mio parere, vietare l’introduzione negli ambienti scolastici del cellulare o simili, divieto esteso a tutti gli operatori/utenti di ogni ordine e grado. La scuola ne guadagnerebbe in dignità e,obtorto collo, torneremmo a dialogare,sorridere,parlare,corteggiare,baciare senza l’assillo della masturbazione del cellulare,un vero tormento antiestetico ed idiota. Un primo passo,che nessuno farà mai…purtroppo. Cesare

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  2. Se, come penso, vede giusto il professore, nel ritenere che i ragazzi non hanno più punti di riferimento, perché i genitori sono diventati degli amici, in competizione coi primi, e i figli finiscono col non avere una guida da poter seguire, mi domando a cosa possa servire il chiedere maggiori fondi, se poi la nostra società, e le nostre famiglie, non si interrogano sul come crescere i giovani, e su quali modelli educativi adottare, e quali esempi comportamentali offrire loro.

    P.B. 21.06.2024

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